Notizie Notizie Mondo Investimenti sostenibili, rating ESG e il rischio di una bolla verde

Investimenti sostenibili, rating ESG e il rischio di una bolla verde

11 Dicembre 2020 17:25

La pandemia ha accelerato il trend già in atto legato agli investimenti sostenibili. Gli afflussi sui prodotti ESG sono in costante aumento e stando all’ultimo survey di BlackRock gli investitori raddoppieranno le loro allocazioni a prodotti sostenibili nei prossimi cinque anni. 

Tra le sfide sul fronte degli investimenti sostenibili c’è sicuramente quella che ad oggi non ci sono criteri chiari su cosa rende un’azienda conforme agli investimenti ESG. Manca un “linguaggio universale”. Nonostante i consiglieri e gli asset allocator abbiano riconosciuto l’importanza dell’analisi non esclusivamente finanziaria, persiste una confusione generale sul lessico specifico per il settore degli investimenti “green”.

In attesa di chiarimenti normativi, gli investitori devono quindi fare attenzione alle limitazioni del rating ed essere prudenti, evitando azioni green sopravvalutate. A detta di Louis Larere, portfolio manager del fondo OYSTER Sustainable Europe di iM Global Partner, un primo obiettivo è quello di separare l’integrazione di elementi ESG (ambientali, sociali e di governance) dall’investimento sostenibile. Noi definiamo l’ESG come un insieme di parametri che ci aiutano a capire le performance non finanziarie di una società nei tre ambiti racchiusi in questo acronimo; questo ci permette di confrontarla con un settore o con altre imprese sue omologhe. Tutto ciò è l’opposto dell’investimento sostenibile, che mira a selezionare delle imprese che hanno un impatto positivo sulla società.

Le limitazioni del rating ESG

I fattori ESG non aiutano a sviluppare un’opinione sull’impatto di un settore sul mondo, ma fungono piuttosto da guida su come una società stia migliorando l’impatto delle sue attività su tutti gli stakeholder – come le comunità locali, i dipendenti o gli azionisti.   

È importante capire come i rating ESG sono attribuiti. “Ci sono parametri come quelli sulla governance – diritto di voto, indipendenza del consiglio d’amministrazione, numero di donne tra i vertici aziendali, etc. – che sono facili da comparare tra diversi settori, ma così non è per i parametri sociali e ambientali. Mettere a confronto le performance in questi ambiti di un produttore di auto, quindi di un’attività che richiede molte risorse e forza lavoro, con quelle di un software designer non è affatto semplice”, rimarca l’esperto. 

Ecco perché, giustamente, chi dà le valutazioni ESG, confronta e classifica solo imprese appartenenti allo stesso segmento di mercato. Per esempio, si potrebbe confrontare Valeo, il fornitore del settore automobilistico francese, con dei business simili, come possono essere Continental in Germania, Aptiv negli Stati Uniti e Denso in Giappone. “Le agenzie di rating danno a ogni parametro un peso specifico a seconda del settore di riferimento. Inoltre, questo processo è semplice se applicato a comparti chiaramente delimitati come i fornitori dell’automotive, ma lo è meno per le holding diversificate, che operano in più settori contemporaneamente”, argomenta Larere che sottolinea poi come un appropriato ranking ESG porti a una migliore comprensione delle opportunità e dei rischi.

Non guardare solo ai rating, il caso Tesla

Il portfolio manager di iM Global Partner diffida dal guardare esclusivamente al rating per due ragioni. In primo luogo, le agenzie che stabiliscono i rating ESG tendono ad essere in disaccordo tra di loro. Queste trovano molto più difficile mettersi d’accordo sulle regole specifiche sulle emissioni di CO2 e sulle ore di apprendistato dei dipendenti, che i loro corrispettivi nello stabilire i regolamenti sul leverage e sulla liquidità. Di conseguenza, come riportato dalla MIT Sloan Business School, i rating ESG che le agenzie danno ad una stessa società sono scarsamente correlati tra loro. In media lo sono al 61%, in un range compreso tra il 40% e il 70%; per fare un confronto, la correlazione per i rating creditizi è del 99%.

