Fed, il tapering è qui. Powell & Co. pronti a ritirare bazooka anti-Covid, mentre Larry Summers lancia alert inflazione
Ci siamo: la Federal Reserve di Jerome Powell è pronta a staccare la spina, sebbene in modo graduale, al bazooka monetario che ha lanciato nel 2020 per blindare l’economia americana e proteggerla dalle conseguenze economiche del Covid-19. Il tapering, riduzione degli acquisti di asset che la banca centrale Usa effettua ogni mese per un valore di $120 miliardi (di cui $80 miliardi destinati all’acquisto di Treasuries e $40 all’acquisto di asset garantiti dai mutui), partirà alla metà di novembre, oppure alla metà di dicembre, per concludersi alla metà del 2022. E’ quanto è emerso dalle minute della Fed relative all’ultimo meeting di settembre: meeting in cui gli esponenti del Fomc, il braccio di politica monetaria dell’istituto, hanno riconosciuto la minaccia di un’inflazione a livelli elevati più duratura, a fronte di un’economia sicuramente più solida.
Arriva intanto l’affondo dell’ex segretario al Tesoro Usa Larry Summers, che accusa la Fed e le altre banche centrali di preoccuparsi più delle ingiustizie sociali che non dell’andamento dei prezzi: e che dunque, a suo avviso, stanno rischiando di perdere il controllo dell’inflazione: il riferimento non è solo alla Fed, ma anche all’Europa che, a suo avviso, è a rischio.
Ma veniamo ai verbali della Fed.
Verbali Fed: tapering a metà novembre o metà dicembre
Nel documento si legge che “in generale, i partecipanti hanno ritenuto che, ferma restando la necessità che la ripresa economica rimanga ampiamente sulla buona strada, un processo graduale di tapering che si concludesse verso la metà dell’anno prossimo sarebbe appropriato”.
Dalle minute emerge inoltre che le stime dei membri (del Fomc) sono “in linea con un tapering graduale degli acquisti netti, che verrebbe completato nel luglio del prossimo anno”.
Ancora, “i partecipanti hanno notato che, nel caso in cui la decisione di iniziare il tapering degli acquisti avvenisse nel prossimo meeting (quello imminente dei prossimi 2-3 novembre), il processo di tapering potrebbe iniziare con un calendario degli acquisti mensili che partirebbe alla metà di novembre o alla metà di dicembre”.
Kathy Jones, responsabile della divisione di strategia del reddito fisso di Charles Schwab, ha così commentato:
“Se annunceranno (il tapering) a novembre, non vedo il motivo per cui dovrebbero aspettare. Che vadano semplicemente avanti e continuino”.
Jones ha detto di essere stata un po’ sorpresa della frase contenuta nelle minute, da cui emerge che “diversi” esponenti “hanno preferito procedere a un tapering più rapido”. Se così fosse, ha sottolineato l’esperta, la mossa sarebbe “piuttosto aggressiva”. Secondo Jones, “ci devono essere alcune persone lì che sono abbastanza preoccupate per la necessità di doversi muovere più velocemente”, al fine di smorzare le fiammate dell’inflazione.
E, di fatto, nel testo delle minute si legge che “la maggior parte dei partecipanti ha reputato che i rischi di inflazione siano rivolti verso l’alto, in quanto preoccupati che le strozzature delle catene di approviggionamento e la carenza di personale nel mondo del lavoro possano durare di più e avere effetti sui prezzi e sui salari più persistenti di quanto previsto al momento”.
Questo, a fronte della convinzione sempre più diffusa, secondo la quale la Fed si è ormai avvicinata a centrare i suoi obiettivi economici, di inflazione dunque, così come anche di occupazione, e in un contesto in cui i dati continuano a confermare come l’inflazione sia ben superiore al target della Fed, pari al 2%:
ieri il dato sull’inflazione Usa ha confermato come la corsa dei prezzi, nel mese di settembre, sia stata pari al 5,4%, – con tanto di boom di prezzi di benzina e carburante oltre +40% – e del 4% escludendo le componenti più volatili del dato.
Summers: mai così in pericolo di perdere controllo inflazione
Quel 5,4% rimane una crescita record degli ultimi decenni, esattamente dal 2008, che spaventa non poco i falchi. E che spaventa molto anche l’ex segretario al Tesoro Larry Summers.
