Caro energia spaventa i mercati, Piazza Affari a -2% e tassi Btp ai massimi a 6 mesi
Tornano cospicue le vendite sui mercati azionari e di pari passo aumentano i rendimenti dei Tresury e degli altri titoli di Stato, BTP compresi. Dopo il corposo rimbalzo della vigilia sia per Wall Street che per le piazze europee (+1,9% il Ftse Mib), sui mercati torna a dominare l’incertezza dettata dai timori inflattivi. A Piazza Affari il Ftse Mib cede il 2,09% circa tornando sotto i 25.500 punti.
I nuovi massimi pluriennali del petrolio (WTI oltre i 79$, top dal 2014) alimentano i timori che il caro energia potrebbe costringere le banche centrali ad aumentare i tassi più rapidamente per reagire all’aumento dell’inflazione. Di pari passo corrono al rialzo i rendimenti dei Treasury, con il decennale salito stamattina in area 1,57%. Sull’obbligazionario UE il tasso del Btp decennale si è portato sopra lo 0,9%, nei pressi dei massimi a 6 mesi. Il rendimento del Bund 10 anni della Germania, il punto di riferimento per la regione, è salito stamattina fino a -0,14%, ossia 34 punti base in più rispetto a due mesi fa.
Avanza lo spettro stagflazione
“I timori degli operatori è che le spinte inflattive possano, da una parte, spingere le banche centrali verso una normalizzazione della politica monetaria e, dall’altra, avere un impatto negativo sulla crescita (stagflazione)”, spiegano gli esperti di MPS Capital Services. L’economia USA, stando alle previsioni del modello della Fed di Atlanta ad oggi è attesa crescere nel 3°T di solo l’1,3% t/t annualizzato, con un taglio dell’1% delle stime rispetto a settimana scorsa nonostante la lettura positiva ieri dell’ISM servizi. I dati finora pubblicati, infatti, segnalano una crescita robusta in termini nominali che però è in gran parte erosa dal rialzo dei prezzi.
Sempre Mps Capital Services rimarca come le crescenti pressioni al rialzo sui costi energetici hanno innescato ieri un’impennata delle aspettative di inflazione sia in Area euro (breakeven 10Y Germania massimo dal 2013) che negli USA (breakeven 10Y massimo da giugno), che, malgrado il rialzo dei tassi nominali, hanno spinto al ribasso i tassi reali.
Caro energia e riflessi su mosse banche centrali
Lunedì l’OPEC+ ha dichiarato che si atterrà a quanto pattuito nei mesi scorsi e procederà a un graduale aumento della produzione di petrolio. La reazione dei mercati è stata una nuova impennata dei prezzi del greggio e questo comporta un aumento delle pressioni inflazionistiche che rischiano di indurre le banche centrali ad agire prima del previsto sui tassi con la possibilità di effetti negativi sulla ripresa economica in atto.
Preoccupa in egual misura la situazione sul gas, che al momento appare la punta dell’iceberg di un cronico deficit di materie prime, causato da un esplosione di domanda post covid. “A guardare le scorte, non sembra che sia una faccenda passeggera e quindi l’ impatto sui prezzi non dovrebbe essere così temporaneo come qualcuno spera”, sottolinea Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr. “Con movimenti di questo tipo – prosegue l’esperto – le aspettative di inflazione continuano a salire, mentre i tassi reali restano al palo visto, che la salita dei rendimenti nominali è più che assorbita da quella delle attese di inflazione”.
Nuova Zelanda alza i tassi
Intanto stamattina la banca centrale della Nuova Zelanda – Reserve Bank of New Zealand (RBNZ) – ha alzato oggi i tassi di interesse ufficiali allo 0,50%, confermandosi in questo modo, insieme alla Corea del Sud e alla Norvegia, tra le prime banche centrali che hanno alzato i tassi dall’inizio della pandemia Covid-19.
Il sentiment inflazionistico è al suo apice negli Stati Uniti (a luglio ha toccato un picco a +5,4% massimo dal 2008) e la Federal Reserve ha già indicato che ridurrà gli straordinari acquisti di obbligazioni introdotti durante la crisi del COVID-19.