Fed falco nel 2022, qualcuno punta anche su più di tre rialzi tassi. Boom rendimenti Treasuries Usa
Le aspettative di una Fed hawkish nel 2022 continuano a condizionare il trend dei tassi dei Treasuries, spingendoli al rialzo e alimentando al contempo la convinzione, tra diversi strategist, che la corsa di Wall Street sia ormai vicina al capolinea.
I tassi dei Treasuries 10 anni sono schizzati ieri fino all’1,71% dall’1,51% della fine del 2021, balzando di 20 punti base nell’arco delle prime due sedute del 2022: si tratta del rally di inizio anno più forte degli ultimi 20 anni, che ha fatto subito tremare i titoli tecnologici, da Wall Street alla borsa di Hong Kong, dove le vendite hanno provocato cadute delle quotazioni fino a -10%.
D’altronde ieri, a fronte dell’ennesimo record testato dall’indice Dow Jones (+0,59% a 36.799 punti), il Nasdaq Composite ha perso l’1,3%, pagando proprio il rialzo dei tassi sui Treasuries.
I titoli tecnologici (growth) hanno perso in quanto gli utili futuri delle relative società tendono a diventare meno appetibili agli occhi degli investitori, in un contesto di tassi sono più alti. Il sell off delle ultime ore potrebbe essere soltanto l’inizio, visto che è improbabile che i rendimenti obbligazionari Usa facciano dietrofront in modo sostenuto.
Certo, nelle ultime ore la corsa si è fermata, ma gli strategist sembrano essere d’accordo nel ritenere che i tassi dei Treasuries siano destinati a puntare verso l’alto.
D’altronde, dallo stesso dot plot pubblicato nell’ultima riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della banca centrale americana guidata da Jerome Powell -, è emerso chiaramente che la Fed prevede in media almeno tre rialzi dei tassi nel corso del 2022, per rispondere all’inflazione galoppante negli Stati Uniti.
E le minute della Federal Reserve, in calendario nella sessione odierna, certificheranno molto probabilmente l’intenzione della banca centrale di staccare la spina alle misure straordinarie di stimoli monetari lanciati nella fase più buia della pandemia Covid-19. Qualcosa che, tra l’altro, ha già iniziato a fare con il tapering, il processo di riduzione degli acquisti di bond, che spiana la strada a un nuovo ciclo di strette monetarie.
Nell’ultima riunione del Fomc – il braccio di politica monetaria della Fed – del 2021, Jerome Powell non ha fatto nulla per nascondere il suo volto da falco, mostrandosi più preoccupato per l’inflazione – alla fine ha dovuto ammettere, cosa che non ha fatto ancora Christine Lagarde, presidente della Bce, che il boom dei prezzi non è un fenomeno ‘ transitorio’ – che per la variante Omicron.
Non per niente, grande assente nel comunicato del Fomc sulle decisioni di politica monetaria è stata proprio la parola ‘transitorio’, affiancata precedentemente al termine di inflazione.
Non avrebbe potuto andare diversamente, visto che l’inflazione Usa misurata dall’indice dei prezzi al consumo viaggia al record degli ultimi 39 anni, mentre quella misurata dall’indice dei prezzi alla produzione è volata a novembre del 9,6%, al ritmo record di sempre.
Di conseguenza, a fronte di tassi sui fed funds che sono stati lasciati invariati nella forchetta compresa tra lo zero e lo 0,25%, la Fed ha annunciato una forte accelerazione del tapering, una sorta di turbo tapering. E dal dot-plot è emerso che, su un totale di 18 esponenti del Fomc, 12 prevedono almeno tre rialzi dei tassi nel 2022.
Blackstone, Wien: decennali al 2,75%, da Fed 4 rialzi tassi in 2022
Intervistato dalla Cnbc Ian Lyngen, responsabile della divisione di strategia sui tassi Usa di BMO, ha commentato il boom dei tassi dei Treasuries affermando che “l’ottimismo sull’economia in un contesto di preoccupazioni per l’inflazione porterà i tassi decennali al 2% nel corso del primo trimestre, e da lì saranno l’economia e la Federal Reserve a determinare quanto in alto saliranno ancora”.
