Fiammata tassi Usa contagia BTP: effetto Fed e Bce, rendimenti a 10 anni a record da aprile 2020
L’impatto che la Fed più aggressiva ha sul mercato dei titoli di stato non solo Usa ma anche dell’Eurozona, dunque anche sui BTP italiani e sullo spread BTP-Bund, è tutto riassunto nel commento di Andrew Mulliner, responsabile della divisione di Strategie globali aggregate di Janus Henderson. Interpellato da Reuters, Mulliner ha detto: “i movimenti dei tassi dei Treasuries Usa stanno condizionando il trend in Eurozona“.
Di fatto, i tassi decennali dei BTP ieri hanno sfondato la soglia del 2%, balzando al 2,03%, massimi dall’aprile del 2020, a fronte di tassi decennali Usa in rialzo al 2,33%, record dal maggio del 2019.
Impennata anche per i rendimenti dei bond sovrani tedeschi a 10 anni, che ieri sono saliti fino allo 0,454%, livello massimo dal novembre del 2018, portando lo spread BTP-Bund a oscillare oggi attorno a quota 153.
Focus in particolare sui tassi dei titoli di stato della Germania a 4 anni che, per la prima volta dal luglio del 2015, hanno superato la soglia dello zero, allo 0,008%.
I tassi tedeschi a cinque anni hanno testato anch’essi il record dal luglio del 2015, allo 0,157%.
Il movimento dei tassi dagli Stati Uniti all’Eurozona si spiega con due parole: Fed e Bce. Nelle ultime ore, va puntualizzato, soprattutto con la parola Fed.
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Entrambe le banche centrali, sebbene in modo diverso, continuano a mostrare un volto più hawkish rispetto a qualche mese fa, nella loro lotta all’inflazione.
La Fed ha già dato prova della volontà di imprimere una svolta alla politica monetaria Usa, alzando i tassi sui fed funds, lo scorso 16 marzo, per la prima volta dal 2018. Va detto che, per molti critici della banca centrale americana, la mossa è stata fin troppo debole, in un contesto in cui l’inflazione continua a galoppare (indice prezzi al consumo +7,9% a febbraio, al record degli ultimi 40 anni), e la guerra tra l’Ucraina e la Russia rischia di provocare uno shock dell’offerta nel caso di diverse commodities, petrolio, gas e grano in primis.
Certo, dal dot plot è risultato che il Fomc, il braccio di politica monetaria, prevede ora sei ulteriori rialzi dei tassi in ognuno dei meeting rimanenti del 2022. Per il 2023, le previsioni sono di tre ulteriori strette monetarie, mentre nessun rialzo è previsto nel 2024.
Ma neanche questo è bastato a critici del calibro di Peter Schiff, responsabile economista e strategist del mercato globale di Europac.com e presidente di SchiffGold.com che, su Twitter, ha quasi ridicolizzato la stretta monetaria di 25 punti base.
E’ stato poi lo stesso James Bullard, l’esponente più hawkish del Fomc – non per niente il 16 marzo scorso era stato l’unico a votare contro il rialzo di 25 pb, chiedendo una stretta di 50 punti base -, a lanciare un nuovo allarme sull’inflazione Usa, consigliando alla Fed di alzare i tassi ben 12 volte nel 2022.
Scossa hawkish su Powell, pronto a rialzi tassi più aggressivi
Gli appelli dei falchi hanno evidentemente sortito qualche effetto in Powell che ieri, in occasione di un intervento alla National Association for Business Economics, ha promesso di fare il possibile per garantire la stabilità dei prezzi, in un contesto in cui il balzo delle pressioni inflazionistiche mette a rischio la ripresa dell’economia.
“Prenderemo le misure necessarie per assicurare il ritorno della stabilità dei prezzi – ha detto il banchiere centrale – In particolare, se arriveremo alla conclusione che sarà appropriato procedere in modo più aggressivo, alzando i tassi sui fed funds più di 25 punti base nel corso di una o più riunioni, agiremo in tal senso. E se stabiliremo che ci sarà bisogno di adottare misure più restrittive, faremo anche questo”.
