Notizie Notizie Mondo Trump straccia accordo nucleare Iran, fiammata del petrolio a nuovi record. La soglia pericolo per l’azionario

Trump straccia accordo nucleare Iran, fiammata del petrolio a nuovi record. La soglia pericolo per l’azionario

9 Maggio 2018 10:53

Rialzi superiori al 3% per le quotazioni del petrolio, che si infiammano a seguito della decisione di Trump di ritirare gli Stati Uniti dall’accordo nucleare siglato con l’Iran ai tempi dell’amministrazione Obama. Il contratto WTI scambiato sul Nymex di New York vola in prossimità di $71 al barile, ai massimi dalla fine del 2014, mentre il Brent schizza fino al record dal novembre del 2014, salendo di oltre 2 dollari e scavalcando quota $77.

In Cina, il principale acquirente singolo del petrolio iraniano, i futures sul crude scambiati a Shanghai testano il valore più alto in dollari, da quando sono stati lanciati alla fine di maggio.

Alcuni analisti sono già pronti a rivedere al rialzo i target price fissati. Come Danien Courvalin di Goldman Sachs, che ritiene che una perdita di 250.000 barili al giorno dell’offerta iraniana possa far salire il target price fissato per questa estate per il Brent, pari a $82,50, di altri $3,50, fattore che implicherebbe un rialzo del 15% rispetto ai valori recenti.

C’è poi qualcuno che individua una soglia pericolo per l’azionario. E’ Oliver Pursche, responsabile strategist di mercato presso Briderman Brothers che sostiene che, dopo il rally del 17% circa dall’inizio dell’anno che ha portato i prezzi a $70 al barile circa, il pericolo per Wall Street potrebbe presentarsi nel caso in cui le quotazioni del WTI scambiato a New York schizzassero oltre la soglia di $75.

I mercati scontano le preoccupazioni sull’offerta visto che l’Iran, dopo l’eliminazione delle sanzioni che l’accordo del 2015 ha comportato, è diventato il terzo principale paese esportatore di crude dell’Opec, dietro l’Arabia Saudita e l’Iraq. 

Detto questo, secondo alcuni esperti, è improbabile che la Cina, insieme all’India, riduca le importazioni di petrolio dal paese.

Inoltre per alcuni non è tanto l’Iran, ma il Venezuela, la vera minaccia per i ribassisti sul petrolio. Bloomberg segnala che la produzione di petrolio del paese è crollata del 50% dal record testato agli inizi del 2000, precipitando a 1,55 milioni di barili al giorno. E il crollo non sarebbe finito qui, visto che l’Agenzia internazionale dell’energia ha avvertito che la produzione potrebbe scivolare ulteriormente entro la fine dell’anno a 1,38 milioni di barili al giorno, al minimo in 70 anni.

Tra l’altro, la probabile ennesima vittoria di Nicolas Maduro alle prossime elezioni presidenziali potrebbe scatenare la reazione degli Stati Uniti contro Caracas, dunque nuovi tagli delle importazioni di petrolio dal paese.

Sulla questione c’è molta incertezza, visto che un divieto di acquistare petrolio venezuelano è già sul tavolo di Washington, e che nessuna decisione formale è stata ancora presa.