Per spiegare le ragioni di queste differenze, nel report si afferma: “Il 53% di questa discrepanza deriva dal fatto che le agenzie misurano gli stessi parametri in modo diverso e il 47% nasce dalle differenti regole utilizzate per l’aggregazione dei dati.”

Guardando a una società di primo piano come Tesla, alcune agenzie per il rating ESG le danno un punteggio basso perché carente nella parte governance, per le condizioni di lavoro scadenti e per transazioni poco convenzionali, come l’acquisizione di SolarCity, società in perdita e fortemente indebitata. Altre agenzie, invece, le danno un punteggio elevato in quanto unico produttore di auto puramente elettriche, con un impatto sull’ambiente molto contenuto, mentre i suoi competitor dipendono ancora molto da carburanti come la benzina e il diesel.

In secondo luogo, Larere evidenzia come l’approccio delle agenzie di rating ESG di comparare solo imprese che operano in uno specifico settore, sia fuorviante. Questo metodo rende poco chiaro l’impatto che un’impresa ha sul mondo intero; per esempio, MSCI ESG Rating ha assegnato una tripla A, una doppia A e una A, rispettivamente alla compagnia petrolifera Galp Energia, al produttore di armi BAE Systems e alla piattaforma di scommesse online William Hill.

Allo stesso tempo, MSCI ha assegnato al colosso dei servizi medici, Fresenius, solamente una tripla B, posizionandola nella metà inferiore della classifica del settore healthcare per via di un caso di corruzione e per una gestione del personale sotto la media. È bene ricordare che, secondo un’altra agenzia di rating – Vigeo Eiris – Fresenius è invece un’azienda perfettamente allineata con gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile emanati dall’ONU.

A conferma della nostra intuizione su quanto il rating ESG possa essere caotico, abbiamo creato un portafoglio fittizio che include tutte le società che abbiamo escluso dalla nostra strategia per gli investimenti socialmente responsabili (SRI): compagnie petrolifere, produttori di tabacco, di alcolici, quelle che presentano serie controversie, etc. Il risultato? Questo ipotetico portafoglio è stato valutato AA da MSCI, rendendolo di fatto un alfa in termini ESG ed equiparabile al nostro vero portafoglio sostenibile.

Come trovare degli alfa sostenibili

È ormai appurato che la vera sostenibilità e un elevato rating ESG sono due cose diverse; puoi essere un’impresa arretrata operante in un settore sostenibile e viceversa.

Zadig  – una delle società che fanno parte di iM Global Partner – parla di “sostenibilità a un prezzo ragionevole” mirando a investire in società che siano già fortemente coinvolte in questa tematica o che stiano comunque implementando una transizione verso modelli di business più sostenibili. E le società che appartengono alla seconda categoria potenzialmente possono offrire le opportunità più interessanti, sia in termini di impatto sulla società che di rendimenti per gli investitori. L’esperto fa l’esempio di Stora Enso, azienda finlandese che produce soluzioni rinnovabili per la carta e gli imballaggi. Solamente 15 anni fa, oltre il 70% dei suoi utili provenivano dalla produzione di carta, un’attività ben lontana dall’essere sostenibile.

Oggi, la metà del valore dell’impresa risiede nelle sue foreste, che assorbono circa 3 milioni di tonnellate di CO2 all’anno e la quota sta aumentando con l’ingrandirsi delle foreste. Stora Enso produce anche imballaggi a base di fibre, che necessitano di molta meno CO2 per essere prodotte e sono più facili da riciclare rispetto a plastica e vetro, e anche prodotti in legno, che stanno rimpiazzando il calcestruzzo e l’acciaio nel settore edile.