Crisi energetica globale: blackout Libano da record, caso estremo in un mondo che teme di rimanere al buio
I prezzi del petrolio WTI scambiato sul Nymex di New York riagguantano quota $80 al barile per la prima volta dal 2014, continuando a dare ragione ai bullish sull’oil. Dall’altra parte del mondo, in Libano torna la luce, dopo il blackout di 24 ore che si temeva sarebbe durato giorni.
Quella del Libano, va detto, è una situazione limite, visto che sono 18 mesi che il paese fa fronte a una grave crisi economica, scatenata da una iperinflazione storica: la lira libanese, “peggata al dollaro”, è capitolata del 90% dal 2019 e al momento è scambiata sul mercato nero a 18.900 lire circa per dollaro, a fronte di un cambio di 1.500 lire per dollaro precedente all’implosione dell’economia avvenuta due anni fa.
Quello di sabato scorso, va detto, non è certo il primo blackout che ha colpito il Libano.
Molte sono le immagini di Beirut scattate, per fare un esempio, lo scorso 2 agosto del 2021, quando la città era rimasta al buio, ben prima che risuonasse in tutto il mondo il campanello d’allarme della crisi energetica.
Ancora prima, a luglio, le due principali centrali elettriche libanesi avevano interrotto i rifornimenti, catapultando gran parte del paese in un blackout quasi totale. Lo shutdown era avvenuto in quanto i due impianti erano rimasti praticamente a secco di carburante.
La genesi della crisi energetica che continua ad attanagliare il Libano risale allo scorso maggio quando la compagnia della Turchia Karpowership ha staccato praticamente la corrente al paese, dopo aver minacciato di agire in tal senso per settimane, in quanto non pagata da Beirut da 18 mesi circa.
Ammontare dovuto: 80 milioni di euro.
Libano: per World Bank una crisi finanziaria che rientra tra le Top 10
Il caso del Libano, va ripetuto, è estremo, in quanto collegato a una crisi finanziaria che la stessa Banca Mondiale ha identificato essere nella “Top 10, probabilmente nella top 3, delle crisi più grandi sperimentate a livello globale dalla metà del 19esimo secolo”. La chiusura delle due centrali elettriche e il conseguente blackout non avranno neanche provocato poi tanto sconcerto tra la popolazione, già alle prese con il razionamento di energia, ormai abituata ad avere la luce per sole due ore al giorno.
Come sottolinea tuttavia la BBC, l’episodio di sabato 9 ottobre è stato comunque senza precedenti, visto che, per la prima volta nella storia, è stata l’intera rete elettrica nazionale ad andare offline, lasciando più di 6,8 milioni di persone al buio.
In questa situazione, con la società di energia elettrica Electricité du Liban (EDL) che da anni continua a non riuscire ad assicurare i rifornimenti necessari, diversi sono stati i cittadini che hanno fatto ricorso, ormai da mesi e a seconda delle loro possibilità economiche, ai generatori privati. Ma questi stessi generatori sono affamati di carburante, in quanto alimentati dal diesel, sempre più difficile da trovare.
Nelle ultime ore, è stato lo stesso esercito libanese a distribuire parte della propria energia alle stazioni di energia elettriche, rimettendole così in funzionamento.
La situazione si è temporaneamente risolta, stando a quanto reso noto dal ministero dell’energia, anche grazie alla banca centrale libanese, che ha assicurato una linea di credito del valore equivalente di $100 milioni, permettendo così allo stato di acquistare carburante e garantire l’operatività delle sue centrali elettriche.
Mondo affamato di energia, il rischio gas su petrolio già alle stelle
Se è vero che il Libano è un caso estremo, è altrettanto vero che ora Beirut condivide con il mondo la fame di carburanti. Fame di carburanti provocata da diverse strozzature presentatesi in diverse catene di approviggionamento, e strozzature a loro volta provocate dal boom della domanda di materie prime scatenata dalla riapertura delle economie dopo la fase più critica della pandemia Covid-19.
La scarsità dell’offerta continua a far volare i prezzi, tanto che sia il petrolio Brent che il WTI viaggiano a valori superiori di oltre il 50% dall’inizio dell’anno, mentre il gas naturale europeo è schizzato di ben il 300%.
E proprio il gas naturale potrebbe innescare nuovi rally dell’oil.
Il motivo? Come spiega un articolo, i prezzi del gas sono diventati talmente costosi che i produttori di energia elettrica stanno iniziando a passare dall’utilizzo del gas per la produzione dei loro output all’utilizzo di petrolio: si tratta di un trend così in crescita da poter far balzare, secondo le previsioni di JP Morgan, la domanda di petrolio crude, di ben 2 milioni di barili al giorno nell’arco di appena pochi anni, anche se gli analisti del colosso Usa ritengono che uno scenario più realistico sia quello di un aumento della domanda di 750.000 barili al giorno entro il mese di marzo.
Gli espertì hanno già calcolato che, a questi livelli, il gas è scambiato a un valore equivalente che si aggira attorno ai $200 al barile del petrolio, fattore che fa capire al volo come per le società di energia elettrica sia molto più conveniente fare incetta dell’oro nero, che non di gas.