Powell lo ha ammesso: “Il mercato del lavoro è molto solido, e l’inflazione è troppo alta“.
E il mea culpa non è mancato. Il banchiere centrale ha detto infatti che i funzionari della Fed e molti economisti “hanno sottostimato in modo ampio” la durata delle pressioni inflazionistiche.
Detto questo, Powell ha detto anche che continua a sembrare probabile che lo smorzarsi sperato della crisi dell’offerta si presenterà comunque nel corso del tempo, “con il mondo che alla fine entrerà in una qualche fase di New Normal”.
“Tuttavia – ha continuato – il momento e la portata di questo sollievo sono altamente incerti”.
Di conseguenza, “mentre prenderemo decisioni di politica monetaria, guarderemo agli sviluppi di queste questioni senza presupporre che, nel breve termine, ci sia un sollievo significativo dal lato dell’offerta”.
Va ricordato che sia Powell che la numero uno della Bce Christine Lagarde avevano creduto, inizialmente, che il rialzo delle pressioni inflazionistiche fosse dovuto ai problemi che avevano colpito le catene di approviggionamento con il reopening delle economie post Covid: dunque, con la difficoltà dell’offerta ad adeguarsi al ritmo di crescita della domanda. Così di fatto era.
Già prima dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, lo scorso 24 febbraio, Powell aveva dovuto ammettere però che l’inflazione sarebbe durata più di quanto atteso.
Lo scoppio della guerra ha poi scompigliato ulteriormente i piani della Fed: con le sanzioni che hanno colpito Mosca, l’embargo lanciato dagli Stati Uniti di Joe Biden contro il petrolio e il gas russi, l’offerta inevitabilmente si contrarrà più di quanto paventato. E Powell si è adeguato, in una situazione in cui le aspettative dei mercati sull’inflazione da guerra provocata da uno shock dell’offerta continuano a crescere.
Sersale (Anthilia): effetto pesante su mercato bond già debole
Giuseppe Sersale, gestore multiasset di Anthilia, ha fatto notare che il discorso di Powell al National Association for Business Economics ha fatto “mollare gli ormeggi al mercato dei tassi”.
“Il presidente Fed ha dichiarato che la banca centrale prenderà i provvedimenti necessari a contenere l’inflazione anche se ciò implicherà essere più aggressivi di quanto implicito nello scenario attuale, e fino a livelli che potrebbero rallentare l’economia – ha ricordato Sersale, mettendo in evidenza la reazione del mercato dei Treasuries:
“Su un mercato dei bonds già debole, queste dichiarazioni hanno avuto un effetto pesante. Il risultato è che i rendimenti salgono in doppia cifra su tutta la curva, con i bucket 3-5 e 7 anni tutti terminati di poco sopra il rendimento del 10 anni treasury (+15 bps a 2,3% ) a mostrare una curva in procinto di invertirsi (il 2-10 sta a 20 bps). Ciò darà definitivamente la stura a tutta la solita serie di riflessioni sul presagio nefasto di una curva invertita, che è sempre stata seguita da una recessione. Rialzi in simpatia per i rendimenti Eurozone, nonostante gli sforzi della Lagarde per prendere le distanze”.
“Notevole l’impatto sulle aspettative di rialzo del fed funds – ha continuato lo strategist di Anthilia – Al momento la strip dei futures prezza oltre 7 rialzi da qui al Fomc del 14 Dicembre e 3 rialzi pieni da 25 bps entro il Fomc di giugno. In altre parole uno dei prossimi due Fomc è visto con un rialzo da 50 punti base, con un 67% di probabilità che questo avvenga direttamente a maggio. E per il 2022 il mercato sconta 8 rialzi da 25 bps 8 su 7 Fomc, con una probabilità del 30% che siano 9″.
“A questo aggiungiamo che la Fed conta di iniziare la riduzione del bilancio ‘in uno dei prossimi meeting'”.
