Piazza Affari: dalle trimestrali la sorpresa maggiore arriva dalle banche tricolore
Nuova giornata pregna di incertezza a Piazza Affari, con il contratto di governo tra Lega e Movimento e 5 Stelle che non ha spento le preoccupazioni degli investitori sul rischio Italia. E mentre si attendono sviluppi dal fronte politico, soprattutto sulla premiership, si è assistito a una seduta caratterizzata da una forte volatilità testimoniata dall’andamento del Ftse Mib, dopo un avvio positivo, si è spinto fino a toccare un minimo intraday a 23.612,53 punti, e dalla nuova fiammata dello spread Btp-Bund che si è portato a un passo dalla soglia di 160 punti base. Il nervosismo è piombato a Piazza Affari nelle ultime sedute in concomitanza del tentativo di Luigi Di Maio e Matteo Salvini di dare vita al nuovo esecutivo giallo-verde.
E dire che i primi mesi del 2018 erano stati decisamente positivi per Piazza Affari (il saldo da inizio anno del Ftse Mib rimane ampiamente positivo e superiore all’8%), con i mercati che avevano fino alla scorsa settimana avevano snobbato il risultato delle elezioni dello scorso 4 marzo. Nel bel mezzo dell’impasse politica, le principali società quotate hanno illustrato i risultati dei primi tre mesi dell’anno, evidenziando un ottimo stato di salute. E osservando i singoli settori, è stato confermato l’ottimo trend di crescita del comparto industriale e in particolare del lusso, evidenziato dai rialzi in Borsa da inizio anno di alcuni titoli, tra cui Fca (+26%), Eni (+20%), Ferrari (+29%) e Moncler (+45%).
La primavera delle banche italiane
Archiviati anche i risultati di Telecom Italia (l’ultima delle big del Ftse Mib a comunicare i numeri del primo trimestre) è già tempo di bilanci. Secondo l’analisi di Roberto Russo, a.d. di Assiteca Sim, ciò che sorprende maggiormente è l’ottima performance del comparto bancario. “Il settore, autentica spina nel fianco dell’economia del Paese nell’ultimo decennio, che sembra essere giunto alla fine di un drammatico e disordinato processo di pulizia dei crediti deteriorati e contestuale rafforzamento patrimoniale, decretando il definitivo ritorno della fiducia da parte degli investitori, sia italiani che esteri”, sottolinea Russo.
“Nel primo trimestre dell’anno i principali istituti di credito italiano, infatti, hanno mostrato una forte crescita degli utili, associata a una riduzione dei crediti deteriorati superiore a quanto previsto dai rispettivi piani industriali e, di conseguenza, a quanto richiesto dal regolatore europeo”, sottolinea l’esperto che si è concentrato sull’analisi sulle prime otto banche italiane quotate che rivestono la forma giuridica di società̀ per azioni. Dallo studio emerge che nel primo trimestre dell’anno è stato realizzato un risultato netto positivo cumulato di 3,11 miliardi di euro, di cui 2,3 miliardi di sola competenza di Intesa Sanpaolo e Unicredit. Il dato più̀ importante è il ritorno all’utile di quelle banche che, ancora nel 2017, risentivano degli effetti negativi dell’onda lunga delle crisi finanziarie del 2008 e 2011 e degli aumenti di capitale forzosamente imposti dall’autorità̀ di vigilanza europea. E in particolare, viene citata All’interno del comparto spicca l’ottima trimestrale di Mps che, dopo dieci anni di disavventure e per la prima volta da quando lo Stato italiano è entrato nel capitale, ha registrato un sostanzioso utile (187,6 milioni di euro).
“Se pensiamo che nell’intero esercizio 2016 le stesse prime otto banche nazionali avevano perso complessivamente 15 miliardi di euro, il dato cumulato del primo trimestre del 2018, positivo per 3,11 miliardi, rende ancor più̀ evidente la svolta del settore, sia in termini di redditività̀ che di patrimonializzazione – afferma Russo -. Un fattore quest’ultimo da non sottovalutare e confermato dal corposo ritorno alla distribuzione di dividendi da parte degli istituti di credito, che altrimenti la severa vigilanza della BCE non avrebbe mai avallato qualora fossero ancora emerse debolezze all’interno dei bilanci.
I multipli
Se si ragiona in termini borsistici, Roberto Russo spiega che “una banca in condizioni di normalità̀, ovvero in presenza di un tasso di crescita stabile degli utili e di un’adeguata solidità̀ patrimoniale, dovrebbe quotare un rapporto tra capitalizzazione di Borsa e corrispondente patrimonio netto tangibile superiore a 1, in quanto al valore patrimoniale andrebbe sommato un premio rappresentativo della notorietà̀ del “marchio” e, in sintesi, del valore attuale degli utili futuri che la banca è potenzialmente in grado di generare”. Oggi il suddetto multiplo delle prime otto banche italiane, in media, è pari a 0,58; l’unica banca con un multiplo superiore a 1 è Intesa Sanpaolo (1,1), seguita da Unicredit (0,71), Ubi Banca (0,64), Bper (0,62), Credito Valtellinese (0,53), Banco Bpm (0,44), Mps (0,38) e Banca Carige (0,24). “Questi risultati, se parametrati al multiplo medio dei principali istituti di credito europei e americani, di gran lunga superiore a 1, evidenziano un notevole grado di sottovalutazione delle banche italiane”, conclude l’esperto.