Effetto Ubi-Intesa ma non solo. I rumor su UniCredit riaccendono risiko bancario
La decisione di Intesa SanPaolo di rilanciare l’offerta su Ubi Banca scatena l’entusiasmo dei trader nei confronti delle banche italiane. Il risiko bancario si riaccende anche a seguito delle ultime indiscrezioni riportate dal Messaggero: indiscrezioni secondo cui UniCredit starebbe valutando anch’essa l’opzione di una aggregazione, unendo le sue forze con quelle di un’altra banca italiana.
Questa banca potrebbe essere Banco BPM, visto che il quotidiano romano parla di un incontro tra l’AD di UniCredit Jean Pierre Mustier e il numero uno di BPM, l’amministratore delegato Giuseppe Castagna.
Per Banco BPM rimane in piedi l’altra opzione caldeggiata dai mercati già nei mesi scorsi: una fusione con Mps e Bper, che piacerebbe tra l’altro al Mef. In una giornata in cui sulle borse europee prevale la cautela, a causa del mancato accordo sul Recovery Fund dai leader Ue, spicca il rally di Ubi Banca, che balza sul Ftse Mib di oltre +13% a 3,7 euro.
L’offerta rilanciata da Intesa SanPaolo, commentano gli analisti di Equita SIM, da “attraente” diventa “irrinunciabile”.
Così si legge nella nota della SIM milanese, che riassume i dettagli della nuova proposta su Ubi Banca rilanciata dalla banca guidata da Carlo Messina:
“Intesa SanPaolo ha annunciato l’aumento dell’offerta su UBI aggiungendo (oltre al concambio di 17 azioni Intesa SanPaolo per ogni 10 UBI) una componente cash di euro 0,57 per azione. In base ai nostri calcoli la valutazione di UBI sale da 0,44 volte il rapporto P/TE a 0,52 volte P/TE (da 0,61 a 0,69 volte utilizzando il prezzo di Intesa SanPaolo alla data dell’annuncio dell’operazione)”.
Equita SIM continua:
“L’offerta, secondo noi già di per sé molto vantaggiosa per gli azionisti UBI, non può ora essere razionalmente rifiutata in quanto comporta un premio del 44,7% rispetto ai prezzi di chiusura di UBI il giorno precedente l’annuncio, rispetto ad una media del 4% nei deal realizzati fra banche negli ultimi anni. Inoltre grazie ai nuovi termini dell’offerta agli azionisti UBI faranno capo il 63% del valore attuale delle sinergie (43% pre-revisione del prezzo di offerta), livello che ci sembra più che adeguato considerando le differenze in termini di dimensioni relative fra UBI e Intesa SanPaolo. In caso di adesioni al 100%, per Intesa la revisione del prezzo comporta un cash out di circa 650 milioni che non ha impatti sostanziali sui termini dell’operazione. Infatti in base ai nostri calcoli è confemato una Eps accreation del 6% al 2023, un ROI >20% per una creazione di valore di circa 14 centesimi, ovvero del +7%. Stimiamo un impatto l’esborso in caso di adesioni 100% potrà essere per gran parte compensato dai capital gain (350mn) già previsti dal piano industriale di UBI stand alone (di cui una parte legata alla cessione del business del merchant acquiring)”.
“Infine – segnala Equita SIM – dopo l’annuncio dell’adesione all’offerta da parte del sindacato degli azionisti bresciani (8% di UBI) anche la Fondazione CR Cuneo (6%) e Banca del Monte di Lombardia (5%) hanno dichiarato che aderiranno all’offerta di Intesa SanPaolo. Se torna il risiko sulle banche chi è penalizzato è Unicredit che sarebbe l’acquirente”, ha detto un trader, stando a quanto riportato da Reuters.
Contestualmente, lo stesso Mustier ha detto al quotidiano svizzero Finanz und Wirtschaft che la banca di Piazza Gae Aulenti non è interessata all’opzione delle fusioni e che rimane concentrata su altri cambiamenti, come quello che punta a rafforzare i servizi di remote banking”.