Fed: a Jerome Powell Omicron non spaventa più di tanto, il pericolo vero è l’inflazione. Verso accelerazione tapering
La variante Omicron non spaventa più di tanto la Federal Reserve di Jerome Powell, concentrata piuttosto sulla crescita delle pressioni inflazionistiche, tanto che, a detta dello stesso Powell, è arrivato forse il momento di smettere di affiancare l’aggettivo transitorio alla parola inflazione (cosa che invece continua a fare la numero uno della Bce, Christine Lagarde).
Nella sua audizione alla Commissione bancaria del Senato americano, Powell ha spiazzato i mercati che, con la notizia della nuova variante sudafricana del Covid-19, già si stavano interrogando sul rischio di un nuovo rallentamento dell’economia e dunque sull’eventuale necessità, da parte delle banche centrali, Fed inclusa, di tornare a essere più dovish. E invece no: pur ammettendo che la variante è un rischio, Powell ha mostrato ieri un tono decisamente ‘hawkish‘, ovvero da falco, dicendo chiaro e tondo che il rischio di un’inflazione più alta, negli States, è aumentato e che la banca centrale statunitense discuterà nella prossima riunione circa l’opportunità di concludere il tapering con qualche mese di anticipo.
Il prossimo meeting Fed è in programma il 14-15 dicembre.
“A questo punto, l’economia (Usa) è molto forte e le pressioni inflazionistiche sono più alte, per cui è appropriato a mio avviso considerare l’opzione di concludere il tapering dei nostri acquisti di asset, che abbiamo annunciato nel meeting di novembre, forse qualche mese prima”, ha detto Jerome Powell.
Dunque, a giorni la Fed dovrebbe discutere durante la riunione prevista la possibilità di tagliare gli acquisti mensili di bond di una cifra superiore a quella per ora decisa, pari a $15 miliardi al mese.
Wall Street non l’ha presa bene. Il Dow Jones ha chiuso in calo di 652,22 punti a 34.483,72 punti; lo S&P 500 è sceso dell’1,9% a 4.567, mentre il Nasdaq Composite ha ceduto l’1,55% a 15.537,69, pagando anche le preoccupazioni sulla variante Omicron.
Effetto Powell sui mercati, Anthilia: Ma la ‘Buy the Dip Culture è dura a morire’
Così Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr, riassume quanto è accaduto sui mercati:
“Wall Street stava tentando l’ennesimo recupero, con il solito Nasdaq 100 in grado di portarsi in positivo, quando sono comparse le headline relative alla testimonianza di Powell al Senato, di fronte al Senate Banking Committee. Il mercato era andato fiducioso incontro all’evento, anche perchè il discorso era stato diffuso ieri sul sito FED, e anche se riportava indicazioni di un inflazione più persistente delle attese, aveva dedicato anche commenti al potenziale impatto della nuova variante. Ma il Presidente della Fed, sotto il fuoco delle domande dei membri, ha mostrato un approccio decisamente più aggressivo: il rischio di un inflazione più persistente è aumentato ed è forse tempo di “ritirare” il termine “transitorio” riferito all’inflazione USA. Un’inflazione sotto controllo è necessaria a garantire una lunga espansione. Ha senso considerare una chiusura anticipata di qualche mese del programma di acquisti. Sostanzialmente il Presidente Fed si è allineato alle opinioni già espresse da alcuni membri”.
“Il tono esplicito delle dichiarazioni ha però sorpreso un mercato che già stava gestendo altri catalyst negativi, e così gli indici Usa hanno accelerato al ribasso – si legge ancora nella nota di Sersale – Coerentemente il dollaro ha invertito la marcia, mentre i rendimenti hanno mostrato una tendenza a salire. Infine, il tono sulle commodities si è ulteriormente incupito, con il petrolio a guidare la ritirata. L’effetto supporto sul dollaro è durato poco. Evidentemente, la liquidation dei giorni scorsi non ha ripulito a sufficienza dalle scommesse sul suo apprezzamento, a differenza dell’azionario che sembra ancora un po’ indietro nel prezzare un inasprimento della politica monetaria Fed, a quanto pare. Resto del parere che sia un problema di positioning, accentuato dal fine mese (rebalancing) ma che una volta smaltita l’indigestione il biglietto verde si riprenderà. Ritracciamento analogo da parte dei rendimenti, con i tassi a lunga che scendono aggressivamente a prezzare meno crescita e inflazione a medio termine, ora che la Fed minaccia tightening. Anche qui il positioning è un aspetto rilevante”.
Lo strategist di Anthilia ha fatto notare comunque che, “dopo la chiusura USA l’S&P 500 ha recuperato un terzo delle perdite”.
In sintesi, “la ‘buy the dip’ culture è dura a morire. Certo è che tra variante Omicron, inflazione e Fed finalmente uscita dal torpore, di ostacoli per l’azionario Usa ne sono saltati fuori di recente. E c’è poi la questione shutdown e debt ceiling, ereditata da settembre, che deve necessariamente trovare soluzione. E nonostante ciò gli indici indugiano ancora a poco più del 3% dai massimi. Sembra onestamente presto per chiamare la fine di questa fase volatile”.
E sembra che la volatilità sia una parola destinata a caratterizzare i mercati anche nelle sedute a venire. Lo conferma una nota di ING che, nel commentare le dichiarazioni di Powell, mette in evidenza che “la volatilità del forex dei paesi del G7 viaggia sui massimi” e come non sia difficile capire il motivo.
“Nell’ultima settimana – si legge nel commento – la notizia relativa alla variante Omicron ha immesso un nuovo premio sul rischio nei mercati globali degli asset. E tuttavia ieri, gli investitori hanno letto una serie di dichiarazioni hawkish arrivate dal presidente della Fed Powell, incluso il commento secondo cui sarebbe arrivato il momento di ritirare la descrizione ‘transitoria’ dell’inflazione “. Non solo: Powell ha per l’appunto fatto capire che “potrebbe essere appropriato concludere il tapering qualche mese prima”.
ING fa notare la reazione della curva dei rendimenti Usa che, nel tratto compreso tra la scadenza dei Treasuries a 2 e 10 anni, si è appiattita di ben 14 punti base, in reazione alla vierw secondo cui la Fed di Powell continuerà ad andare avanti nel suo piano di politica monetaria più restrittiva, senza pensare all’eventuale impatto che Omicron potrebbe avere sulla crescita.
Ad accelerare, stando a quanto emerge da un articolo di Bloomberg, è stata anche la volatilità dei bond, anch’essi stretti tra il fattore Omicron – che di per sé dovrebbe, alimentando i timori sulla solidità della ripresa post-Covid, esercitare una pressione ribassista sui rendimenti – e una Fed più determinata a concludere la parentesi del tapering, propedeutica al rialzo dei tassi che i mercati certo paventano, dopo essere stati sorretti dall’iniezione di liquidità record dell’ultimo anno e mezzo – fattore che di per sé dovrebbe esercitare una pressione rialzista sui rendimenti.
A conferma della volatilità, l’articolo segnala il trend dei futures sull’euro-dollaro con scadenza nel giugno del 2022, parametro “che può essere utilizzato come una scommessa sulle politiche della Fed, che ha assistito a un balzo storico della volatilià in un periodo di cinque giorni al record in più di un anno, e a fronte della sua media a 50 giorni che continua ad avanzare dalla metà di settembre.
Non solo: l’indice ICE BofA MOVE, che misura la volatilità implicita del mercato dei Treasuries nei 30 giorni successivi, è volato al record dal sell off del periodo iniziale della pandemia, avvenuto nel marzo del 2020.