Def: da ‘cigno nero’ coronavirus danni da incubo all’Italia. Pil -10,6% con nuovo lockdown
Il danno che il mix COVID-19-lockdown si appresta a infliggere all’economia italiana è enorme, e potrebbe essere anche più alto se l’Italia, una volta allentate le misure di contenimento, dovesse essere investita da una nuova ondata di infezioni da coronavirus. E, quindi, da una nuova quarantena della sua economia, in barba alle decisioni di allentamento del lockdown che il governo sta prendendo proprio in queste ore.
Il dramma economico del COVID-19 che l’Italia si appresta a pagare è contenuto nel Def, che il Consiglio dei ministri ha appena approvato. Oltre al Documento di economia e finanza, il CdM ha dato il via libera anche alla relazione alle Camere per chiedere l’autorizzazione allo scostamento di bilancio.
La piaga del coronavirus è stata definita dall’esecutivo un Cigno nero, che ha fatto saltare in aria tutte le stime che incise nel Nadef dell’autunno del 2019.
“Se non si fosse materializzato il cigno nero della crisi epidemica l’economia italiana avrebbe potuto registrare un ritmo di crescita in graduale miglioramento nell’anno in corso. Tale ripresa avrebbe condotto ad una modesta espansione nel primo trimestre dell’anno, rendendo raggiungibile la previsione di crescita annua dello 0,6% formulata nella Nadef di settembre 2019″.
Invece il cigno nero c’è stato, prendendo le forme del coronavirus COVID-19. Il risultato è che, nel corso del 2020, il Pil italiano si contrarrà dell’8% per poi rimbalzare del 4,7% nel 2021.
Il deficit è destinato a volare al 10,4%, “tenuto conto dell’impatto finanziario del Decreto con le misure urgenti di rilancio economico”, per poi rallentare al 5,7% l’anno prossimo.
Valori monstre per il rapporto debito pubblico-Pil, atteso crescere dal 134,8% di fine 2019 al 155,7% nel 2020, per poi allentare il passo – ma neanche di molto -al 152,7% nel 2021.
I consumi sono attesi per quest’anno in flessione del 7,2% e gli investimenti fissi lordi del 12,3%.
Per le esportazioni è atteso un crollo – 14,4% e per le importazioni un tonfo -13,5%.
Il tasso di disoccupazione dovrebbe peggiorare all’11,6%, l’occupazione scendere del 2,2% a fronte di un crollo del monte di ore lavorate pari a -6,3%.
Per i redditi da lavoro dipendente, il Def parla di una flessione del 5,7%.
Ma non è finita qui, e non in questo modo.
Nel Def si parla infatti anche della possibilità che si realizzi uno scenario avverso. Nella bozza del Def si legge che, “a differenza di quanto ipotizzato nello scenario di base, nella seconda metà dell’anno, una volta intrapreso un sentiero di graduale riapertura dei settori produttivi e di allentamento dei vincoli ai movimenti dei cittadini, potrebbe verificarsi una recrudescenza dell’epidemia. Quest’ultima, a sua volta, renderebbe necessarie nuove chiusure delle attività produttive e restrizioni ai movimenti dei cittadini. Con una nuova caduta della produzione, il calo del Pil annuale nel 2020 si aggraverebbe e la ripresa prevista per il 2021 tarderebbe a verificarsi, ancor più se non si riuscisse ad arrivare a vaccinazioni di massa entro il primo semestre dell’anno prossimo”.
Uno scenario da incubo, che vedrebbe a quel punto il Pil italiano crollare del 10,6% e recuperare nel 2021 con una crescita media che “risulterebbe pari a solo al 2,3%”. Di conseguenza, “un maggiore recupero della perdita di prodotto subita nel 2020 avverrebbe solamente nel 2022, anno non coperto dalla previsione qui presentata”.
Il governo M5S-PD precisa comunque nel Def che il processo di privatizzazione volto a ridurre il debito andrà avanti: nel documento si fa riferimento a un target superiore ai tre miliardi l’anno sia per il 2020 sia per il 2021 (lo 0,2% del Pil) da “privatizzazioni e altri proventi finanziari”.
Ancora, da un punto di vista operativo l’esecutivo conferma tutta l’intenzione di continuare a prendere misure per ridurre i danni inflitti dal virus:
“Un ulteriore pacchetto di misure urgenti, di natura ordinamentale, sarà dedicato a una drastica semplificazione delle procedure amministrative in alcuni settori cruciali per il rilancio degli investimenti pubblici e privati, soprattutto appalti, edilizia, commercio, controlli – si legge ancora nella bozza – L’emergenza Covid-19 impone di accelerare il processo di digitalizzazione e, in alcuni casi, di adottare misure di deroga, eccezionali o comunque temporanee, nel rispetto dei principi generali. Questa esperienza può essere di insegnamento per introdurre semplificazioni di tipo permanente e non più solo eccezionale. Sono in corso di predisposizione misure: – sia di natura temporanea ed eccezionale – per accelerare subito la ripartenza economica riducendo gli oneri amministrativi e semplificando il regime dei controlli, da incentrare soprattutto sul contrasto all’inerzia delle Pa e per una disciplina a regime ampiamente semplificato, ricondotta ai livelli minimi richiesti dalla normativa europea, orientata alla crescita e alla innovazione, improntata a criteri di qualità della regolazione e di più agevole e sicura attuazione da parte degli amministratori pubblici, con tempi certi”.
Confermate le indiscrezioni circolate nelle ultime ore, secondo cui il governo intende richiedere al Parlamento “un ulteriore innalzamento della stima di indebitamento netto e di saldo netto da finanziare: la Relazione al Parlamento incrementa la deviazione temporanea di bilancio a ulteriori 55 miliardi in termini di indebitamento netto (pari a circa 3,3 punti percentuali di Pil) per il 2020 e 24,6 miliardi a valere sul 2021 (1,4 per cento del Pil)”. –
Così commenta intanto i numeri del Def l’Unione nazionale dei Conumatori:
Secondo la bozza del Def, nel 2020 i consumi dovrebbero registrare un calo del 7,2%. “Dati shock. Per fare in modo che, alla riapertura dei negozi, ci sia subito un consistente rimbalzo dei consumi, che potrebbe ridare fiato anche ai commercianti in difficoltà, servono incentivi per gli acquisti, così da invogliare le famiglie che se lo possono permettere a mettere subito mano al portafoglio” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori. “Oltre ai classici incentivi statali già utilizzati in passato, dai bonus per l’acquisto di auto alle detrazioni fiscali per l’acquisto di elettrodomestici, proponiamo anche un mese di sconti Iva per tutti i settori maggiormente in crisi, come quello turistico” prosegue Dona. “Si potrebbe immaginare una riduzione temporanea dell’Iva prevista dal 22 al 10%, o addirittura l’esenzione, così da ottenere uno sconto sui prodotti ed i servizi offerti al consumatore, invogliandoli all’acquisto, come avviene durante il periodo dei saldi, senza gravare però sugli introiti delle imprese. Uno sconto, insomma, a carico dello Stato, valevole per un periodo almeno pari ad un mese” conclude Dona.