In generale, gli strategist scommettono su una solida marcia al rialzo dei rendimenti, una volta superata la soglia del 2%.
Qualcuno ha sfornato previsioni su una Fed anche più hawkish rispetto a quanto emerge dal dot plot di dicembre. Nella lista delle 10 sorprese Top per i mercati del 2022 Byron R. Wien e Joe Zidle, rispettivamente vice presidente e responsabile strategist degli investimenti della divisione di Private Wealth Solutions Group di Blackstone, hanno scritto infatti che, a loro avviso, “il mercato dei bond inizierà a rispondere all’aumento dell’inflazione e al tapering della Fed, con i tassi sui Treasuries a 10 anni che saliranno al 2,75%. La Fed completerà il suo tapering e alzerà i tassi quattro volte nel 2022“.
Omicron, insomma, nonostante il numero dei contagi giornalieri negli Stati Uniti abbia superato quota 1 milione, non spaventerebbe più di tanto la banca centrale Usa, così come non spaventa l’Opec +, che ha confermato la propria strategia, convinta che l’impatto negativo della variante sulla domanda globale di petrolio sarà di breve durata.
“L’anno è iniziato davvero con un bang– ha commentato sempre alla Cnbc Robert Tipp, responsabile della divisione di bond globali e di forex per PGIM Fixed Income, facendo riferimento al trend dei rendimenti dei bond americani – Il mercato ha continuato a fare su e giù nel bel mezzo dei rischi al ribasso sull’economia legati al Covid, per poi decidere di guardare all’altra faccia della medaglia, ovvero al fatto che l’economia continua ad andare molto bene. L’inflazione è alta e la Fed si prepara ad alzare i tassi”.
Per Lyngen di BMO, il trend dei rendimenti dei Treasuries “dipenderà dai dati e dai toni che arriveranno dalla Fed”. Tuttavia, “non arriveremo al 3% (per i tassi dei Treasuries a 10 anni). Credo che toccheremo il massimo all’inizio dell’anno”.
Un articolo di Bloomberg fa notare intanto che il boom dei rendimenti ha interessato soprattutto la parte a 10 e a 30 anni della curva dei rendimenti, rendendo quest’ultima più ripida, come si vede dal grafico.
“E’ possibile che Omicron abbia rallentato l’attività economica nel mese di gennaio, ma ci sono prove che dimostrerebbero che la variante è più debole, fattore che aumenta la prospettiva di una crescita dell’economia globale a vele spiegate nel corso di quest’anno – ha commentato a Bloomberg David Kelly, responsabile strategist globale di JPMorgan Asset Management, a New York. Kelly ha aggiunto che, in uno scenario del genere, “non ci vorrebbe molto per far salire i rendimenti ancora più in alto”.
Intanto Michael Schumacher, numero uno della strategia sui tassi di Wells Fargo, ha messo in evidenza il balzo record dei tassi, sottolineando che il rialzo dei rendimenti decennali della prima sessione del 2022, ovvero del 3 gennaio scorso, è stato il più alto del primo giorno di contrattazioni dell’anno nuovo dal 2001. Nel 2001, i tassi salirono nella prima sessione dell’anno di 24 punti base, mentre l’altroieri l’incremento ha portato i decennali a volare dall’1,51% di venerdì scorso a oltre l’1,64%, stando ai dati di TradeWeb. I rendimenti sono poi saliti fino all’1,71% alla vigilia.
Schumacher non crede tuttavia che i tassi a 10 anni possano salire, almeno quest’anno, oltre la soglia del 2,25%, anche se, ovviamente, sarà l’inflazione a determinare il trend del mercato.
“C’è sempre la probabilità che l’inflazione sia difficile da sradicare e che la Fed e altre banche centrali siano costrette a diventare più aggressive”, ha tenuto a puntualizzare.