La Bce di Lagarde non mollerà i BTP. In arrivo un nuovo bazooka salva euro ed Italia
La Bce di Christine Lagarde non abbassa la guardia: priorità, combattere le continue fiammate dell’inflazione che assediano l’area euro, ma non a costo di scatenare una crisi dei debiti sovrani bis.
L’FT parla di un piano anti-stress a cui la banca centrale europea starebbe lavorando: una sorta di scudo anti-spread, da utilizzare per blindare – ancora – soprattutto i BTP e i titoli di stato emessi da altri paesi dell’Eurozona, che sono -tuttora- a rischio.
Della possibilità di un nuovo bazooka in arrivo parla un articolo del Financial Times, ricordando l’appuntamento della riunione del Consiglio direttivo dell’Eurotower, che si terrà ad Amsterdam nelle giornate di mercoledì 8 e giovedì, 9 giugno.
Giovedì dovrebbero arrivare sia l’annuncio relativo alla fine dell’APP (programma di quantitative easing tradizionale, con cui la Bce ha fatto acquisti di titoli di stato negli ultimi anni) che, molto probabilmente, l’anticipazione del primo rialzo dei tassi in più di 10 anni, in Eurozona, previsto per il mese di luglio.
Il ciclo di normalizzazione dei tassi peggiorato con la guerra tra Russia e Ucraina, che anche la Bce è costretta a lanciare a causa del boom delle pressioni inflazionistiche, non si accompagnerà tuttavia alla fine delle misure a sostegno di BTP & Co.
Il rischio è troppo alto, come dimostrano già i forti smobilizzi sulla carta italiana e dell’area euro delle ultime settimane: oggi i tassi sui BTP a dieci anni fanno dietrofront proprio sulla scia delle indiscrezioni dell’FT, relative all’arrivo di un nuovo bazooka pro-debiti sovrani.
Ma i rendimenti decennali dei BTP rimangono ben al di sopra della soglia del 3%, scendendo a un valore che rimane ostinatamente alto, attorno al 3,3%.
Lo spread BTP-Bund a 10 anni si aggira attorno a 207 punti base, dopo essere schizzato fino a 214 la scorsa settimana, al record dai tempi dei sell off che si abbatterono sui titoli di stato del Sud Europa all’inizio della pandemia Covid, nel 2020.
L’FT scrive:
“La Banca centrale europea è orientata questa settimana a rafforzare il suo impegno a supportare i mercati dei debiti dei paesi vulnerabili dell’Eurozona, nel caso in cui vengano colpiti da un sell-off, mentre si prepara ad alzare i tassi per la prima volta in più di un decennio. La gran parte dei 25 esponenti del Consiglio direttivo dovrebbe sostenere una proposta volta a creare un nuovo programma di acquisti di bond, in caso di necessità, per impedire che i costi di finanziamento di paesi membri come l’Italia vadano fuori controllo”.
L’FT parla di indiscrezioni riportate da diverse fonti vicine al dossier, ricordando inoltre che, “anche senza un nuovo schema, la Bce dispone di un ammontare aggiuntivo di €200 miliardi che può spendere acquistando debiti governativi sotto stress, nell’ambito del suo programma esistente di acquisti di bond”.
In particolare, quei €200 miliardi arriverebbero prolungando i reinvestimenti dei titoli arrivati a scadenza fino a un anno.
Di certo, in seno al Consiglio direttivo non si può parlare di visione unanime sul da farsi: alcuni banchieri vorrebbero che gli acquisti di BTP & Co terminassero anche dopodomani, ben prima della scadenza prevista per il QE tradizionale (APP) , alla fine di giugno. Gli stessi riconoscono tuttavia che solo una piccola minoranza potrebbe dare il proprio sostegno a questo piano hawkish.
Ovviamente, le decisioni più o meno da falco – e per lo stesso motivo, più o meno da colomba – che verranno prese dalla Bce avranno ripercussioni anche sulle banche, come fa notare un commento di Equita:
“Secondo quanto riportato dal Financial Times, la Bce sarebbe pronta ad intervenire a protezione del debito dei paesi periferici dell’Eurozona qualora questo fosse soggetto ad un forte rialzo dello spread nei prossimi mesi. Non é la prima volta che si torna a parlare di uno schema di protezione Bce sul debito pubblico dei paesi europei, specialmente a seguito del termine del programma APP previsto a fine giugno e alle aspettative di un rialzo dei tassi da parte della Bce a partire da luglio. Ricordiamo che la conclusione dell’APP non implicherà immediatamente una contrazione del bilancio Bce, che invece reinvestirà l’ammontare dai titoli di stato in scadenza”.
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La SIM milanese fa il punto della situazione, ricordando che “le tensioni sull’economia, combinate con i) l’aspettativa del venire meno dello scudo Bce e del rialzo dei tassi e ii) l’emergere di nuove turbolenze sul fronte politico, hanno portato nell’ultima settimana ad un rialzo dello spread BTP-Bund di 19 punti base a 213 punti base“.
