Carlo Messina ha vinto, UBI entra in galassia Intesa SanPaolo. C’è chi parla di adesioni finali oltre 90%
E alla fine anche i soci storici di Ubi Banca sono capitolati, non riuscendo a rifiutare quell’offerta che gli analisti di Equita avevano definito ormai “irrinunciabile”, dopo la decisione di Intesa SanPaolo di renderla ancora più attraente, con l’aggiunta della componente cash a quella azionaria.
Carlo Messina, numero uno di Ca’ de Sass, può cantare vittoria, visto che ha già vinto, assicurandosi il 71,9% delle adesioni all’ops da parte degli azionisti di Ubi.
Borsa Italiana ha reso noto infatti nella giornata di ieri che le adesioni sono balzate al 71,9%, ben oltre la soglia target del 66,67% fissata da Intesa SanPaolo: per la precisione, le azioni ordinarie apportate all’offerta sono state 325.203.052, per un totale di 822.627.479 azioni apportate complessivamente dal 6 luglio 2020, data di inizio dell’Ops.
L’operazione si concluderà ufficialmente domani, giovedì 30 luglio, come da proroga stabilita dalla Consob, che l’altroieri ha esteso il periodo di adesione, la cui fine era stata precedentemente fissata a martedì 28 luglio, di due giorni.
Borsa italiana ha ricordato ieri che le azioni Ubi Banca acquistate sul mercato nei giorni 29 e 30 luglio 2020 non potranno essere apportate in adesione all’offerta.
A questo punto l’operazione di Intesa SanPaolo è perfettamente riuscita, visto il superamento della soglia target prefissata. Anzi, delle due soglie target stabilite. Messina puntava come minimo al 50% del capitale più un’azione per controllare Ubi Banca, e ancora di più al 66,67%: in questo modo la fusione per incorporazione sarebbe diventata effettiva, Intesa avrebbe avuto il controllo delle assemblee straordinarie, senza incontrare alcun ostacolo al compimento dell’altro accordo siglato con Bper: quello relativo alla vendita di 532 filiali della nuova entità risultante dalla fusione a Bper, per soddisfare le richieste dell’Antitrust. Di fatto, così sarà: con le adesioni al 71,9%, la missione può dirsi compiuta.
Ma lo è davvero? Il Sole 24 Ore riporta oggi che “negli ambienti vicino a Ca’ de Sass – che è supportata da Mediobanca, che agisce da lead financial advisor, oltre che da Equita, JpMorgan, Morgan Stanley e Ubs – c’è fiducia in vista del superamento di quota 80%. Ora si attendono le ultime mosse: quelle dei fondi istituzionali, in particolare, che come di consueto attendono l’ultimo giorno per prendere parte a operazioni simili”.
In generale, i quotidiani italiani si chiedono anche quelle che saranno le prossime mosse di Messina & Co.
La Stampa scrive: “Prossima fermata l’Europa, cui Messina guarda come terreno della seconda ondata di consolidamento”. Il Fatto Quotidiano dice “Intesa padrona della finanza: conquista Ubi (e pensa a Rcs)”. Così anche Dagospia: “Non è finita: ora comincia la seconda parte della guerra sul potere economico-finanziario del paese che vedrà lo scontro dell’asse Messina-Nagel-Cimbri verso il trio Cairo-Mustier-Del Vecchio, a partire dal Corriere della Sera”.
BOOM DI ADESIONI, LA SVOLTA CON IL SI DEI GRANDI SOCI STORICI
La vera svolta si è avuta nella giornata di ieri, con l’adesione del Car. La Stampa riporta la nota con cui i grandi soci storici di UBI hanno deciso di dire di sì all’ops di Intesa SanPaolo: “Dopo il parziale riconoscimento del valore economico di Ubi banca», arrivato con il rilancio, ma «soprattutto» dopo aver ricevuto «ampie rassicurazioni» su personale, territorio, continuità nei progetti, «rapporto di collaborazione con gli imprenditori azionisti», dopo tutto questo il patto con il suo residuale 9% «ha deciso di aderire all’Opas di Intesa Sanpaolo», si legge nella nota del Car.
Dal fronte degli investitori istituzionali, si ricorda che l’offerta aveva già visto l’adesione di grandi soci come Fondazioni Crc (5,9%), Banca del Monte di Lombardia (3,9%), Cattolica (1%) e il patto dei soci bresciani (8%) mentre quello degli azionisti bergamaschi, secondo La Stampa, aveva deciso di lasciare libertà di scelta. Fonti finanziarie hanno poi rivelato ieri che il sì è stato pronunciato anche dal fondo Silchester, che detiene l’8,5% del capitale di Ubi Banca. E il Sole 24 Ore riporta che “un contributo di rilievo sarebbe arrivato, secondo fonti finanziarie, anche dallo stesso fondo Parvus, ritenuto vicino a Ubi, che avrebbe conferito una parte, circa il 2,5%, del suo 7-8% circa”. Così ancora La Stampa: “I prossimi due giorni, l’extra tempo voluto da Consob, porteranno a un prevedibile effetto-valanga in cui la gran parte del capitale, inclusi i piccoli azionisti, tenderà ad aderire per non restare intrappolata in una posizione di minoranza senza prospettive e senza premio. Al punto che qualcuno si spinge ora a prevedere un risultato finale anche superiore al 90%.