Notizie Notizie Mondo Bce verso una normalizzazione della politica monetaria. Primo, piccolo, rialzo a metà 2019

Bce verso una normalizzazione della politica monetaria. Primo, piccolo, rialzo a metà 2019

8 Maggio 2018 17:34

 

Nonostante la ripresa economica dell’Europa, l’orientamento politico della Bce è rimasto accomodante. Tuttavia, con il proseguire dell’espansione economica, è necessaria una revisione degli strumenti di politica monetaria all’interno dell’area. È quanto sostiene Silvia Dall’Angelo, Senior Economist di Hermes Investment Management che – nel suo ultimo report – valuta i fattori che influenzeranno il percorso incerto della BCE verso la normalizzazione monetaria e riflette su come riformulare la politica monetaria.

 

Il QE e la legge dei rendimenti in diminuzione

 

L’analisi della strategist suggerisce che il QE ha avuto un impatto significativo sui rendimenti delle obbligazioni governative, con una riduzione tra i 70 e i 160 punti base nelle varie giurisdizioni.

La Bce – afferma Dall’Angelo – ha raggiunto conclusioni analoghe, il che indica che misure di politica monetaria non convenzionali hanno compresso i rendimenti di lungo termine di circa 100 punti base. Inoltre, la Banca ha stimato che le misure introdotte tra la metà del 2014 e ottobre 2017 avrebbero stimolato la crescita e l’inflazione di circa l’1,9 punti percentuali tra il 2016 e il 2021”.
Se il programma di acquisto di titoli obbligazionari è stato efficace, le considerazioni costi-benefici suggeriscono che è giunto il momento di prepararsi a un’uscita dal QE. “Oggi, il beneficio marginale del QE è modesto, mentre il suo costo, in termini di distorsione dei mercati finanziari e di effetti distributivi, sono elevati”, conferma Dall’Angelo.

 

View convergenti sull’inflazione

 

Nonostante l’accelerazione dell’attività economica, l’inflazione è però rimasta ben al di sotto del target della BCE di poco meno del 2%. Il presidente della Bce Mario Draghi ha chiarito che sussistono le condizioni per porre fine all’acquisto di obbligazioni: un aggiustamento duraturo del percorso dell’inflazione verso il target di poco meno del 2% che comprende i tre elementi convergenza, fiducia e resilienza.
Sono stati fatti progressi in termini di convergenza e fiducia, ma la traiettoria dell’inflazione continua ad affidarsi in modo significativo al supporto della politica monetaria – dice Dall’Angelo – Le previsioni della Bce sull’inflazione hanno costantemente mostrato una graduale convergenza verso l’obiettivo del 2% e gli aggiustamenti tra le successive previsioni di recente sono stati più contenuti”.
Quanto alle ragioni di questo mancato obiettivo, lo stesso Draghi ha indicato due fattori: primo, la reazione al rallentamento del processo di formazione dei prezzi è diminuita; in secondo luogo, le misure relative alla sottoccupazione evidenziano un rallentamento del mercato del lavoro rispetto a quando suggerito dal tasso di disoccupazione.

 

Pericolo di ribassi a sorpresa

 

Draghi ha anche messo in guardia da rischi esterni di peggioramento dello scenario inflattivo: un’escalation delle tensioni commerciali costituirebbe uno shock sul versante dell’offerta e probabilmente aprirebbe la strada a un periodo di stagflazione.

Le pressioni esercitate dai costi potrebbero temporaneamente portare a un aumento dell’inflazione, mentre un indebolimento della domanda determinerebbe probabilmente un suo rallentamento in futuro. Inoltre, maggiori barriere al commercio internazionale danneggerebbero in modo particolare l’economia aperta della zona euro”, spiega Dall’Angelo.

Nel frattempo, un ulteriore apprezzamento dell’euro e l’inasprimento delle condizioni finanziarie potrebbero deprimere dinamiche inflazionistiche già contenute. Secondo Draghi, come regola generale, un apprezzamento del 10% del tasso di cambio effettivo permanente abbassa l’inflazione di circa 40-50 punti base.

 

Rimodellare la politica monetaria

 

Secondo Hermes, la fine degli acquisti netti del QE segnerà il primo passo del processo, seguito da un aumento dei tassi e da un aggiustamento graduale delle passività di bilancio. Tuttavia, alcuni dettagli sull’uscita dal QE restano sconosciuti. E, con l’approssimarsi della sua conclusione, l’attuale assetto di politica monetaria – QE, la politica di reinvestimento e le future indicazioni sui tassi – dovrà essere rimodellato prima di adottare ulteriori misure per la normalizzazione.
Ciò può includere una proroga del QE fino alla fine di quest’anno e la successiva conclusione degli acquisti netti. Prevediamo che il tapering continuerà nel quarto trimestre, con un ritmo di acquisto mensile compreso tra 10 e 15 miliardi di euro, e l’annuncio di un’estensione del QE dovrebbe avvenire in luglio”, dice Dall’Angelo. Che aggiunge: “Potremmo anche vedere un’enfasi sulle partecipazioni esistenti della Bce. Con l’approssimarsi della fine degli acquisti netti del QE, l’attuale legame tra lo stesso programma e le prospettive d’inflazione evolverà probabilmente in un legame tra l’insieme delle politiche in atto e le aspettative d’inflazione. Di conseguenza, la politica di reinvestimento delle obbligazioni in scadenza assumerà maggiore rilevanza quando il QE terminerà”.

 

L’evoluzione della forward guidance

 

Quanto ai tassi di cambio, gli attuali orientamenti indicano che rimarranno ai livelli attuali ben oltre la fine del programma QE. Ciò significa probabilmente che ci vorranno circa sei mesi e che, in caso di proroga del QE fino alla fine dell’anno, il primo piccolo rialzo dei tassi (non superiore a 25 punti base) avrà luogo probabilmente a metà del 2019.
Prima della fine del QE sarà necessario elaborare una forward guidance per garantire un percorso di normalizzazione graduale e prevedibile per i tassi di interesse, e probabilmente si porrà maggiormente l’accento sulla dipendenza dai dati, in particolare a livello di indicatori sulle pressioni inflazionistiche generate sul mercato interno”, conclude Dall’Angelo.