Notizie Notizie Mondo Francia, Il sentiero stretto di Macron tra scioperi, riforme e riduzione del debito pubblico

Francia, Il sentiero stretto di Macron tra scioperi, riforme e riduzione del debito pubblico

12 Aprile 2018 14:00

 

 

 
Delle numerose elezioni tenutesi in Europa negli ultimi due anni, quelle francesi sono state le uniche a portare a una rapida formazione del governo. Paesi Bassi, Germania, Spagna e, ovviamente, Italia si sono scontrate, o si stanno scontrando, con la difficoltà di formare l’esecutivo in un contesto politico sempre più frammentato.
Se l’eccezionalità francese – come ricorda in un report Matteo Ramenghi, Chief Investment Officer UBS WM Italy –
è frutto di un sistema elettorale a forte vocazione maggioritaria, va detto anche che la popolarità di Emmanuel Macron dalle elezioni in poi è stata altalenante e che è inferiore in patria rispetto all’immagine positiva percepita all’estero.

 

La stagione degli scioperi

 

Per di più il rientro dal weekend pasquale ha rappresentato un momento particolarmente delicato per il presidente francese. Lunedì sera, i dipendenti della SNCF (la società ferroviaria francese) hanno indetto scioperi (due giorni di stop ogni cinque) per i prossimi tre mesi. I quattro principali sindacati francesi protestano contro i piani di razionalizzazione dell’azienda, che è fortemente indebitata e che, dal 2020, dovrà confrontarsi con l’apertura della rete ferroviaria ad altri operatori.
Come sottolinea Ramenghi, gli scioperi potrebbero estendersi ben al di là del settore ferroviario, a partire dal settore energetico, dove si iniziano a delineare proposte di liberalizzazione del mercato dell’elettricità. E anche lo smaltimento dei rifiuti potrebbe essere terreno di protesta, mentre i dipendenti di Air France hanno già avviato una serie di scioperi per ottenere un aumento del 6% degli stipendi.

 

Calo di popolarità

 

Sebbene la Francia possa vantare un debito pubblico inferiore a quello dell’Italia (di qualche punto al di sotto del 100% del PIL), il sentiero è stretto per Macron, che dovrà avviare una serie di riforme sostanziali per rimodernare l’economia francese.
Tra i Paesi del G7, la Francia registra infatti il maggiore peso dello Stato nell’economia (la spesa pubblica rappresenta circa il 55% del PIL francese) e l’influenza di alcuni colossi a controllo statale risulta talvolta eccessiva”, dice Ramenghi. Che aggiunge: “Per raggiungere il suo obiettivo di riduzione del carico fiscale mantenendo il deficit al di sotto del 3% del PIL raccomandato dall’Unione europea, il governo francese dovrà forzatamente ridurre la spesa pubblica”.

Si tratta però di un obiettivo ambizioso e difficile da raggiungere, che ovviamente determinerà un ulteriore calo di popolarità nei confronti del Presidente – già al livello più basso dalla sua elezione lo scorso maggio – e per l’intero esecutivo.

 

La debolezza dei conti pubblici

 

La stagione degli scioperi arriva, comunque, in un momento particolarmente positivo per l’economia. Dieci giorni fa, l’ufficio nazionale di statistica INSEE ha riferito che nel 2017 il deficit si è ridotto al 2,6% del PIL, al di sotto delle previsioni del 2,9% del governo.
È la prima volta da quasi un decennio che la Francia raggiunge un livello inferiore al 3% come raccomandato dalla UE”, afferma Ramenghi. Che conclude: “Il PIL francese, nel frattempo, è cresciuto di circa il 2% l’anno scorso e ci aspettiamo un’ulteriore espansione nel 2018, a patto che Macron riesca a riformare l’economia e che gli scioperi non producano un impatto sostanziale sull’attività economica. In attesa di progressi sul fronte delle riforme, manteniamo una posizione neutrale sul mercato azionario francese”.