Panico a Hong Kong: dollaro HK precipita a minimo 33 anni, effetto Fed e carry trade
“Restate calmi”, i vostri soldi sono al sicuro. L’autorità monetaria di Hong Kong HKMA è intervenuta per rassicurare i mercati e i cittadini, ma la situazione è allarmante: il dollaro di Hong Kong è precipitato infatti al minimo in 33 anni, complici le operazioni di carry trade.
Le rassicurazioni di Norman Chan, numero uno della Hong Kong Monetary Authority non hanno sortito il loro effetto. Tutt’altro: la moneta ha continuato a precipitare, avvicinandosi al livello più basso della banda di oscillazione del peg (il dollaro di Hong Kong è agganciato al dollaro Usa a un tasso di cambio di 7,85 per dollaro).
Chan ha proseguito imperterrito, affermando che tale situazione non dovrebbe alimentare alcun timore, visto che, nel caso in cui la moneta scivolasse fino a 7,85 verso il dollaro Usa, l’autorità monetaria interverebbe per “assicurarsi che il cambio non scenda sotto la soglia di 7,85”.
In base alla legislazione vigente, la HKMA ha, di fatto, il mandato di vendere dollari Usa in corrispondenza di un valore del cambio a HK$7,85, quando necessario, al fine di proteggere il peg.
Tuttavia, a dispetto delle rassicurazioni di Chan, la preoccupazione per un’accelerazione della fuga degli investitori dalla valuta aumenta. Da segnalare che il dollaro di Hong Kong è sostenuto da un Exchange Fund, che si mette in evidenza per essere uno dei principali bacini di riserve valutarie al mondo.
Il fondo, del valore di HK$4 trilioni (l’equivalente di $513,5 miliardi), è stato creato proprio per proteggere il valore della moneta, ed effettua anche investimenti, tanto che nel 2017 ha riportato utili per un valore record di HK$252 miliardi.
Ma, a questo punto, visto che lo scudo per proteggere la valuta è in buone condizioni di salute, chi sta affossando le sue quotazioni?
La risposta, fa notare un articolo di SCMP, è la seguente: la Federal Reserve e, più nello specifico, il carry trade, ovvero quelle operazioni di arbitraggio e strategie con cui gli investitori vendono una certa valuta caratterizzata da bassi tassi di interesse, e utilizzano successivamente i fondi per acquistare un’altra valuta caratterizzata da tassi di interesse più elevati. In questo modo, i trader guadagnano la differenza tra i due tassi.
Per comprendere meglio il carry trade, è indicativo un esempio riportato da Investopedia:
Poniamo il caso che un trader noti che i tassi di interesse in Giappone sono pari allo 0,5%, rispetto al 4% (ipotetico anche questo), negli Stati Uniti. Ciò significa che il trader prevede di fare profitto sulla differenza tra i tassi, pari al 3,5%.
Il primo passo che il trader farà sarà quello di prendere a prestito yen e convertirli in dollari. Il secondo passo è di investire quei dollari in uno strumento finanziario che assicuri il rendimento Usa.
Poniamo che il cambio attuale del dollaro sullo yen sia pari a JPY 115, e che il trader prenda a prestito 50 milioni di yen.
Una volta effettuata la conversione, l’ammontare che il trader avrà sarà pari a 50 milioni di yen/115: $434.782,61.
Effettuando poi l’investimento al tasso Usa del 4%, dopo un anno il trader avrà $434.782,61 x (1 + 4%) = $452.173,91.
A questo punto, il trader deve restituire i 50 milioni presi a prestito più lo 0,5% degli interessi sul totale, ovvero 50 milioni di yen + (50 milioni di yen x (1 + 0.5%)) = 50,25 milioni di yen.
Supponendo che il tasso di cambio rimanga lo stesso e che dunque a fine anno si confermi a JPY 115, l’ammontare che il trader deve in dollari Usa è:
50,25 milioni di yen/115 = $436.956,52.
La conclusione è che il trader guadagnerà alla fine $452.173,91 (ammontare ricevuto con l’investimento) – $436.956,52 (ammontare dovuto), ovvero $15.217,39.
Ora, visto che la Federal Reserve continua nel suo percorso di strette monetarie, gli investitori stanno puntando sempre più sul carry trade, aumentando gli investimenti in dollari, visto che i rendimenti degli asset denominati in dollari, per effetto dei rialzi dei tassi, stanno salendo. Ciò va a detrimento di altre monete, come in questo caso il dollaro di Hong Kong, se si considera anche che lo spread tra l’HIBOR a tre mesi e il LIBOR equivalente degli Stati Uniti ha toccato il record dal 2008.