Il Covid-19 brucia 20,5 milioni di posti di lavoro negli Usa, disoccupazione mai così alta dal dopoguerra
La pandemia di Covid-19 ha bruciato 20,5 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti nel solo mese di aprile, portando il tasso di disoccupazione al livello più alto dalla Seconda Guerra Mondiale. La scia devastante delle perdite del lavoro è stata più pesante tra rivenditori, ristoranti, hotel e piccole imprese, ma tutti i principali settori hanno sofferto. Persino il settore sanitario. A livello di gruppi è soprattutto la disoccupazione giovanile a salire dal 14,3% al 31,9%.
Secondo i dati diffusi dal Dipartimento del Lavoro Usa, il tasso di disoccupazione è salito ad aprile al 14,7% dal 4,4% di marzo. Si tratta dei livelli più alti dalla Seconda Guerra Mondiale e segna un balzo impressionante dal minimo a 50 anni, pari al 3,5%, di appena due mesi fa. In un solo mese sono stati bruciati circa 20,5 milioni di posti di lavoro, guardando alle buste paga nei settori non agricoli, le cosiddette non-farm payrolls, che hanno accelerato la flessione di marzo, pari a -870mila posti (dato rivisto da -701mila). In sette settimane, da quando il virus ha chiuso gran parte dell’economia degli Stati Uniti, oltre 33 milioni di persone hanno presentato domanda di sussidio di disoccupazione.
Sebbene emerga già un brutto quadro del mercato del lavoro negli Stati Uniti, la situazione potrebbe essere anche peggiore di quanto mostrano le statistiche ufficiali. Perché alcune delle persone che vengono ancora pagate dalle loro aziende ma che non lavorano probabilmente non sono state incluse nella disoccupazione, senza contare tutti quelli che hanno smesso di cercare lavoro senza trovarlo e le molte aziende chiuse o fallite che non hanno risposto al sondaggio statistico. Una indicazione del caos più vicina alla realtà potrebbe arrivare dal cosiddetto tasso di disoccupazione U6 che cerca di catturare una portata più ampia di chi lavora e chi no: dopo essere sceso al livello più basso al minimo storico del 6,7% alla fine dello scorso anno, il tasso è salito a quasi il 23% ad aprile. Ciò suggerisce che un americano su quattro è disoccupato o sottoccupato, un numero sorprendente che risale alla Grande Depressione, circa 90 anni fa. Sebbene all’epoca il governo non tenesse registri, gli storici dell’economia stimano che la disoccupazione abbia raggiunto il 25% nel 1933.
Wall Street in rialzo, i dati sono comunque migliori del previsto
Reazione positiva di Wall Street che si muove in rialzo di circa 1 punto percentuale. Per quanto lo scenario del mercato del lavoro americano sia peggiorato drasticamente, il quadro era ampiamente atteso dopo la pubblicazione della stima ADP di mercoledì (-20,2 milioni di posti di lavoro) e delle richieste di sussidi di disoccupazione di ieri (3,2 milioni di richieste con un totale di 33 mln nelle ultime 7 settimane). E anzi i dati sono migliori delle aspettative. Gli analisti infatti avevano previsto una disoccupazione al 16% e non farm paryolls in calo addirittura di 22 milioni di unità. Molti esperti poi considerano che la gran parte dei disoccupati sono in “furlough” ovvero sospesi temporaneamente dalle attività lavorative e quindi che i mercati possano scontare nel breve un’accelerazione nel processo di riapertura delle attività economiche in grado di garantire un riassorbimento veloce delle persone disoccupate.
A sostenere gli scambi anche l’allentamento delle tensioni tra Stati Uniti e Cina dopo che il colloquio telefonico tra il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin, il rappresentante al Commercio Usa Robert Lighthizer e il vice premier cinese Liu He. Le controparti “hanno concordato di rispettare a pieno e secondo i tempi quanto stabilito dall’accordo, nonostante l’attuale emergenza sanitaria globale”. Idem il ministero del Commercio cinese, che ha riferito che le controparti stanno lavorando per rendere esecutivo quanto stabilito dalla “Phase 1”.