Wall Street cauta, siluramento Tillerson affosserà accordo nucleare Iran? Occhio a petrolio anche per Opec
Lo S&P 500 riagguanta la soglia dei 2.800 punti per la prima volta dagli inizi di febbraio: a Wall Street, all’inizio della giornata di contrattazioni, il sentiment appare positivo, a dispetto della notizia del siluramento di Rex Tillerson dalla sua posizione di segretario di Stato Usa.
I rumor sono stati confermati dallo stesso Donald Trump che, con un tweet, ha scritto che il posto di Tillerson sarà preso dall’attuale numero uno della Cia, Mike Pompeo.
Più che a Tillerson, nelle prime battute della seduta i mercati guardano al trend dell’indice dei prezzi al consumo degli Stati Uniti, con gli investitori che tirano un sospiro di sollievo. Il trend delle pressioni inflazionistiche rimane infatti ben sotto controllo, e quello dei salari si conferma addirittura piatto.
Su base mensile, il dato rallenta anche il passo, dopo il +0,5% di gennaio: è vero comunque che i prezzi delle abitazioni, degli articoli di abbigliamento e assicurazione auto sono avanzati per il secondo mese consecutivo.
A Wall Street, è il fattore inflazione che sembra confermarsi principale market mover, smorzando i timori su ulteriori strette monetarie da parte della Federal Reserve.
Successivamente, analisti e trader iniziano a riflettere sulle implicazioni geopolitiche del licenziamento di Tillerson. I prezzi del petrolio salgono, con quelli scambiati a New York che superano ampiamente la soglia di $65 al barile, scontando il rischio che l’accordo sul nucleare siglato tra l’Iran e la precedente amministrazione Usa di Barack Obama abbia i giorni contati.
Come afferma in un’intervista Phil Flynn, analista senior dei mercati presso Price Futures Group, “ora che Tillerson se ne è andato, aumentano le probabilità che l’accordo con l’Iran venga affossato. E ciò aumenta il rischio geopolitico di sanzioni sull’Iran e di conseguenza i prezzi del petrolio”.
Le quotazioni del petrolio tornano però poi a puntare verso il basso: sullo sfondo, le opinioni divergenti in seno all’Opec.
Come ha riportato il Wall Street Journal qualche ora fa, la disputa – che vede protagonisti soprattutto l’Iran e l’Arabia Saudita – riguarda il prezzo a cui il cartello dovrebbe tendere.
Secondo l’Iran, l’Opec non dovrebbe sostenere i prezzi al rialzo in modo eccessivo, in quanto ciò scatenerebbe una maggiore produzione da parte dei produttori di gas di scisto negli Stati Uniti. Mentre l’Arabia Saudita, in vista dell’Ipo – che sarebbe anche a rischio – di Saudi Aramco, ha tutto l’interesse a spingere in alto le quotazioni del greggio verso quota $70, secondo indiscrezioni vicine al regno.
Alle 16.40 circa ora di New York, il contratto WTI Crude scambiato sul Nymex cede -1,58% a $60,39, mentre il Brent arretra di -1,19% a $64,18 al barile.