BTP venduti da banche italiane? Per l’esperto No Problem: Italia troppo grande per fallire, scommettere al ribasso è perdita di tempo
BTP e in generale bond italiani: attraenti o da evitare assolutamente in vista delle elezioni politiche del prossimo 4 marzo?
Per Nick Gartside, chief investment officer di JP Morgan Asset Management, così come ha confermato lui stesso a metà gennaio in un’intervista a Reuters, “le elezioni italiane offrono un’opportunità di acquisto”.
Anche perchè, se si fa un passo indietro e si guarda da una certa distanza alla salute dell’economia italiana, e all’economia della zona euro in generale, il debito pubblico italiano risulta attraente”.
Anche molti altri gestori sembrano intenzionati a posizionarsi – e/o comunque lo stanno già facendo – sui titoli di debito pubblico.
Forse anche per questo, investitori e trader sono rimasti piuttosto scossi dal report di Jefferies, diffuso la scorsa settimana, secondo cui chi starebbe vendendo BTP sarebbero….le stesse banche italiane, che praticamente li starebbero rifilando alla Bce.
Jefferies ha fatto notare di fatto che, nel mese di dicembre, gli istituti hanno ridotto di fatto le loro partecipazioni nel debito sovrano italiano di ben 12,6 miliardi di euro, e di 40 miliardi di euro (il 10,5% del debito outstanding) nell’intero quarto trimestre del 2017.
La vendita di BTP dalle banche italiane alla Bce sembra essere diventata inoltre un fenomeno cronico visto che, dall’inizio del Quantitative easing inaugurato da Mario Draghi, il valore dei bond sovrani italiani, oggetto del passaggio di proprietà dalle banche italiane alla Banca centrale europea, è ammontato a ben 100 miliardi di euro.
Marchel Alexandrovich di Jefferies ha avvertito:
“La mossa delle banche, negli ultimi mesi, è senza precedenti, in netto contrasto con quanto sta accadendo in Portogallo”.
Ma allora, cosa fare con i BTP se le banche italiane li stanno scaricando?
Sicuramente, dal mercato secondario, non sembra arrivare per ora nessun segnale di allarme.
C’è da dire tuttavia che il fatto che il differenziale tra i tassi dei BTP e quelli dei Bund tedeschi sia in condizione di equilibrio è soprattutto perchè i rendimenti dei titoli di stato tedeschi sono stati imteressati – a fronte dei violenti sell off che hanno colpito i bond di tutto il mondo – da una forte impennata. Anche i BTP sono finiti nel mirino delle vendite, tanto che i tassi sui BTP decennali viaggiano al di sopra della soglia del 2%. Ma l’aumento dei tassi è stato controbilanciato dall’aumento dei tassi sui Bund, con il risultato che lo spread si è stabilizzato.
Proprio un articolo del Telegraph, pur nel ricordare la view di JP Morgan Asset Management, secondo cui il debito italiano sarebbe sottovalutato e sarebbe “una opportunità di acquisto”, sottolinea anche che le preoccupazioni sulla stabilità di lungo termine del debito sovrano italiano comunque persistono.
Viene citata l’opinione di Claus Vitisen di Pantheon Macroeconomics, che ritiene che i bond italiani saranno venduti con l’avvicinarsi delle elezioni. Vitisen è tuttavia anche dell’idea che “l’ampia liquidità domestica suggerisce che la debolezza durerà poco”.
CTra i cautamente ottimisti c’è poi Nicolas Shapiro, socio di Lauressa Advisory, che va ancora più in là, affermando che “la pressione sui mercati dei bond potrà anche intensificarsi nei prossimi giorni e settimane, ma le scommesse al ribasso contro la Cina e l’Italia sono solo una perdita di tempo“. (avvertendo così anche chi sta scommettendo contro i bond cinesi).
Shapiro sostiene che, “così come ha rivelato la crisi dell’Eurozona, scommettere contro l’Italia significa scommettere contro l’Eurozona, in particolare contro la Bce. L’Italia è la terza economia dell’Europa e uno dei mercati dei bond governativi più attivo nel trading”. Ciò rende il paese, secondo l’esperto, “troppo grande per fallire”. Troppo grandi per fallire sarebbero dunque anche i suoi bond.
“Sicuramente la fine del Quantitative easing (della Bce) metterà sotto pressione il debito italiano – aggiunge – ma la Bce non permetterà che l’Italia venga colpita da ulteriori turbolenze che possano mettere in pericolo il resto dell’Eurozona. Gli investitori lo sanno, e questa è una delle regioni per cui l’Italia è stata capace di attrarre più di 30 miliardi di euro di ordini per la vendita di bond a 20 anni, all’inizio di quest’anno”.
E intanto, in vista delle elezioni politiche italiane anche M&G Investments, che tipicamente investe solo in governativi “core” sta guardando ai BTP. E’ quanto riporta Reuters, che ha intervistato Manuel Pozzi, Investment Director di M&G Investments.
Pozzi afferma che i bond italiani presentano un “valore relativo” e sottolinea l’importanza di diversificare sull’Italia.
“Investiamo anche su Btp in valuta, privilegiando le scadenze più lunghe, dal 10 anni in poi, andando a coprire il rischio tasso”.
Ancora:
“I corporate bond li conosciamo meglio: anche nel caso peggiore di fallimento di un’azienda sappiamo esattamente come recuperare il massimo dell’investimento”.
A fine dicembre il fondo M&G Optimal Income aveva il 5,9% in bond italiani, di cui 3,6% in Btp e Btp in valuta su scadenze medio-lunghe e lunghe. Nello specifico Opti ha comprato due bond Italy emessi in sterline: in sostanza rispetto ai Btp il rischio emittente è lo stesso, “ma la legislazione a cui fare riferimento in caso di default è differente”, spiega Pozzi a Reuters.
Il fondo M&G Income Allocation è invece investito per quasi il 7% in Btp a 30 anni. Una posizione costruita a inizio giugno 2015 con un iniziale 2%, che ha poi oscillato tra il 3% e il 4% fino a metà marzo 2017, quando si è passati al 5% e, successivamente, al 7% il 20 giugno 2017.
Pozzi motiva la scelta citando il contesto italiano particolarmente benigno, sulla scia del miglioramento dei fondamentali economici e grazie al sostegno della Banca centrale europea.
“Siamo inoltre alla finestra per vedere se la volatilità, che potrebbe aumentare di qui al 4 marzo, possa generare delle occasioni di acquisto”.
Insomma, tra gli orsi e i tori sui BTP, forse i secondi stanno avendo stavolta davvero la meglio.