Parlando nel corso della conferenza virtuale organizzata dall’Institute of International Finance, Summers ha paragonato l’atteggiamento con cui la Fed e altre banche centrali stanno minimizzando il rischio di inflazione, a quello che ha caratterizzato gli ex presidenti della Fed Arthur Burns e G. William Miller, timonieri della banca centrale Usa negli anni ’70, quando i prezzi salirono spesso, su base annua, oltre il 10%.
“Abbiamo una generazione di banchieri centrali definita dall’attenzione verso le ingiustizie sociali”, ha detto Summers, che al momento è docente all’università di Harvard. “Non ci siamo mai trovati, almeno nei tempi della mia carriera, così in pericolo di perdere il controllo dell’inflazione in Usa – ha detto ancora l’economista, stando a quanto riportato da Bloomberg – Rischiamo di perderlo ancora di più nel Regno Unito, e credo che ci sia qualche rischio in Europa”.
Dai verbali della Fed è emerso anche un annuncio quantitativo in merito alla riduzione degli acquisti di asset che potrebbe partire già alla metà di novembre.
Il tapering potrebbe essere avviato attraverso un taglio mensile degli acquisti di $10 miliardi per i Treasuries Usa e di $5 miliardi per i titoli garantiti dai mutui, per un ammontare complessivo di $15 miliardi al mese.
Al momento, con il suo programma di QE, la Fed acquista asset per un valore totale di $120 miliardi al mese.
Fed e Bce sognano o son deste? Alert inflazione anche dall’Fmi
C’è da dire, a difesa della Fed, che non tutti stanno dormendo di fronte al pericolo dell’inflazione.
Sicuramente non sta dormendo James Bullard, presidente della Federal Reserve di St. Louis, da sempre uno degli esponenti più hawkish della banca centrale Usa. In una recente intervista rilasciata alla CNBC, Bullard ha presentato la propria ricetta di politica monetaria: inizio tapering a novembre; fine tapering nel primo trimestre del 2022; primo rialzo dei tassi sui fed funds nella primavera o nell’estate del 2022. Un po’ in anticipo rispetto ai tempi che sono stati comunicati dalla banca centrale con i verbali.
Qualche giorno fa, era stato il Fondo Monetario Internazionale a suonare la sveglia delle banche centrali, invitando la Fed ma anche le altre banche centrali a prepararsi a lanciare strette monetarie, nel caso in cui l’inflazione diventasse troppo alta.
Detto questo, il segretario al Tesoro Usa Janet Yellen ha ribadito di ritenere che la fiammata dell’inflazione abbia un carattere transitorio, mettendo allo stesso tempo le mani avanti: “Credo che (l’inflazione) sia transitoria, ma con questo non intendo dire che queste pressioni spariranno il prossimo mese o tra due mesi”.
I termini “transitorio” e “temporaneo” hanno caratterizzato anche i discorsi della numero uno della Bce Christine Lagarde, che però nei giorni scorsi ha fatto i conti con le dichiarazioni del falco olandese Klaas Knot, governatore della banca centrale dell’Olanda ed esponente del Consiglio direttivo dell’Eurotower.
Knot ha ammesso che “gli effetti dei prezzi energetici sull’inflazione sono temporanei per natura, visto che questi prezzi devono continuare a salire per far crescere anche l’inflazione”. Ma ha detto anche che “l’inflazione è più alta anche a causa delle restrizioni che hanno colpito l’offerta globale, fattore che potrebbe essere meno transitorio”. Continuando: “Credo ancora che l’aumento dell’inflazione sia soprattutto temporaneo, ma dobbiamo prendere in considerazione altri scenari, caratterizzati da una inflazione strutturalmente più alta e da tassi di interesse più alti. Se non lo faremo, in futuro potrebbero verificarsi ribassi shock dei prezzi“.
Sull’attenti, molto più che in altre parti del mondo, è sicuramente la Bank of England, che si è portata molto più avanti, dicendosi pronta ad alzare i tassi a fronte di una crescita sostenuta dell’inflazione.
In particolare l’esponente della Commissione di Politica monetaria della BoE Michael Saunders ha lanciato un messaggio alle famiglie, invitandole a tenersi pronte a un aumento dei tassi di interesse “significativamente in anticipo” rispetto alle previsioni, a causa dell’aumento delle pressioni inflazionistiche in UK.