Bce pronta a rimuovere cap sui dividendi delle banche. Parola di Lagarde ed Enria, che suggeriscono però ancora cautela
Basta ghigliottina sui dividendi delle banche: in un’audizione al Parlamento europeo, sia Christine Lagarde, numero uno della Bce, intervenuta oggi nelle vesti di presidente del board per il rischio sistemico (ESRB), sia Andrea Enria, numero uno della Vigilanza bancaria della Banca centrale europea, hanno fatto il tanto atteso annuncio, parlando però anche di NPL, ovvero di crediti deteriorati, e non mancando di lanciare inviti alla cautela.
I titoli delle banche europee hanno accolto con favore la notizia: a Piazza Affari, buy su UniCredit, Intesa SanPaolo, Banco BPM, Bper, con gli investitori che pregustano già ora il ritorno alla normalità nella distribuzione delle cedole e nelle operazioni di buyback, previsto per il mese di ottobre.
L’entusiasmo è stato confermato dal trend dell’Euro Stoxx Banks Index, che è salito dopo gli annunci fino a +2,2%, e che si appresta a riportare il rialzo più forte in un mese.
Molto bene l’austriaca Bawag Group AG, la spagnola Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, la francese Societe Generale.
Nel frattempo Bloomberg ha fatto notare come, secondo un’analisi del costo dell’equity delle banche europee condotta da JP Morgan, e pubblicata proprio oggi, le banche “più attraenti” risultino Nordea Bank, Intesa Sanpaolo e BBVA.
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Cedole banche, Enria: stop cap a fine III trimestre. Ma con un ‘ma’
“In assenza di sviluppi avversi significativi, prevediamo di abrogare la nostra raccomandazione (di non distribuire i dividendi o di distribuirli rispettando un tetto massimo) alla fine del terzo trimestre del 2021 e di tornare a considerare dividendi e buyback come parte del nostro normale processo di supervisione”, ha detto Andrea Enria, non mancando però di aggiungere un ‘ma’: la Banca centrale europea, ha continuato, “si aspetta che i piani di distribuzione rimangano prudenti e proporzionati alla capacità di generazione di capitale interna delle banche e al potenziale impatto di un deterioramento nella qualità delle esposizioni, anche in scenari avversi”.
Così il team degli analisti di JP Morgan guidato da Kian Abouhossein:
“Crediamo che l’attenzione degli investitori si sposterà in modo crescente sui dividendi, per i quali ci attendiamo una decisione a favore della fine delle restrizioni”. La chiarezza “sui futuri dividendi in cash – si legge nella nota – è il fattore chiave per gli investitori”.
Per ora non si può parlare di una decisione già presa. Lo stesso board del rischio europeo sistemico presieduto da Lagarde ha sottolineato come le banche dell’area euro potrebbero veder rimossi i tetti massimi sulle cedole e le operazioni di buyback alla fine di settembre, SE le condizioni economiche e del settore finanziario non dovessero soffrire un deterioramento significativo.
“Il miglioramento dell’outlook economico dovuto al progresso rapido delle campagne di vaccinaziono ha ridotto la probabilità di gravi scenari”, ha detto Lagarde.
Anche gli analisti di JP Morgan hanno mostrato, comunque, una certa cautela, scrivendo di non ritenere che ci sarà una sorta di ‘via libera tutti”:
a loro avviso, il ritiro dei sostegni che finora i governi dell’Eurozona hanno assicurato alle aziende e alle banche, così come l’incertezza alimentata dalle varianti del virus – come la variante Delta – faranno sì che la Bce adotti un “approccio cauto” sui dividendi speciali, specialmente quelli che riguardano gli utili del 2019.
Lo scorso mese Enria aveva anticipato che la Vigilanza bancaria della Bce avrebbe preso una decisione sulla rimozione o meno del tetto massimo imposto alle cedole e ai buyback il prossimo 23 luglio. Lagarde ha detto che il board ESRB considererà la questione nel suo prossimo meeting di settembre.