Di conseguenza, “si può dire che ormai la banca Centrale Usa è totalmente focalizzata sull’inflazione, a discapito della crescita, sulla quale è disposta a tollerare anche un po’ di rallentamento. L’impressione è che la pressione dell’amministrazione Usa per riportare in calo l’inflazione prima delle Midterm Elections sia enorme. Oppure semplicemente la Fed è estremamente preoccupata dall’impatto del suo ritardo sulle attese di inflazione. Non ha molta importanza. E’ un fatto che la Fed è determinata e salvo cataclismi lo resterà per qualche tempo. Quindi lo strike della sua put in questo momento è più basso, e il rischio serio è che rincorrendo l’inflazione si troverà in ritardo sulla crescita. Vedremo, ma sicuramente questa situazione è un freno per Wall Street”.
Riguardo all’area euro, Sersale ha fatto notare che “la cosa divertente è che anche la curva Eurozone è tornata a prezzare un depo ECB che torna nei pressi di zero (in area -0.1%) entro fine anno. Un movimento molto più ‘gentile’, ma comunque più aggressivo dello scenario dell’ECB, che comunque a sia volta ha mostrato un approccio non tanto dissimile”.
Per quanto la Bce di Christine Lagarde non prenda neanche in considerazione il pericolo stagflazione in Eurozona, anche i suoi toni sono diventati indubbiamente più hawkish e hanno già procurato danni allo spread BTP-Bund, come dimostrano i pesanti sell off che hanno colpito la carta italiana nel giorno dell’ultima riunione del Consiglio direttivo della banca centrale.
Ed è vero che ieri Lagarde non ha dato particolari indicazioni sulla politica monetaria che intende perseguire. Ma è altrettanto vero che, in tempi di guerra, la numero uno dell’Eurotower ha passato la palla ai governi, ricordando che “la politica monetaria non può fare tutto” e che è la politica fiscale che “deve fornire un sostegno durante la guerra”.
eToro, Debach: maggiore appiattimento curva rendimenti Usa
Intanto l’effetto Powell sui mercati è stato commentato anche da Gabriel Debach, market analyst di eToro:
“Ieri Jerome Powell, in un discorso più falco del previsto, ha confermato i commenti di venerdì del membro Fomc Christopher Waller, sostenendo che la Fed è pronta ad aumentare i tassi di interesse di 50 pb nella sua prossima riunione, ovvero il doppio dei consueti incrementi di 25 pb. Commenti che sono pervenuti in aggiunta a quelli di Bostic in merito alla riduzione del bilancio. Nulla di nuovo diremmo, in quanto entrambi i temi erano già ampiamenti conosciuti dal mercato. Infatti, già dalla scorsa settimana i FedWatch ‘prezzavano’ un rialzo nella prossima riunione di maggio di 50pb.
“Le parole – ha sottolineato Debach – hanno tuttavia generato effetti su diversi mercati. Nell’obbligazionario sono cresciuti i rendimenti dei Treasury Usa, con i rendimenti a 10 anni in rialzo di 15 punti base e la curva statunitense in maggiore appiattimento. Segnali di timore arrivano dallo spread tra il Treasury a 10 anni e quello a 2 anni, i cui valori in negativo spesso evidenziano una prossima recessione. Anche oggi lo spread sta aggiornando i propri minimi a 0,149%, sui valori di marzo 2020, ovvero nel momento di inizio della crisi del Covid-19. Sebbene tale indicatore sia altamente monitorato, non è un ottimo proxy per predire eventuali recessioni dei mercati; meglio monitorare lo spread tra il rendimento a 10 anni e quello a 3 mesi, il quale viaggia ancora su alti valori a 1,764 e soprattutto ha intrapreso una strada divergente rispetto al precedente spread. Un ulteriore test per il futuro per capire quale differenziale sia meglio monitorare”.
“L’effetto Powell – ha concluso Debach – si è fatto sentire anche sul mercato valutario con la coppia USDJPY che ha superato la barriera psicologica dei 120, un guadagno del +10% nell’ultimo anno. Negoziazioni sopra i 120 non si annotavano da gennaio 2016″.