Bce, Draghi decide di staccare la spina QE. Ma rialzo tassi ancora lontano, ed euro scivola fino a $1,16
Le borse salgono, l’euro va giù e gli investitori acquistano a man bassa il debito sovrano dell’Eurozona: effetto strano, per una banca centrale che ha appena annunciato la fine del Quantitative easing, il piano straordinario di stimoli monetari con cui fa incetta di bond sovrani e corporate dei paesi dell’Eurozona. Ma l’effetto può diventare normale, quando si tratta di Mario Draghi.
Il numero uno della Bce spiazza ancora tutti e si conferma vincitore di questa sessione. L’Eurozona non è stata lasciata al suo destino neanche stavolta. Il Quantitative easing terminerà a dicembre, sì, ma Draghi riesce a far capire ai mercati che un ampio grado di liquidità continuerà a esistere: non solo attraverso i reinvestimenti sui bond, ma anche grazie ai tassi di interesse, che rimarranno bassi ai livelli attuali ancora per molto tempo, almeno fino all’estate del 2019.
E’ scritto nero su bianco nel comunicato della Bce:
I tassi rimarranno probabilmente ai livelli attuali almeno “fino all’estate del 2019 e in ogni caso per tutto il tempo necessario ad assicurare che l’evoluzione dell’inflazione rimanga allineata alle aspettative correnti di un percorso di aggiustamento sostenuto”.
Riguardo alla fine del QE, questa avverrà in modo graduale:
Precisamente, il piano, che nel caso dell’Italia è stato battezzato scudo BTP per il ruolo salvifico che tuttora continua a ricoprire nel proteggere i bond italiani dagli attacchi speculativi, proseguirà al ritmo di 30 miliardi di euro di acquisti mensili, fino a settembre di quest’anno.
Successivamente, l’ammontare sarà dimezzato a 15 miliardi di euro fino a dicembre. Dopo il mese di settembre, si legge infatti nel comunicato, “a seconda dei dati che arriveranno e che confermeranno (o meno) l’outlook sull’inflazione di medio termine, il ritmo mensile degli acquisti netti degli asset sarà ridotto a 15 miliardi di euro, fino alla fine di dicembre 2018, quando gli acquisti termineranno”.
Draghi lascia insomma aperte tutte le opzioni. D’altronde, le stime sulla crescita del Pil di quest’anno sono state riviste al ribasso, visto che il ritmo di espansione dell’Eurozona, anche se solido, si è smorzato, a causa di fattori temporanei, come la maggiore debolezza del commercio internazionale dovuta ai timori sul protezionismo e l’incertezza politica globale che è aumentata in modo innegabile.
Per questo, ora il Pil reale del 2018 è atteso in rialzo del 2,1%, meno rispetto al +2,4% stimato nel mese di marzo: le previsioni di crescita del 2019 e del 2020 sono state lasciate invariate rispettivamente al +1,9% e al +1,7%.
In questo contesto, la Bce non vuole certo drenare di colpo la liquidità che ha iniettato in questi anni nei mercati.
Draghi torna a blindare anche l’euro, ripetendo che la moneta unica “è irreversibile”, e questo “perchè è forte, perchè la gente la desidera e perchè non è nell’interesse di nessuno discutere della sua esistenza”.
Ancora incalzato sulla questione nel corso della conferenza stampa, il banchiere non fa una piega: discutere di qualcosa di irreversibile è inutile e anzi crea solo danni.
Intanto l’euro si avvicina fino alla soglia di $1,16 perdendo ben oltre l’1% nei confronti del dollaro. Il rialzo dei tassi di interesse appare ancora lontano. Secondo Jan von Gerich, responsabile strategist di Nordea Markets, prevede che il costo del denaro dell’Eurozona non sarà alzato almeno fino alla fine del prossimo anno.