Finalmente fumata bianca dall’Opec+, risolta questione Emirati Arabi Uniti. Che succede ora ai prezzi del petrolio?
E finalmente, dopo ben tre fumate nere con tanto di annullamento della riunine, dall’Opec+ arriva la tanto attesa fumata bianca, grazie al superamento dello scoglio rappresentato dalle tensioni tra Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti.
Proprio quelle tensioni avevano impedito all’organizzazione che include paesi Opec e non Opec come la Russia di sfornare un nuovo accordo, i cui termini sono i seguenti:
a partire dal mese di agosto, la produzione dei paesi esportatori aumenterà ogni mese di 400.000 barili al giorno, riversando così sui mercati, entro il settembre del 2022, 5,8 milioni di barili al giorno.
“La produzione complessiva – si legge nel comunicato – sarà rivista al rialzo su base mensile, e a partire da agosto del 2021, di 400.000 barili al giorno, fino a liberare 5,8 milioni di barili al giorno. Nel dicembre del 2021 valuteremo gli sviluppi del mercato e la performance dei paesi partecipanti (all’Opec+)”.
“Il meeting – si legge all’inizio della nota – ha rilevato il continuo rafforzamento dei fondamentali del mercato, con la domanda di petrolio che sta mostrando chiari segnali di miglioramento e con le scorte dei paesi Ocse che stanno scendendo, grazie alla ripresa economica che prosegue nella maggior parte del mondo, sulla scia dell’accelerazione dei programmi di vaccinazione”.
Ancora, a partire dal 1° maggio del 2022, diventeranno effettive le nuove soglie base da cui partire per effettuare i successivi aggiustamenti della produzione.
Riyadh-Abu Dhabi: trovato accordo su soglia base di produzione
Rumor sull’accordo imminente erano circolati già negli ultimi giorni, complice l’allentamento delle tensioni tra Riyadh e Abu Dhabi, che avevano costretto l’Opec + ad annullare il meeting, dopo tre riunioni in cui non era stato raggiunto alcun accordo sulla produzione.
L’annuncio della decisione dell’Opec+ era atteso per lo scorso 1° luglio. Niente di fatto, con gli Emirati Arabi Uniti che si erano opposti a un piano che avrebbe coperto il periodo compreso tra i mesi di agosto e di dicembre del 2021: l’annuncio era stato rimandato così al 2 luglio, giornata che si era conclusa, tuttavia, con un ennesimo flop proprio per il no di Abu Dhabi. Fumata nera anche nella riunione del 5 luglio.
Qualcuno aveva paventato anche una frattura insanabile.
Gli Emirati Arabi Uniti si erano opposti fin da subito all’assenza di una revisione delle soglie di produzione da cui partire.
Ciò che Abu Dhabi aveva chiesto, era la revisione al rialzo della propria quota, per produrre di più rispetto a quanto le è tuttora consentito, in base alla soglia attuale. La soglia attuale è quella, d’altronde, che è stata decisa per il paese nell’ottobre del 2018, quando Abu Dhabi produceva 3,2 milioni di barili al giorno circa. Ma l’anno scorso, l’ouput del paese è balzato fino a 3,8 milioni di barili al giorno. Gli Emirati Arabi Uniti avevano così rivendicato il diritto di far salire la soglia di partenza per eventuali futuri aggiustamenti della quota di produzione.
La questione è stata ora risolta, fissando nuove quote di output per diversi paesi membri dell’Opec+, che includono gli Emirati, l’Arabia Saudita, la Russia, il Kuwait e l’Iraq.
Abu Dhabi vedrà la propria produzione di base – calcolando i tagli decisi nell’anno della pandemia Covid che verranno ridotti fino a essere azzerati nel settembre del 2022 – salire a 3,5 milioni di barili al giorno dal maggio del 2022, rispetto agli attuali 3,168 milioni.
Le soglie base di produzione dell’Arabia Saudita e della Russia aumenteranno ciascuna dagli attuali 11 milioni di barili al giorno a quota 11,5 milioni.
L’Iraq e il Kuwait vedranno le loro quote minime aumentare ciascuna di 150.000 barili al giorno. Anche la Nigeria e l’Algeria potrebbero veder salire le loro quote.
Inoltre, in caso di trattative con esito positivo tra Washington e Teheran per ripristinare l’accordo nucleare stralciato dall’amministrazione di Donald Trump, l’Iran dovrebbe inoltre riversare sul mercato 1,5 milioni di barili al giorno.
