Facebook: tonfo del titolo dopo lo scandalo Cambridge Analytica, coinvolte 50 milioni di persone
Rosso di oltre 5 punti percentuali, o se preferite 30 miliardi di capitalizzazione, per il titolo Facebook a seguito dello scoppio dello scandalo Cambridge Analytica. Con un post sul blog ufficiale del colosso di Menlo Park, il vice presidente Paul Grewal ha annunciato di aver sospeso gli account di Strategic Communication Laboratories e della sua divisione che si occupa di analisi politiche, Cambridge Analytica, a causa della violazione della policy in tema di trattamento dei dati personali.
Stando alla ricostruzione fatta da FB, Cambridge Analytica nel 2015 ha ottenuto i dati di migliaia di utenti tramite un’applicazione chiamata “thisisyourdigitallife”. I circa 270 mila utenti che hanno effettuato il download dell’applicazione, che si presentava come strumento per ricerche psicologiche (prometteva di indovinare alcuni aspetti della personalità degli utenti), hanno consentito l’accesso ai propri dati da parte dell’app ideata da Aleksandr Kogan. La possibilità concessa all’app di conoscere anche le informazioni sugli amici, ha permesso, secondo la ricostruzione del Guardian, di ottenne informazioni su 50 milioni di persone.
La violazione è avvenuta quando Kogan ha deciso di condividere queste informazioni con Cambridge Analytica (è vietato condividere informazioni personali sugli utenti con terze parti). “Nel 2015 siamo venuti a conoscenza che un professore di psicologia dell’Università di Cambridge, Aleksandr Kogan, ha violato le nostre Policies trasferendo dati acquisiti tramite un app che utilizzava il Facebook Login a SCL/Cambridge Analytica”.
“Fondamentalmente, non c’è molta differenza tra convincere una persona a votare un partito o a persuaderlo a cambiare marca di dentifricio”, ha detto in una recente intervista il Vice presidente della web agency londinese, Richard Robinson. Cambridge Analytica è la società che si è occupata di parte dell’ultima campagna elettorale di Trump e il suo fondatore, Robert Mercer, è da sempre sostenitore dell’attuale inquilino della Casa Bianca (nel board della società sedeva anche un certo Stephen Bannon).