Bce rafforza bazooka anti coronavirus, BTP applaudono a scudo anti-spread firmato Lagarde
Un programma che sta dimostrando di avere “molto successo”, capace di prevenire “una spirale ribassista” sia per la crescita dell’economia che per l’inflazione. Christine Lagarde, numero uno della Bce, non nasconde una punta di orgoglio per essere riuscita a sfornare un piano di QE concepito per scongiurare gli effetti peggiori del coronavirus-COVID-19 sull’economia dell’area euro. E’ il PEPP, QE pandemico, noto anche come QE di emergenza, che Lagarde ha lanciato alla metà di marzo e che, fin dall’inizio, si era confermato una sorta di scudo per mettere in sicurezza i BTP.
Lo spread BTP-Bund era capitolato infatti di 100 punti all’indomani della mossa straordinaria lanciata dalla banca centrale europea nell’era post Draghi. Un piano di acquisto di asset, ad hoc contro la pandemia. Non per niente la siglia è l’acronimo di Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP). Inizialmente varato per un importo di 750 miliardi di euro, con una scadenza fissata a fine anno, questo programma è stato rafforzato ufficialmente oggi di altri 600 miliardi di euro, e prorogato fino a giugno del 2021, per un ammontare totale di 1,350 trilioni di euro.
La reazione della carta italiana è stata immediata: subito dopo l’annuncio della Bce lo spread a 10 anni è sceso sotto quota 180 punti base, fino a 174 punti base, al minimo da marzo, a fronte di tassi decennali che sono crollati anche sotto l’1,40%. Gli acquisti sui BTP hanno portato il differenziale a valori minimi che non si vedevano dalla fine di marzo, con un crollo dei rendimenti fino a -16 punti base.
La Bce di Lagarde ha confermato gli altri programmi in essere, come il TLTRO per le banche, il recente PELTRO, il programma di Quantitative easing (QE) che comporta acquisti mensili di titoli per 20 miliardi di euro.
I tassi, anche stavolta, non sono stati toccati. Il tasso di riferimento è rimasto inchiodato allo zero, mentre il tasso sui depositi delle banche presso la Bce è stato lasciato negativo al -0,50%. “Un ampio grado di politica monetaria accomodante è necessario”, ha precisato Lagarde, affermando che l’Eurozona sta attraversando una crisi senza precedenti, caratterizzata da una contrazione economica senza precedenti, da un calo significativo, in particolare, dei consumi e degli investimenti delle aziende.
Certo, ci sono alcuni segnali secondo cui la crisi scatenata dalla pandemia del coronavirus COVID-19 “starebbe per toccare il fondo”, ha detto l’ex direttrice del Fondo Monetario Internazionale, ma si tratta di segnali “tiepidi”, rispetto alla velocità con cui si è verificato il collasso economico. E la crisi è pesante, se si considerano le nuove stime della Bce sul Pil reale dell’Eurozona:
Il Pil è previsto cadere dell’8,7% nel 2020, per poi segnare una ripresa del 5,2% nel 2021, e salire del 3,3% nel 2022. E che dire dell’inflazione, che continua a essere, COVID non COVID, la spina nel fianco della Bce, che ci sia al timone Mario Draghi o Christine Lagarde? Ovviamente la crisi senza precedenti ha inflitto e infliggerà un duro colpo alla dinamica dei prezzi: e così, secondo l’outlook degli economisti della Bce, il tasso di inflazione dell’area euro scenderà allo 0,3% nel 2020, per recuperare terreno l’anno prossimo, attestandosi allo 0,8% e salire in modo più significativo, all’1,3%, nel 2022.
Così Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia, ha commentato l’esito della riunione della BCE di oggi:
“Valutiamo molto positivamente la scelta dell’istituto di Francoforte di promuovere un ulteriore impegno ad acquistare titoli di Stato dei Paesi in difficoltà per l’emergenza coronavirus, dando il forte segnale ai mercati che la BCE è pronta a difendere ad ogni costo la stabilità finanziaria dell’Eurozona. Riteniamo che la misura sia stata decisa formalmente per il cambio di aspettative su inflazione e anche per i problemi di liquidità di molti Paesi, che vedranno i fondi del Next Generation solamente nel 2021. Il prestito ponte promesso dalla Commissione Europea pari a 11,5 miliardi di euro era totalmente insufficiente per soddisfare le richieste di liquidità degli Stati in difficoltà. Con l’incremento del PEPP la BCE garantisce un controllo sugli spread e diminuisce il costo che dovranno sostenere alcuni Paesi (soprattutto Italia, Spagna e Portogallo) per finanziarsi con l’emissione di bond. Manda inoltre l’indicazione ai mercati di essere pronta a utilizzare tutti gli strumenti possibili per mantenere la stabilità finanziaria. Un atteggiamento ben distante dalle parole di marzo 2020, quando Christine Lagarde aveva annunciato che l’Istituto Centrale non aveva l’obiettivo di chiudere gli spread. Una ‘gaffe’ costata cara ma che è servita per cambiare notevolmente l’atteggiamento del governatore e dell’intero Governing Council. Nella conferenza stampa, Lagarde, ha inoltre ricordato le misure fiscali. Ha confermato l’appoggio alle safety nets (ovvero MES-BEI-SURE) e ha inoltre fornito un forte endorsement ad Ursula Von der Leyen e al suo Next Generation Plan. Valutiamo positivamente anche le parole rassicuranti della Lagarde sulla possibilità di inserire anche i junk bond (o i fallen angels bond) negli acquisti del piano PEPP. Il governatore della BCE ha esplicitamente affermato che l’Istituto osserverà la situazione e potrà prendere decisioni appropriate per difendere Eurozona, nel caso di un downgrade da parte dell’agenzia. Anche sulla sentenza della Corte di Karlsruhe Largarde ha ricordato che la BCE è soggetta dalla giurisdizione della ECJ (European Court of Justice), rassicurando che una soluzione sarà trovata nel breve termine”.
A tal proposito, durante la conferenza stampa, Lagarde ha ripetuto che la sentenza della Corte costituzionale tedesca è rivolta al governo e al Parlamento tedeschi e non direttamente alla Bce, aggiungendo di essere fiduciosa nella possibilità di trovare una soluzione che “non comprometta l’indipendenza della banca centrale”.
Lo scorso 5 maggio Karlsruhe, ergo l’Alta corte tedesca, ha clamorosamente snobbato quanto aveva stabilito la Corte Ue che, nel dicembre del 2018, aveva detto chiaro e tondo che il programma PSPP, più noto come Quantitative easing, non travalicava il mandato della BCE.
Il premier Giuseppe Conte, gli ex premier Enrico Letta e Romano Prodi, l’ex Commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli hanno blindato tutti il principio dell’indipendenza della Bce.