I termini dell’accordo su offerta oil raggiunto da Opec+
L ‘accordo appena raggiunto, volto ad aumentare la produzione ogni mese di 400.000 barili al giorno, a partire dal mese di agosto, incrementerà l’offerta globale di oil, entro la fine dell’anno, del 2%.
Va ricordato che l’Opec+ aveva lanciato l’anno scorso un taglio della produzione senza precedenti, pari al record di 10 milioni di barili al giorno, per contrastare il crollo dei prezzi del petrolio scatenato dagli effetti della pandemia Covid-19.
Il tonfo è stato una conseguenza naturale dell’economia globale andata in quarantena con misure di restrizione varie e lockdown più o meno totali: economia bloccata, fabbriche chiuse, negozi chiusi, gente confinata in casa: ovvero meno consumi, meno investimenti, meno necessità di petrolio, domanda al lumicino, prezzi, di conseguenza, capitolati.
E’ stato a quel punto che l’Opec+ ha raggiunto un accordo per tagliare la produzione di quasi 10 milioni di barili al giorno da maggio 2020 fino alla fine dell’aprile del 2022.
Negli ultimi mesi, parte di questi tagli è stata già ritirata, riversando sul mercato una offerta aggiuntiva e portando la riduzione a 5,8 milioni di barili al giorno circa, che sarà a questo punto azzerata con il nuovo accordo raggiunto dall’Opec+ entro il settembre del 2022.
L’Opec + incide sulla produzione totale di crude nel mondo per circa il 40%.
La view degli analisti sui prezzi. Outlook Goldman Sachs
A questo punto, cosa accadrà ai prezzi del petrolio?
Gli analisti di ING reiterano l’outlook sui prezzi di $75 al barile per il Brent per il terzo trimestre del 2021, “visto che i rialzi dell’output sono in larga parte in linea con le nostre attese. La solida crescita della domanda – si legge ancora nella nota – combinata con gli aumenti moderati dell’offerta che arrivano dall’Opec+ daranno probabilmente un sostegno al mercato petrolifero almeno nel breve termine”.
Gli speculatori, si legge nella nota di ING – continuano a puntare in alto, visto che “gli ultimi dati dimostrano che hanno aumentato le loro posizioni nette long sul Brent di 9.200 lotti nell’ultima settimana, per un totale di posizioni nette lunghe di 312.627 lotti in data 13 luglio. Anche i gestori dei fondi hanno fatto salire le loro posizioni nette lunghe, in questo caso di 7.621 lotti nel corso della settimana scorsa, portando le posizioni nette lunghe a 381.491 lotti dello scorso martedì”.
Così come scrive il New York Times, “dove andranno i prezzi è oggetto di un intenso dibattito. Alcuni analisti ritengono che, nonostante la maggiore offerta che si appresta a essere riversata sui mercati da parte dell’Opec+, i mercati rimarranno nei prossimi mesi in una condizione di scarsità di offerta (deficit)”
Il Brent crude ha chiuso poco al di sopra della soglia di $73 al barile lo scorso venerdì. Goldman Sachs ritiene che le quotazioni potrebbero salire fino a $80 questa estate e altri credono che il raggiungimento della soglia di $100 al barile, nei prossimi anni, sia una chiara possibilità”.
“In generale, Goldman Sachs rimane bullish, anche se avverte che i prezzi del petrolio potrebbero essere interessati da una elevata volatilità a causa dell’impatto che arriva dai rischi rappresentati dalla variante Delta. In ogni caso, secondo gli analisti del colosso bancario americano, anche se la produzione – con l’accordo raggiunto dall’Opec+ – è destinata ad aumentare, il mercato petrolifero nei prossimi mesi verserà ancora in condizioni di deficit. Insomma, a loro avviso, l’offerta non sufficiente ( a centrare la domanda) sta diventando sempre di più fonte di un impulso bullish”.
Anche gli analisti di Citi prevedono ulteriori rialzi prima della fine dell’estate.
Gli strategist di Credit Suisse hanno alzato inoltre l’outlook sui prezzi del petrolio: per il contratto WTI prevedono un valore approssimativo di $67 al barile nel 2021, rispetto ai $62 al barile precedentemente attesi; per il 2022 l’outlook è stato migliorato da $63 a $66. Nel lungo termine, gli esperti stimano petr il WTI un valore a $59 al barile, oltre i $55 al barile precedentemente attesi.
Per il Brent, le previsioni sono di prezzi attorno a $70 al barile nel 2021, rispetto ai $66,50 precedentemente stimati; di $69 al barile nel 2022 dai precedenti $68 al barile, e per il lungo termine a $62 dai $60 precedenti.