Bce pronta a ricaricare il suo tradizionale bazooka o a lanciarne uno nuovo. Cosa aspettarsi dalla riunione imminente
Tapering PEPP solo di facciata da parte della Bce di Christine Lagarde? Più che lecito porsi questa domanda, in attesa del prossimo meeting del Consiglio direttivo, in calendario il prossimo giovedì 28 ottobre. Meeting che non rimarrà certo inciso nella storia, visto che il grande annuncio è arrivato nell’ultima riunione: grande annuncio che, tuttavia, nonostante gli evidenti tentativi di Lagarde di migliorare la comunicazione e la trasparenza della banca centrale, ha generato non poca confusione, fino ad avallare l’ipotesi di un tapering dovish e, addirittura, di un QE infinity: come è possibile?
Complice è stata sicuramente Lagarde, che non ha neanche osato pronunciare la parola ‘tapering’, limitandosi a dire che la Bce ricalibrerà gli acquisti di asset che effettua con il PEPP.
C’è da dire che in questi giorni la Bce è tornata sotto i riflettori, non tanto per i suoi vazi bazooka, che si chiamino APP o PEPP, quanto per l’annuncio delle dimissioni a sorpresa arrivato da Jens Weidmann, numero uno della Bundesbank – la banca centrale tedesca – ed esponente falco del Consiglio direttivo della Bce.
Siti, quotidiani e settimanali di finanza sono tutti concentrati da giorni sulla decisione di Weidmann, di cui si continua a parlare sia perchè, con la sua impostazione hawkish, ha fatto la storia della banca centrale, sia perché, nella sua lettera di addio, il banchiere ha lanciato un avvertimento sull’accelerazione dell’inflazione in Eurozona.
Bce, FT: con dimissioni Weidmann un falco in meno
Nelle ultime ore, un nuovo articolo su di lui è stato pubblicato dal Financial Times: An auf Wiedersehen to Jens Weidmann:
Il quotidiano britannico ha ricordato che Weidmann “ha ricoperto per 10 anni il ruolo della voce dissidente più di spicco del Consiglio direttivo della Bce in modo ammirevole”, aggiungendo come il banchiere tedesco fosse stato definito dall’allora presidente della Bce e attuale presidente del Consiglio Mario Draghi addirittura come “Nein Zu Allem”, ovvero come il signore “no a tutto”.
“Weidmann ha espresso l’opinione dei falchi monetari – secondo cui le politiche straordinarie della Bce avrebbero fatto salire l’inflazione danneggiando la disciplina dei mercati – ai livelli più alti – si legge nell’articolo – E tuttavia, ricorda ancora l’FT, il suo no ha alla fine rappresentato sempre di meno la sua Germania, visto che Berlino, alla fine, “ha dato la sua approvazione alle misure che l’area euro ha adottato per rispondere alle crisi finanziarie”, ma anche “alle politiche monetarie straordinarie adottate e alla creazione del Recovery Fund dell’Ue”.
Così facendo, la Germania di Jens Weidmann ha “dato il suo sostegno alla moneta unica europea e a tutte le politiche lanciate dalla Bce per proteggerla”. Il risultato è che ora sono davvero “pochi a dubitare del sostegno, da parte dell’economia più grande dell’Europa, a favore dell’euro”. E “questo significa che il successore di Weidmann conterà molto meno per il futuro dell’Eurozona di quanto” abbia contato in questi anni lui stesso.
Non solo: anche per i motivi suddetti, il successore sarà “probabilmente, meno falco”.
L’FT scrive infatti che “un decennio di una inflazione ostinatamente bassa in Eurozona, nonostante la politica monetaria accomodante, ha scalfito la ragion d’essere dell’ortodossia monetaria”. Tanto che, “nella sua ultima revisione della sua strategia, la Bce ha integrato la sua ‘analisi monetaria’, una delle ultime vestigia della politica di target monetario alla base della reputazione della banca centrale tedesca, con la sua ‘analisi economica’”.
Insomma, l’addio di Weidmann è l’addio a un portavoce di quella Germania baluardo dell’austerity che oggi non esiste più. Detto questo, nella sua lettera di addio alla Bundesbank, il falco tedesco ha lanciato il suo ultimo avvertimento:
“Sarà cruciale non guardare solo da un lato ai rischi deflazionistici ma, anche, non perdere di vista i possibili pericoli legati all’inflazione”.
Bce, tra prossime mosse potenziamento APP o nuovo bazooka
Tornando all’outloook sulle prossime mosse della banca centrale, dal comunicato della Bce è emerso che, “sulla base di una valutazione congiunta delle condizioni di finanziamento e delle prospettive di inflazione, il consiglio direttivo ritiene che possano essere mantenute condizioni di finanziamento favorevoli con un ritmo degli acquisti netti di attività nel quadro del Programma di acquisto per l’emergenza pandemica (pandemic emergency purchase programme, PEPP) moderatamente inferiore rispetto ai due trimestri precedenti“.
Le parole sono abbastanza chiare: gli acquisti del PEPP continueranno, ma saranno inferiori. La Bce acquisterà insomma meno asset attraverso il bazooka PEPP, o anche QE pandemico, che è stato sfornato per arginare gli effetti economici e finanziari della pandemia Covid-19.
Detto questo, l’arsenale della banca centrale europea è pieno di altre munizioni. Tra queste, c’è l’APP, (Assets Purchase Program), il QE ‘tradizionale’, che sta andando avanti al momento con acquisti di asset per $20 miliardi al mese.
