Carige, si avvicina il momento del ritorno in Borsa del titolo. Ok Consob a prospetto informativo sarebbe imminente
Ci siamo quasi: la Consob è pronta a dare il via libera alla riammissione del titolo Carige in Borsa, sospeso da Piazza Affari nel gennaio del 2019, a causa del commissariamento della banca deciso dalla Bce.
Il Secolo XIX scrive che, “da quanto ricostruito, il via libera di Consob al prospetto informativo è atteso per la prossima settimana e potrebbe arrivare già nei primi giorni“. L’ok al prospetto informativo è la condizione sine qua non per il ritorno alla quotazione che, a questo punto, potrebbe realizzarsi nel mese di settembre.
C’è da dire che certo la pandemia Covid-19 ha messo non pochi bastoni tra le ruote all’istituto ligure, posticipando il suo ritorno in Borsa. All’inizio dell’anno erano emerse le prime indiscrezioni sui tempi della quotazione.
La redazione del prospetto informativo per il ritorno in Borsa è sta affidata da Carige ha affidato all’avvocato Vittorio Lupoli dello studio BonelliErede di Genova.
Carige è sotto i riflettori da un bel po’ di mesi anche in quanto preda appetibile della fase di risiko bancario in Italia. Fase che, come dimostra in realtà il caso di UniCredit-Mps e dei Promessi Sposi Mediobanca-Mediolanum, è spesso caratterizzata più da voci di mercato che non da dichiarazioni ufficiali.
Nel caso di UniCredit, la dichiarazione ufficiale alla fine è arrivata direttamente dall’amministratore delegato Andrea Orce: tuttavia le parole non sono state certo della serie ‘M&A a tutti i costi’, visto che il ceo ha piuttosto affossto le speranze di un matrimonio tra i due istituti.
Tornando a Carige, una decina di giorni fa il Messaggero è tornato a parlare del dossier, riferendosi al “sasso nello stagno lanciato da Ignazio Visco”, numero uno di Bankitalia, in occasione dell’assemblea annuale dell’Abi. Visco aveva detto chiaramente che “siamo impegnati nelle possibili soluzioni di casi di crisi di alcuni intermediari medio-grandi”.
Il riferimento, aveva fatto notare il quotidiano romano, era stato ovviamente a Mps e Carige.
L’articolo aveva rimarcato come, se nei confronti del Monte di Stato, come ben tutti sanno, l’entusiamo fosse non pervenuto, nel caso di Carige, qualcuno era entrato nella data room, ma anche in questo caso l’interesse individuato era stato piuttosto risicato. Si parlava dell‘ingresso in data room di Banco BPM e Credem:
“Per metà luglio sono attese le offerte non binding, ma allo stato da parte dei due competitor c’è molta freddezza”. Tra l’altro la stessa Bankitalia “ha un filo diretto con i pretendenti ed è consapevole che non c’è grande entusiasmo”.
Una eventuale acquisizione di Carige – esattamente della quota dell’80% che è detenuta dal Fondo Interbancario di tutela dei depositi (Fitd), che ha messo sul mercato per l’appunto la sua partecipazione dopo il mancato accordo con Ccb (Cassa centrale banca) – farebbe emergere, secondo il Messaggero, problemi sulle possibili sinergie. Il quotidiano ha ricordato infatti che Carige “ha in piedi contratti su alcuni business: nelle polizze di Amissima con Apollo, nel credito al consumo di Creditis con Chenavari e poi nel risparmio gestito di Arca, controllata da Bper e Pop Sondrio”.
Anche Banco BPM che Credem hanno proprie società prodotto e il punto è, affinché si creino sinergie, le due banche dovrebbero disdire questi contratti con un onere notevole.
Carige: flop accordo Fitd-Ccb l’ha resa pedina del risiko bancario
La decisione dell’Fitd di mettere in vendita la sua quota segue il mancato accordo con Cassa Centrale Banca (CCB), che detiene una partecipazione nell’istituto pari all’8,3% e che alla fine ha deciso di non esercitare l’opzione che le assegnava il diritto di rilevare la quota del Fondo, pari per l’appunto all’80%.
