Notizie Notizie Mondo Bce alle prese con nuovo shock inflazione Eurozona. Dilemma tassi: ‘Lagarde si è messa all’angolo da sola’

Bce alle prese con nuovo shock inflazione Eurozona. Dilemma tassi: ‘Lagarde si è messa all’angolo da sola’

2 Febbraio 2022 12:24

“Insistendo sul fatto che quest’anno non alzerà i tassi, la Bce si è messa all’angolo da sola“.

Con il dato sull’inflazione dell’area euro appena uscito, che ha indicato una fiammata dell’inflazione pari a ben +5,1% nel mese di gennaio, al nuovo record, viene da dare ragione ad Anatoli Annenkov, senior economist di Société Générale, che ha commentato la situazione in cui versa la banca centrale europea guidata da Christine Lagarde.

Alla vigilia della prima riunione del 2022 del Consiglio direttivo dell’Eurotower, il dato appena diramato rischia di allargare ancora di più le crepe che si sono aperte, nella Bce, sull’inflazione e sulla politica monetaria: crepe che sono state confermate, a dispetto delle rassicurazioni di Lagarde, dalle minute relative all’ultima riunione del 2021.

Nel mese di gennaio, stando a quanto riportato da Eurostat, l’indice dei prezzi al consumo dell’Eurozona è volato per l’appunto del 5,1%, prendendo in contropiede gli stessi mercati, visto che gli economisti avevano previsto piuttosto un rallentamento del tasso di inflazione al 4,4%, rispetto al 5% di dicembre.

A questo punto, Christine Lagarde continuerà a recitare il mantra dell”inflazione transitoria, insistendo ancora sul fatto che i tassi dell’area euro non saranno alzati nel corso del 2022 e continuando ad andare così contro le stesse aspettative dei mercati, (praticamente certi dell’avvento di una stretta monetaria entro la fine di quest’anno?

Oppure farà un dietrofront su quanto ha sempre sostenuto sulle dinamiche dei prezzi, rischiando così un’ammissione ancora più imbarazzante rispetto a quella del suo collega Jerome Powell, numero uno della Fed?

Gli economisti di Bloomberg Economics hanno già aggiornato le loro previsioni, ribadendo che un rialzo dei tassi, a loro avviso, continua a non far parte del loro scenario di base, ma anticipando di sei mesi il momento della prima stretta, prevedendola per il giugno del 2023.

Intanto è lo stesso mercato del forex a scommettere su una Bce costretta a diventare più hawkish visto che la pubblicazione del dato sull’inflazione ha scatenato subito i buy sull’euro, salito sul dollaro oltre quota $1,13, al record in una settimana.

Certo, l’attenzione degli investitori non è ‘solo’ sul rischio che la banca centrale sia costretta ad anticipare la road map sul rialzo dei tassi; a essere soppesate saranno anche le dichiarazioni che saranno proferite sul maxi bilancio della Bce, ingolfato di asset sulla scia di tutti i vari acquisti di bond (leggi anche BTP) effettuati da Francoforte nel corso degli anni. Un bilancio che vale la cifra astronomica di 8,6 trilioni di euro, e che viene messo in evidenza dal noto analista Holger Zschaepitz su Twitter, con un grafico.

L’economista scrive con il suo account @Schuldensuehner che “la Bce sta seguendo l’esempio del Giappone (Bank of Japan) in termini di espansione del bilancio”.

Tanto che “i suoi asset totali ora rappresentano l’82% del Pil dell’Eurozona, con il rapporto che è quasi raddoppiato” dall’avvento della crisi della pandemia Covid-19. Una conseguenza naturale, visti i bazooka di tutti i tipi che sono stati lanciati da Lagarde & Co, PEPP, o anche QE pandemico in primis.

In ogni caso, secondo François Rimeu, senior strategist di La Française AM, “il meeting del 3 febbraio (domani) è per la Banca Centrale Europea un incontro intermedio, in cui non saranno diffuse nuove previsioni economiche”.

Di conseguenza, “è improbabile che la Bce faccia annunci di rilievo”.

“Non ci aspettiamo cambi nella politica monetaria – continua Rimeu – cioè nulla che riguardi una nuova serie di operazioni di rifinanziamento a lungo termine per obiettivi (TLTRO) o per livello. Tutto questo ci sembra prematuro prima di giugno 2022”.