E’ quest’altro bazooka, secondo gli economisti che sono stati intervistati da Bloomberg, che la Bce ricaricherà per compensare i minori acquisti che avverrano con il PEPP (destinati tra l’altro a scadere nel marzo del 2022). Gli interpellati dall’agenzia di stampa credono che il meeting cruciale della Bce sarà quello di fine anno, mentre il prossimo dovrebbe confermare semplicemente lo status quo.
Nel meeting di dicembre, per la precisione, Lagarde dovrebbe fare un altro grande annuncio, in concomitanza con le nuove proiezioni sulla crescita del Pil, sull’occupazione, sull’inflazione, che lo staff dell’istituto di Francoforte renderà note ai mercati.
Sulla base di queste stime, la banca centrale potrà farsi infatti un’idea più puntuale su ciò di cui l’economia avrà bisogno. Lagarde & Co cercheranno in ogni caso, secondo gli economisti intervistati, di rafforzare il bazooka del QE tradizionale APP a partire dal prossimo anno, rendendolo anche più flessibile e più adatto ad affrontare gli stress del mercato; uno su quattro crede anche che il PEPP, prima o poi, possa venire sostituito da un programma nuovo.
Nel più breve termine, ovvero il prossimo giovedì, l’attenzione dei mercati sarà rivolta al messaggio che la presidente Christine Lagarde invierà agli investitori che scommettono su un aumento più veloce dei tassi di interesse, anche in anticipo rispetto a quanto previsto in precedenza, a causa della fiammata dell’inflazione.
I mercati – ha spiegato Claus Vistesen di Pantheon Macroeconomics – cercheranno indizi su ciò che la Bce vorrà fare con il PEPP ma guarderanno, anche, alle dichiarazioni sui tassi, che i mercati scommettono saranno alzati nell’area euro entro il 2023″.
Pochi giorni fa dalla stessa Bce – o meglio da uno dei suoi esponenti più falchi, Klaas Knot, governatore della banca centrale dell’Olanda – è arrivato d’altronde un alert sull’inflazione.
“Credo ancora che l’aumento dell’inflazione sia soprattutto temporaneo, ma dobbiamo prendere in considerazione altri scenari, caratterizzati da una inflazione strutturalmente più alta e da tassi di interesse più alti. Se non lo faremo, in futuro potrebbero verificarsi ribassi shock dei prezzi“.
Le parole di Knot, c’è da dire, sono state però affossate da dichiarazioni decisamente più dovish, che vedono la Bce alquanto decisa a non staccare la spina degli aiuti troppo presto:
è vero infatti che il tasso di inflazione dell’Eurozona ha ben superato la soglia del 3% e che con il reopening e la fine delle misure di lockdown anti-Covid l’economia è migliorata in modo notevole. Tuttavia la view generale è quella di una inflazione che modererà il passo: inoltre, la crisi dell’offerta minaccia la ripresa economica stessa.
Secondo Bloomberg Economics, “il Consiglio direttivo (della Bce) discuterà su quanto l’attuale fiammata dell’inflazione sarà transitoria, ma Lagarde dovrebbe confermare la sua opinione, secondo cui i dati migliori delle stime non dureranno ancora per molto tempo ancora. In questo modo, lascerà aperta la porta all’aumento degli acquisti mensili dei bond attraverso il piano APP, a partire dal mese di marzo, quando il PEPP arriverà a scadenza”, ha commentato l’economista senior dell’area euro, David Powell.
La Bce dovrebbe riuscire insomma a frenare le aspettative dei mercati monetari, arrivati a prezzare un rialzo dei tassi da parte della Bce con una probabilità di ben il 100% (quindi con certezza) entro, addirittura, la fine del 2022.
Il compito di Lagarde non è semplice, visto che è alle prese con esponenti del Consiglio direttivo come l’olandese Klass Knot per l’appunto, ma anche come Madis Muller, numero uno della banca centrale dell’Estonia, che hanno manifestato una certa riluttanza di fronte all’ipotesi di preservare quella flessibilità straordinaria di cui la Bce si è fatta portatrice durante la crisi del Covid-19 e fino a oggi.
Altri, come il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, hanno invocato invece il permanere di quella flessibilità.
E c’è anche il governatore francese Francois Villeroy de Galhau, che ha detto di preferire una “opzione contingente”, che potrebbe essere attivata durante i periodi di turboleza di mercato.
Queta opzione-bazooka contingente, stando ad alcune fonti sentite da Bloomberg, è già allo studio della banca centrale.
La Bce dovrebbe “mantenere la flessibilità” anche dopo la fine della pandemia e “dobbiamo certamente discutere come mettere a punto i nostri programmi di acquisto”, ha detto dal canto suo Visco, intervistato da Bloomberg TV qualche giorno fa. Il numero uno di palazzo Koch ha anche parlato della possibilità che Francoforte aumenti il limite di acquisti di obbligazioni emesse dalla Ue con il Next Generation Eu.
Tornando alle previsioni degli economisti Andrew Kenningham di Capital Economics, si è così espresso, guardando già alla riunione di fine anno:
“La banca farà un riferimento esplicito al fatto che gli acquisti APP potrebbero essere utilizzati in modo più flessibile nel corso del tempo, se necessario per assicurare che la trasmissione del meccanismo di politica monetaria avvenga in modo fluido”.
Riguardo al meeting della prossima settimana, le aspettative sono invece alquanto contenute:
“Il prossimo meeting sarà una sorta di evento ponte – ha commentato Joerg Angele di Bantleon Bank – E’ stato già chiarito che non verranno prese altre decisioni importanti e che è il meeting di dicembre quello a cui guardare”.