Carige e la proposta di Cassa Centrale Banca all’Fitd: ‘la vostra quota dell’80% a 1 euro. Più dote da 500 milioni’
Modello Intesa SanPaolo-banche venete da replicare nel dossier Carige?
Sembra proprio di sì, almeno in base alla proposta del secondo azionista dell’istituto genovese, Cassa Centrale Banca (Ccb), che avrebbe deciso di esercitare l’opzione di acquisto dell’80% in mano all’azionista di maggioranza Fondo interbancario di tutela dei depositi proponendo il pagamento di 1 euro. E’ quanto emerge dalle indiscrezioni de Il Messaggero:
“Per Banca Carige, Ccb offre al Fondo interbancario tutela dei depositi (Fitd) un prezzo modello ‘banche venete’, vale a dire 1 euro e pretende anche la dote“.
Ovviamente, scrive il quotidiano romano, l’offerta è stata considerata “irricevibile” da parte dell’Fitd. Che a questo punto, “potrebbe tenersi per altri 6-8 mesi l’istituto, in attesa di aggregarlo a uno dei nuovi poli attesi, come Agricole-CreVal o le fusioni che avranno quali protagonisti UniCredit, Mps, Banco BPM, Bper”.
Ma come si giustifica la richiesta di fagocitare la quota in mano al Fondo interbancario pagando 1 euro e chiedendo anche la dote? Il gruppo trentino ritiene che, anche a causa del Covid, siano saltati i vecchi accordi e che il “deterioramento degli attivi di Genova potrebbe portare Francoforte (dunque la Vigilanza della Bce) a imporre una nuova ricapitalizzazione”.
La dote va proprio in questa direzione. Così come Intesa SanPaolo acquisì le banche venete per 1 euro, ricevendo dallo Stato una dote di 1,5 miliardi di euro, Cassa centrale banca chiede al Fondo una dote di 500 milioni che verrebbe utilizzata per una nuova eventuale ricapitalizzazione.
Oltre che del salvataggio di Mps, il cui destino rimane ancora incerto, si torna a parlare così di nuovo di Carige, la banca genovese che, dopo essere finita in amministrazione straordinaria, sembra tornare a rappresentare di nuovo un grattacapo per il sistema bancario italiano.
Si ricorda che l’azionista Cassa Centrale Banca (CCB) detiene una partecipazione nell’istituto pari all’8,3%, mentre il principale azionista, che è anche chi ha strappato la banca dall’incubo della liquidazione, è per l’appunto il Fondo interbancario di tutela dei depositi, che detiene la maggioranza del capitale, pari all’80%.
La nuova Carige è nata ufficialmente alla fine di gennaio del 2021, con la nomina del nuovo cda, il congedo dei commissari straordinari che l’avevano traghettata nel periodo necessario al suo risanamento, e con l’Fitd primo azionista che, con il suo intervento, aveva evitato che si mettessero le mani nelle tasche dei contribuenti italiani.
Già alla fine di dicembre del 2019, si era parlato dell’opzione il cui esercizio avrebbe permesso a Cassa Centrale Banca di acquistare tutte le azioni del Fondo e di salire nel capitale di Carige fino al 91%.
Grandi progetti, che si sono scontrati però con la pandemia Covid-19, che ha ritardato tutto, lo stesso ritorno a Piazza Affari del titolo. Negli ultimi giorni il discorso del ritorno in Borsa (da quando il 2 gennaio del 2019 la Consob aveva sospeso il titolo), era tornato sotto i riflettori, con indiscrezioni varie sui tempi. Qualcuno aveva parlato di una quotazione possibile entro l’estate, posto che si facesse chiarezza sulle intenzioni del secondo azionista, Ccb per l’appunto, riguardo all’opzione di acquisto della quota in mano all’Fitd.
La Repubblica di Genova aveva sollevato a tal proposito il dubbio che la vigilanza della Bce potesse chiedere a Cassa Centrale Banca di rafforzare il patrimonio anche a scopo cautelativo, sottolineando come difficilmente i trentini di Ccb riuscirebbero a “farsi carico sia dell’aumento di capitale, sia dei soldi necessari a rilevare le quote di Fitd”. Si era parlato anche della possibilità di un piano B, che avrebbe visto l’istituto diventare preda delle operazioni di M&A previste per quest’anno per le banche italiane. Carige è destinata a diventare ora nuova pedina del risiko bancario?
Vale la pena di riflettere sulla nota firmata dagli analisti di Mediobanca Securities, che aveva riportato indiscrezioni secondo cui Bper, oltre a Banco BPM, avrebbero avuto due opzioni: Popolare di Sondrio o anche Carige, nel caso in cui, in quest’ultimo caso, recitava la nota, Cassa Centrale avesse deciso di non esercitare l’opzione call.