Di conseguenza, “l’introduzione di un nuovo schema Bce che possa mitigare l’impatto sullo spread del termine dell’APP e del rialzo dei tassi sarebbe una notizia positiva per il settore bancario. Sebbene le banche sotto nostra copertura abbiano classificato la maggior parte dei titoli di stato in bilancio al costo ammortizzato (57% del totale), uno shock sul fronte spread ha storicamente penalizzato il settore. Ricordiamo che l’esposizione media dei titoli governativi rapportata al CET1 delle banche si attestava al primo trimestre del 2022 in area 110%, tuttavia con valori molto eterogenei (dal 76% di Intesa SanPaolo a oltre il 250% di Popolare di Sondrio e Mps).
Si riparla insomma del caso doom loop, ovvero di abbraccio mortale tra le banche e quei titoli di stato del rispettivo paese (in questo caso BTP) che le banche stesse hanno acquistato, e che sono dunque parcheggiati nei loro bilanci.
L’Ft ricorda che Christine Lagarde & Co sono sotto pressione, in quanto la Bce rimane indietro rispetto alle strette monetarie già avviate dalla Federal Reserve di Jerome Powell e dalla Bank of England.
Allo stesso tempo molti falchi del Consiglio hanno ammesso che, “al fine di alzare i tassi in modo più aggressivo, è necessario che maggiore supporto venga assicurato ai mercati dei bond”.
Le attese su cosa si appresta a fare la Bce sono di un aumento dei tassi almeno 25 punti base nel meeting di politica monetaria atteso per il prossimo 21 luglio.
Il rialzo interesserà il tasso sui depositi, che è pari al -0,50% e che conferma come la Bce sia rimasta fedele per diversi anni (secondo i critici per troppi anni) a una politica monetaria caratterizzata dai tassi negativi.
Viene ricordato anche che l’indice dei prezzi al consumo dell’area euro è schizzato a maggio dell’8,1% su base annua, valore quadruplo rispetto al target dell’inflazione della Bce, pari al 2% e quasi il doppio rfispetto al precedente record (dell’inflazione) , messo a segno dalla nascita dell’euro, nel 1999.
Il boom delle pressioni inflazionistiche, continua l’Ft, ha costretto i governi a versare sussidi, al fine di smorzare l’impatto dei prezzi più alti dell’energia e dei beni alimentare sui budget delle famiglie. Tutto ciò, nel caso specifico dell’Italia, ha riposizionato al centro dell’attenzione l’annoso problema del debito pubblico, facendo risalire alla ribalta la questione della patrimoniale.
Su un punto analisti, economisti e altri esperti sembrano essere concordi: la lotta all’inflazione non può avvenire a costo di innescare nuove turbolenze sul mercato dei debiti sovrani, in realtà già presenti.
Di qui, l’idea di un salvagente per i BTP e, dunque, anche per le banche che li possiedono nei loro bilanci.
Certo, la minaccia hawkish rimane dietro l’angolo, se si considera il commento di Carsten Brzeski, responsabile della divisione di ricerca macro di ING. Intervistato dall’Ft, Brzeski ha avvertito che, se la Bce decidesse di anticipare la fine degli acquisti di bond sovrani di qualche settimana, sui mercati piomberebbe una “chiara sorpresa hawkish” che potrebbe aprire la porta anche alla possibilità che i tassi dell’area euro vengano alzati prima della riunione del 21 luglio prossimo.
In questo contesto, l’FT presenta i dati relativi agli acquisti di titoli di stato effettati dalla Bce in questi ultimi anni:
si tratta di un valore superiore a €4,9 trilioni di bond, per un totale superiore di più di un terzo del Pil dell’area euro, da quando il programma è stato lanciato nel 2014 per salvare l’Eurozona da due minacce: la crisi dei debiti sovrani e la deflazione. Il piano porta la firma dell’ex presidente della Bce e attuale presidente del Consiglio Mario Draghi.
Così si legge nella nota giornaliera dedicata ai mercati di Mps Capital Services:
“L’articolo di FT sta portando stamattina ad un calo dei tassi di rendimento dei paesi periferici, con lo spread BTP-Bund sceso a 207 pb dai 214 di venerdì. In effetti, la scorsa settimana si è chiusa con rendimenti governativi in rialzo, in scia ai dati sul mercato del lavoro USA che hanno mostrato un settore che resta tutto sommato ancora robusto. Si è infatti registrato un incremento dei nuovi occupati (390.000 da 436000 di aprile), con la crescita che si è concentrata nei settori a salari più bassi dove è maggiormente diffuso il part time. Il rallentamento delle pressioni salariali rispetto al mese precedente (5,2% da 5,5%) lascia ben sperare sul fatto che il picco possa essere stato raggiunto. L’ISM servizi è sceso più delle attese (55,9 da 57,1 e vs attese per 56,5) con il peggioramento legato principalmente alle problematiche nelle catene di approvvigionamento, mentre il rialzo dei nuovi ordini fa pensare ad una domanda ancora robusta. Dopo i dati si è assistito ad un aumento dei tassi di rendimento statunitensi che si è accompagnato ad un aumento più che proporzionale dei tassi breakeven, con i tassi reali che sono scesi”.