La tensione tra le parti contraenti era esplosa nel momento in cui Ccb aveva proposto di replicare il modello Intesa SanPaolo-banche venete, fagocitando la partecipazione dell’80% in mano all’Fitd al costo di 1 euro, e chiedendo anche una dote di 500 milioni.
Da segnalare che la nuova Carige è nata ufficialmente alla fine di gennaio del 2021, con la nomina del nuovo cda, il congedo dei commissari straordinari che l’avevano traghettata nel periodo necessario al suo risanamento, e con l’Fitd primo azionista che, con il suo intervento, aveva evitato che si mettessero le mani nelle tasche dei contribuenti italiani.
Già alla fine di dicembre del 2019, si era parlato dell’opzione il cui esercizio avrebbe permesso a Cassa Centrale Banca di acquistare tutte le azioni del Fondo e di salire nel capitale di Carige fino al 91%. Non se n’è fatto più niente, invece, e nei giorni in cui la rottura tra l’Fitd e Ccb diventava ormai insanabile, le varie voci di mercato iniziavano a vedere Carige per quella che era diventata ufficialmente: la nuova perdina del risiko bancario, una sorta di Mps ma decisamente più appetibile.
Si facevano così i nomi di UniCredit, Banco BPM e anche di Bper. Appena qualche giorno fa il Corriere scriveva: “Carige è oggi controllata dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) che ha avviato la cessione della propria quota. Sono interessati Banco Bpm, Bper, Credem e Crédit Agricole. Ogni progetto di consolidamento e aggregazione crea sovrapposizioni di attività e di sportelli, un tempo ambiti e di grande valore, oggi trattati spesso alla stregua di fardelli fisici. L’Antitrust è attento a due parametri, uno provinciale e uno nazionale”.
A questo punto è attesa per l’assemblea ordinaria dell’istituto genovese, che si terrà il prossimo 28 luglio. Nelle ultime settimane, complice il Decreto Sostegno bis, si sono affievolite le speculazioni su un possibile matrimonio tra Banco BPM e Bper. In particolare, un articolo di La Repubblica ha scritto che, sotto la guida del nuovo amministratore Piero Montani, Bper avrebbe potuto essere più orientata a valutare altri dossier, come Popolare di Sondrio e, per l’appunto, Carige.
Si avranno maggiori informazioni sul reale interesse nella nuova Carige tra qualche giorno. Secondo la tabella di marcia le offerte non vincolanti dovrebbero essere presentate entro questo mese, mentre la presentazione delle offerte vincolanti potrebbe arrivare proprio a settenbre, in concomitanza con il ritorno a Piazza Affari del titolo (una volta ottenuto l’ok al prospetto informativo da parte della Consob) a settembre oppure entro ottobre, per concludere l’iter con le nozze.
Anche la Repubblica ha citato i pretendenti: Banco BPM, Bper, Mps, Credem, “fino ad arrivare a fondi (come Apollo, Bain, Centerbridge) e soggetti finanziari che si muovono nel mondo assicurativo e parabancario”.
Tuttavia, voci sul rischio che l’iter venga rallentato sono state diffuse qualche giorno fa da Mf-Milano Finanza, che ha scritto che Bper e anche Credit Agricole – reduce dall’acquisizione di CreVal – avrebbero avuto contatti più informali con Carige e che il Fondo stava considerando addirittura l’opzione di un rinvio delle nozze all’autunno o addirittura fino al 2022.
C’è da dire che fin da subito si sapeva che, in quanto fondo finanziato dagli istituti di credito, l’Fitd non avrebbe potuto essere un investitore di lungo periodo della banca; in base ai termini dell’accordo con cui salvò Carige, il fondo deve sbarazzarsi della propria quota entro la fine dell’anno.
Anche il Sole 24 Ore aveva parlato della possibilità che si affacciassero in data room fondi esteri, sottolineando tuttavia che questi non avrebbero potuto sfruttare la ‘dote’ delle dta che scatta in caso di aggregazioni. La Carige ha in bilancio e fuori bilancio una dote fiscale da 1,3 miliardi di cui l’acquirente può beneficiare, a patto tuttavia che l’approvazione delle nozze da parte dei cda delle banche coinvolte si concludano entro il 2021.