Atlantia: Benetton disposti a cedere controllo Autostrade ma a condizioni ben precise. Maggioranza a CdP e F2i
Scendere al di sotto della soglia del 50% in Autostrade per scongiurare la revoca. L’ipotesi che più volte, negli ultimi mesi, si è messa in evidenza tra i vari rumor relativi al dossier revoca concessioni/ revoca concessioni no, sarebbe ora più concreta. Stando alle indiscrezioni riportate dal Sole 24 Ore la famiglia Benetton sarebbe pronta a scrivere la parola fine alla saga Autostrade-Atlantia- governo e rinunciare al controllo di ASPI.
Vale la pena ricordare che i Benetton, attraverso Edizione, controllano il 30% di Atlantia, che a sua volta detiene una partecipazione pari all’88% nel capitale di Autostrade. A scendere dovrebbe essere dunque Atlantia: una discesa importante, dall’88% a una soglia addirittura inferiore al 50%.
Scrive l’Huffington Post: “fino ad adesso si era ragionato sulla possibilità di diluire la quota fino a scendere al massimo al 51%, in modo da tenere in mano la barra del comando. Il cambio di passo è nella nuova disponibilità ad andare sotto la quota di controllo“.
Nella sua nota odierna Equita riporta quanto emerge da un articolo de Il Sole 24 Ore:
“Nell’incontro al ministero di ieri (Mit) sarebbe emersa dal governo la richiesta della piena applicazione del nuovo sistema tariffario ‘RAB based’ e maggiori compensazioni. Atlantia dovrà presentare una proposta entro domenica, che sarà discussa al Consiglio dei Ministri di lunedì”.
Proprio nella giornata di ieri è arrivato insomma l’ultimatum (l’ennesimo) dell’esecutivo guidato da Giuseppe Conte ad Autostrade: Aspi presenti una nuova proposta entro il week end o sarà revoca. Secondo alcune fonti, ciò che il governo chiede ad Autostrade è di formulare una proposta sulle tariffe, sulle sanzioni in caso di inadempimento alle manutenzioni e, per l’appunto, sulla manutenzione e i controlli. Si attendono proposte anche sul fronte delle risorse compensative.
Il nodo delle tariffe, in particolare, è presente da molto tempo, tanto che, di recente, il Corriere della Sera aveva riportato che, tra i desiderata del governo, c’era “un taglio delle tariffe del 5% per 5 anni o per tutta la concessione”. Peccato che per Atlantia una soluzione del genere non sarebbe finanziariamente sostenibile, “visto che finirebbe per azzerare gli investimenti promessi per 14,5 miliardi”. Detto questo, “su questo il compromesso potrebbe essere costruito in due modi – scriveva il Corriere – Nel primo le tariffe potrebbero essere ridotte sì, ma non per tutto l’orizzonte della concessione. Nel secondo la riduzione del 5% potrebbe essere digerita spalmando la concessione oltre il 2038”.
BENETTON DISPOSTI A CEDERE IL CONTROLLO DI ASPI
“Rimarrebbero divergenze politiche nel governo”, si legge nella nota di Equita che riporta anche quanto reso noto nelle ultime ore da altri organi di stampa:
” Secondo Il Fatto Quotidiano il nodo sarebbe la valutazione di ASPI, che per Atlantia varrebbe 14 miliardi, mentre per il governo non più della metà. L’obiettivo del PD sarebbe di ottenere le condizioni più vantaggiose possibile (compensazioni da 3 miliardi, manutenzioni, ecc.) e ridurre la quota di Atlantia in ASPI al 40%. Il M5S si sarebbe invece unito sulla linea della revoca. Il Fatto non esclude anche la revoca parziale della concessione come soluzione temporanea. Secondo il Sole il controllo di ASPI non sarebbe più un tema per Atlantia e potrebbe avvenire con un aumento di capitale. Atlantia non incasserebbe nulla, ma ASPI sarebbe ricapitalizzata e migliorerebbe il proprio rating”.
Ma quali sarebbero i soggetti chiamati a questa operazione di aumento di capitale?