Detto questo, è possibile – o forse inevitabile – che Lagarde alla fine faccia la grande ammissione.

“Crediamo che la Presidente Lagarde riconoscerà che l’inflazione è in un trend al rialzo e da qui la necessità a marzo di rivedere in questa direzione le previsioni sull’inflazione per quest’anno. L’incertezza resta elevata, in particolare sull’inflazione a medio-lungo termine e sulle prospettive di crescita che riteniamo porteranno la Bce a rinviare qualsiasi annuncio significativo”.

Secondo lo strategist, in conclusione, potrà essere difficile per Lagarde “non suonare hawkish mentre le attese di inflazione stanno andando alle stelle per quest’anno”. Nonostante questo, la presidente della Bce, secondo La Française AM, “cercherà di respingere (ancora) senza successo le attese dei mercati per un decollo dei tassi”.

Occhio tra l’altro al trend dei tassi dei Bund tedeschi a 2 e 5 anni, quelli più sensibili ai tassi di interesse di riferimento per l’area euro, che sono balzati lunedì al ritmo più forte dal marzo del 2020, dunque dal periodo di inizio pandemia Covid; sempre lunedì i tassi dei Bund a 10 anni hanno riagguantato il territorio positivo per la seconda volta nel mese di gennaio, tornando a oscillare al di sopra della soglia dello zero per cento per la prima volta dal maggio del 2019.

Ieri, come fa notare Althea Spinozzi, strategist senior del mercato del reddito fisso di Saxo Bank, i tassi degli Schatz a due anni sono saliti inoltre per la prima volta dal 2015 al di sopra del tasso sui depositi della Bce, pari al -0,50%.

Ormai in Eurozona già si parla di fine imminente di quell’ era di tassi negativi che è stata introdotta dall’allora numero uno della Bce, ora presidente del Consiglio, Mario Draghi, vicina a compiere otto anni.

A tal proposito, un grafico riportato qualche settimana fa da un articolo del Financial Times mostra come il ritiro delle misure straordinarie di politica monetaria accomodante da parte delle banche centrali di tutto il mondo abbia portato il livello globale dei debiti che hanno un rendimento negativo a quota $10 trilioni per la prima volta dall’aprile del 2020, dopo il valore record di $18,4 trilioni testato alla fine del 2020.

L’ultima volta che la Bce ha alzato i tassi è stato più di 11 anni fa, nel 2011.

Per ora l’unica concessione che Lagarde sembra pronta a fare ai falchi riguarda il PEPP, ergo il QE pandemico che, come annunciato nell’ultima riunione di dicembre, si concluderà nel marzo di quest’anno.

Detto questo, l’ex direttrice dell’Fmi ha anche annunciato che gli acquisti che avvengono con il QE tradizionale APP saranno raddoppiati nel secondo trimestre del 2022.

Per la Bce, insomma, è ancora necessario un accomodamento monetario affinché l’inflazione si stabilizzi all’obiettivo di inflazione del 2% nel medio termine. Peccato che l’inflazione sia schizzata di oltre il 5% e che tutti, tra gli economisti intervistati da Bloomberg, avevano previsto, chi più chi meno, un rallentamento rispetto a dicembre, di certo non l’accelerazione che si è manifestata.

Il responsabile della divisione tassi e credito di Commerzbank Christopher Rieger ha commentato che, visto che la Bce “dovrà rivedere di nuovo al rialzo le proprie proiezioni sull’inflazione nel (prossimo) meeting di marzo, sarà difficile continuare a insistere che un aumento dei tassi sia ‘molto improbabile'”.

Certo, l’area euro non può essere paragonata agli Stati Uniti, ha ribadito più volte Christine Lagarde, e su questo nulla da obiettare.

Il punto è che i mercati monetari ormai scontano una stretta monetaria anche da parte dell’Eurotower nel corso dell’anno. Certo, non così presto come nel caso della Fed – le scommesse sono del primo rialzo dei tassi Usa dal 2018 nel meeting di marzo, e fino a cinque strette fino a fine 2022   -, e sicuramente non con la stessa intensità. Ma i mercati scommettono su una stretta di 25 punti base entro la fine dell’anno con una probabilità del 100% circa: dunque, con certezza.