Banca centrale Turchia, prosegue la purga di Erdogan: il ‘nemico dei tassi’ fa fuori tre esponenti
Lo disse nel 2016, lo ha confermato tante volte negli ultimi anni, lanciando una vera e propria purga contro quegli esponenti della banca centrale della Turchia che hanno osato contraddirlo: il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan è, come disse lui stesso, “nemico dei tassi di interesse”. E, sicuramente, nemico della banca centrale della Turchia, che si è trasformata in uno strumento di propaganda presidenziale, con la sua indipendenza messa ripetutamente sotto assedio dalla politica.
L’ennesimo attacco +è stato sferrato da Erdogan nelle prime ore della giornata di oggi, attraverso l’annuncio del licenziamento di tre esponenti della banca centrale.
Nella Gazzetta Ufficiale sono stati pubblicati i nomi: si tratta dei due vice presidenti della banca centrale, Semih Toman e Ugur Namik Koçek e di un esponente del Consiglio di politica monetaria, Abdullah Yavas: quest’ultimo è stato mandato via a meno di cinque mesi dalla sua nomina.
Contestualmente, è stata resa nota la decisione di nominare Taha Chanak per una delle due posizioni vacanti della vice presidenza, e Youssef Tuna come esponente del Consiglio di politica monetaria.
Immediata la reazione della lira turca, capitolata al valore minimo record nei confronti del dollaro per la terza sessione consecutiva, a quota 9,18 lire per dollaro Usa.
Continua dunque il bagno di sangue della valuta che, a causa della politica monetaria finita praticamente nelle mani del presidente turco, paga il prezzo di un’inflazione galoppante e il rifiuto di Erdogan di permettere che i tassi vengano alzati per porvi rimedio.
Tutt’altro: lo scorso mese, a conferma secondo diversi analisti delle interferenze di Erdogan, l’istituzione ha tagliato i tassi di riferimento di 100 punti base al 18%, dal 19% precedente, a fronte di un tasso di inflazione che sta sfiorando quasi il 20%.
Il taglio a sorpresa dei tassi è stato annunciato dall’attuale governatore dell’istituto, Sahap Kavcioglu, quarto timoniere della banca centrale dal 2019: i suoi tre predecessori sono stati tutti licenziati dal presidente turco, che non ha gradito il loro approccio di politica monetaria.
Secondo la comunità degli analisti, il taglio è stato deciso da Kavcioglu proprio per non scatenare l’ira di Erdogan, e per non fare di conseguenza la stessa fine degli altri banchieri centrali. Ma Kavcioglu una giustificazione professionale doveva pure darla: e così, la spiegazione si è incentrata sulla frase che sta accomunando diverse banche centrali, ovvero quella secondo cui il recente aumento delle pressioni inflazionistiche è stato provocato da fattori di natura transitoria.
La banca ha aggiunto anche l’importanza di non considerare l’incidenza che gli shock che stanno colpendo la catena di offerta hanno negli aumenti dei prezzi, e di concentrarsi piuttosto “sugli sviluppi dell’inflazione core”.
“La mossa rimane scioccante, così come conferma la reazione iniziale negativa del mercato – aveva sottolineato Piotr Matys, analista del forex senior presso InTouch Capital Markets, subito dopo l’annuncio del taglio dei tassi – Iniziare un ciclo di allentamenti monetari in un momento in cui l’inflazione si avvia a concludere l’anno ben al di sopra delle stime ufficiali, e giustificarla con il rallentamento dei numeri core è una mossa molto rischiosa, che potrebbe rivelarsi controproducente, visto che una lira più debole provocherà conseguenze inflazionistiche”.
In ogni caso, è durato veramente poco lo scatto di orgoglio dell’attuale governatore della banca centrale: nominato a marzo dopo il siluramento del precedessore Naci Agbal, che si era azzardato ad alzare i tassi al 19%, Kavcioglu aveva osato umiliare Erdogan, dicendo che un taglio dei tassi sarebbe stato tutto fuorché garantito, e aggiungendo che avrebbe monitorato il trend del tasso repo a una settimana, adottando così lo stesso strumento di Agbal per prendere le proprie decisioni di politica monetaria. Quello scatto di orgoglio ha avuto una vita decisamente breve, visto che il banchiere si è poi allineato ai desiderata del presidente.
Da segnalare che la scorsa settimana l’Istituto turco di statistica Turkish Statistical Institute (TÜİK) ha diramato i dati sull’inflazione misurata dall’indice dei prezzi al consumo: il dato di settembre è salito del 19,58% su base annua rispetto al 19,24% di agosto, lievemente inferiore al consensus degli analisti, che aveva previsto un rialzo del 19,69%. Su base mensile, l’inflazione è avanzata dell’1,25%. L’impennata ha interessato soprattutto i prezzi dei beni alimentari e delle bevanze non alcoliche, che sono schizzati (su base annua) del 28,79%; boom anche per i prezzi degli articoli di arredamento e per la casa, volati del 23,7%. Sono saliti anche i prezzi dei locali, dei ristoranti e degli hotel. Ma Kavcioglu ha così commentato il dato:
“Crediamo che i fattori temporanei che stanno condizionando l’outlook sull’inflazione si indeboliranno nel breve termine e che l’inflazione inizierà a scendere nell’ultimo trimestre”.
Stando al piano economico di medio termine che la Turchia ha annunciato a settembre, l’inflazione è prevista scendere in particolare al 16,2% entro la fine dell’anno, per poi calare al 9,8% entro la fine del 2022, e scivolare per la fine del 2023 e del 2024 rispettivamente all’8% e al 7,6%.
Intanto, tornando alla cronaca delle ultime ore, va detto che tra i licenziati spicca il nome di Ugur Namik Kucuk, che non per niente è stato l’unico esponente della Commissione di politica monetaria composta da otto membri ad opporsi al taglio dei tassi avvenuto il mese scorso.
“E’ stato quello che ha votato contro la decisione sui tassi di interesse. E’ un peccato per lui e per il paese”, ha commentato un banchiere operativo a Istanbul, stando a quanto riporta il Financial Times.