“I fondi F2i e CDP sarebbero gli interlocutori adeguati – scrive ancora Equita – Nel caso di una soluzione con aumento di capitale che porti Atlantia in minoranza gli elementi da considerare sarebbero: 1- il valore di ASPI pre- money in seguito al nuovo sistema tariffario ed alle compensazioni negoziate col governo; 2- il miglioramento del rating della società post aumento di capitale e quale sarà la quota residua di Atlantia in ASPI; 3- Come Atlantia affronterà la riduzione del debito nella holding (circa 5 miliardi di debiti netti) in una fase in cui i suoi assets non sono facilmente monetizzabili per gli effetti del Covid-19. La società sta cedendo una quota di minoranza di Telepass (potenziale incasso 0,7-0,8 miliardi secondo la stampa)”.
“Con questa soluzione – si legge nella nota di Equita – ci attenderemmo che il rating di ASPI torni ad investment grade. Il titolo sta scontando una valutazione pre-money di ASPI di circa 5,5 miliardi”.
Tornando a come la famiglia Benetton vorrebbe risolvere una volta per tutte la situazione, senza incappare nell’onta della revoca della concessione, il Sole 24 Ore scrive che l’apertura verso l’opzione della discesa del capitale sarebbe subordinata a uno “schema preciso: innanzitutto mettendo in pista un aumento di capitale; inoltre che il socio o i soci che eventualmente faranno capolino nell’azionariato abbiano le spalle finanziariamente larghe e infine che ci sia piena condivisione rispetto all’ambizioso piano di investimenti da 14 miliardi messo a punto da Autostrade, o quantomeno che ci sia accordo unanime sulla necessità di dare una forte spinta agli interventi sulla rete”.
La nuova Aspi finirebbe per essere controllata, in base a questo schema, da Cassa depositi e prestiti e da F2i: sarebbero questi attori ‘statali’ a detenere alla fine la sua quota di maggioranza.
AUTOSTRADE: DI BATTISTA TORNA A INVOCARE LA NAZIONALIZZAZIONE
Come riporta La Repubblica oggi, una nazionalizzazione di Autostrade è stata tra l’altro auspicata da più parti, e non solo dal rappresentante dell’ala più oltranzista del M5S, ovvero da Alessandro Di Battista, che ieri è tornato a invocare proprio «la nazionalizzazione che il Movimento chiede da due anni”. Precisando che “non sarebbe una vendetta, ma un dovere di autotutela nell’interesse del popolo».
“Per la prima volta – ha fatto notare di fatto il quotidiano – anche il PD si è espresso esplicitamente, laddove ha sbandierato la minaccia della revoca, affermando che “il governo ha il diritto di valutare la possibilità di una revoca o di una radicale revisione delle concessioni”, stando a quanto ha detto Roberto Morassut. Eppure la revoca della concessione sancirebbe alla fine il disastro perfetto.
Scrive ancora La Repubblica, ricordando l’articolo 35 del Milleproproghe che, “stabilendo un indennizzo di 7 miliardi (invece che di 23), in caso di revoca della concessione” la valutazione di Aspi verrebbe abbattuta. “La norma ha già provocato la caduta del rating di Atlantia che oggi non ha più accesso al mercato dei capitali. Lo spettro della revoca ha spaventato gli investitori tanto che ieri il titolo Atlantia in Borsa è crollato dell’8,3%. E con la revoca andrebbero in fallimento sia Aspi con i suoi 9,3 miliardi di debiti, sia Atlantia, con altri 9 miliardi di debiti. Un disastro peggio della Parmalat la cui colpa ricadrebbe tutta sul governo Conte”.
ASPI è in tutto questo alle prese con più di una gatta da pelare. Tanto che è stata costretta a diramare una nota in cui ha fatto sapere che il suo amministratore delegato “Roberto Tomasi non aveva competenze sulle barriere fono-assorbenti, ma partecipava al Comitato Grandi Opere per altri progetti”. Così, in risposta ad alcuni articoli che hanno fatto riferimento a una indagine sulle barriere fono-assorbenti, che vedrebbe Tomasi indagato per attentato alla sicurezza e frode nelle forniture, dopo l’esposto presentato dal presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Insomma, l’AD Tomasi avrebbe chiarito tutto.
Dal canto suo, in una intervista rilasciata a La Stampa, Toti ha confermato quanto preannunciato ieri, ovvero che, “a questo punto non ci resta che procedere per vie legali”, dunque fare causa al Governo per i disagi di questi giorni sulle autostrade liguri. “Parliamo di danni d’immagine immensi – ha sottolineato- al turismo, ai porti. Miliardi di euro“.