Bce: prima il digiuno, poi la ferrea dieta imposta ad azionisti banche
Potrebbe dunque terminare alla fine di settembre la dieta degli azionisti delle banche dell’area euro. Una dieta imposta con la decisione del tetto massimo annunciata a dicembre, che ha permesso ad alcuni istituti di tornare a distribuire le cedole a fronte di diversi paletti, seguita a mesi di vero e proprio digiuno.
Così la Bce si era espressa quando, lo scorso dicembre, aveva tolto lo stop assoluto imposto sulle cedole e sulle operazioni di riacquisti di azioni proprie:
“La Bce prevede che i dividendi e le operazioni di buyback azionari rimangano al di sotto del 15% dei profitti cumulati del periodo 2019-2020, e che non siano superiori ai 20 punti base del Common Equity Tier 1 (CET 1)”.
Ancora “le banche che intendano pagare i dividendi o riacquistare le proprie azioni devono essere in utile e disporre di traiettorie di capitali robuste”, recitava il comunicato, che aggiungeva che le raccomandazioni sarebbero rimaste valide fino al settembre del 2021″.
Gli azionisti delle banche dell’Eurozona sono rimasti praticamente a bocca asciutta ancora per tutto il 2020. La sospensione delle cedole era stata decisa a marzo dello scorso anno, nella situazione di grave emergenza scatenata dall’esplosione della pandemia COVID-19.
La Bce aveva deciso di raccomandare agli istituti di congelare l’erogazione dei dividendi ed eventuali operazioni di buyback pianificate fino al 1° ottobre dello stesso anno. La paura del credit crunch e la necessità di assicurare che le risorse delle banche andassero a sostenere in primis l’economia reale, dunque aziende e famiglie, avevano poi portato la banca centrale a decidere lo stop fino al prossimo 1° gennaio del 2021.
Come hanno ricordato tuttavia oggi sia Enria che Lagarde, il pericolo numero uno è rappresentato ancora dallo spettro degli NPL.
“Nell’attuale fase della pandemia, le nostre preoccupazioni sulla stabilità finanziaria si stanno spostando dai rischi di liquidità nel settore delle imprese non finanziarie alle loro vulnerabilità di bilancio”.
Lagarde ha auspicato che si faccia attenzione ai bilanci delle aziende, evitando il fallimento di quelle sane e l’effetto domino che si avrebbe sul settore bancario con i crediti deteriorati (NPL).
“E’ importante evitare che la combinazione di debiti elevati e profitti più deboli, soprattutto nei settori più duramente colpiti dalla crisi, porti a insolvenze di aziende redditizie nel medio termine”, ha detto, aggiungendo che in questo modo si rischierebbe di aumentare “il costo sociale ed economico di questa crisi” e di “aumentare anche il rischio dei portafogli delle banche”.
Lagarde ha sottolineato di conseguenza che, per le banche, “la priorità è di riflettere a pieno e in modo tempestivo il rischio di credito, nella classificazione dei prestiti e nell’accantonamento”.
Ancora, le banche “potrebbero dover migliorare la capacità di gestire e risolvere i crediti deteriorati, anche cercando soluzioni per ristrutturare i debiti“.
Idem Andrea Enria, che ha riconosciuto che l’aumento dei crediti deteriorati o NPL nei bilanci delle banche è stato inferiore a quanto era stato stimato un anno fa. Ma che nonostante questo non ha potuto evitare di mettere in guardia le banche dal rischio crediti deteriorati:
“Questo non significa che non possano esserci aumenti significativi – ha detto in un discorso al Parlamento europeo – dobbiamo restare pronti, il modo migliore è prendere misure preventive”.
Di conseguenza, “le banche dovranno essere più efficaci nella gestione degli NPL, facendo una valutazione a monte dei clienti per prevenirli”.