Estate da incubo: il CIO di Guggenheim parla di crollo Nasdaq fino a -75% dal top, S&P 500 -45%
Roba da esplosione bolla dot-com. Il massacro andato di scena ieri a Wall Street non sarà nulla rispetto a quello che accadrà quest’estate: parola di Scott Minerd, CIO – responsabile investimenti globali – di Guggenheim Partners.
In un’intervista rilasciata a Marketwatch, Minerd ha presentato uno scenario da incubo, che si concretizzerebbe questa estate, e che porterebbe il Nasdaq Composite Index a capitolare a un valore inferiore di ben -75% rispetto al record testato lo scorso 19 novembre del 2021 (al momento, in fase di orso, l’indice è scambiato a un valore inferiore rispetto a quel picco del 28%).
L’indice S&P 500, che ora è in calo del 18% dal precedente massimo del gennaio 2022 scorso, capitolerebbe invece del 45% rispetto a quel record.
Il calvario della borsa Usa, insomma, almeno per Scott Minerd, sarebbe solo all’inizio, destinato a peggiorare e seguendo una dinamica “molto simile a quella del collasso della bolla Internet”, dunque a quella dello scoppio della bolla speculativa sui titoli tecnologici che si verificò nel 1999 e all’inizio del 2000.
Il CIO di Guggenheim motiva tanto pessimismo con la realizzazione del fatto che la Fed non è più disposta a correre in soccorso di Wall Street.
“Quello che è chiaro – ha spiegato nel corso dell’intervista – è che non c’è più nessun market put, e che iniziamo tutti a capirlo”.
Il riferimento è alla cosiddetta put della Fed, così come è nota, ovvero alla convinzione dei mercati che la Fed sia sempre pronta a indossare le vesti del cavaliere bianco per salvarli dalle fasi di forti sell off: una convinzione che la stessa banca centrale americana ha contribuito ad alimentare, come dimostrano tutte quelle critiche secondo cui avrebbe messo sempre al primo posto non tanto i bisogni di Main Street, quanto quelli di Wall Street.
Rimasta storica soprttutto la Greenspan put, ovvero “l’insieme delle misure che l’ex presidente della Fed Alan Greenspan – timoniere della Federal Reserve dal 1987 al 2006 – ha lanciato per sostenere non solo l’economia ma, si legge nel sito di Investopedia, soprattutto i mercati azionari. “La conseguenza delle politiche di Greenspan – viene ricordato – fu che gli investitori divennero più propensi ad assumere rischi anche eccessivi nei mercati azionari: un atteggiamento, questo, che creò bolle che provocarono una volatilità più alta di mercato”.
“A quel punto, gli investitori con una certa esperienza alle spalle si ritrovarono nella necessità di acquistare strumenti di assicurazione contro le attività degli short-sellers, degli speculatori, e decisero di conseguenza di adottare una strategia di trading incentrata sull’acquisto di contratti di opzioni put, al fine di proteggere i loro portafogli dai cali eccessivi che derivarono dalle inevitabili esplosioni delle bolle”.
Quel salvagente della Fed, tuttavia, secondo Minerd, almeno al momento sarebbe destinato a rimanere confinato nell’arsenale della banca centrale. D’altronde Powell è stato molto chiaro nel ribadire che la priorità della banca centrale è di lottare contro le fiammate dell’inflazione. E che, anche se i rialzi dei tassi provocheranno una qualche sofferenza, il must dovrà essere quello di arrestare l’accelerazione scatenata dei prezzi. In questa situazione, c’è chi paventa il peggio – Wall Street in primis con i suoi ripetuti crolli – e chi invece ritiene che i timori siano ingiustificati, come Mark Kolanovic di JP Morgan.
Chi paventa nuovi bruschi cali per lo S&P 500, seguiti da un recupero verso un certo target, e chi come Scott Minerd presenta un outlook terribile con un Nasdaq che scivola entro luglio fino a -75% dai record di novembre.