Russia scatenata: investimenti in Treasuries crollati dell’84% da marzo. Mentre tassi Usa a passo da soglia pericolo
Numeri da capogiro, che sembrano confermare una strategia ben precisa, che si giustifica anche (o soprattutto, secondo qualcuno), con motivazioni di natura geopolitica. Il dipartimento del Tesoro Usa ha comunicato che, nel periodo compreso tra marzo e maggio, gli investimenti della Russia in titoli di stato americani sono crollati di ben l’84%, scendendo da un valore di $96,1 miliardi ad appena $14,9 miliardi, nell’arco di appena due mesi.
Diversi gli alert lanciati su diversi blog di finanza su presunti attacchi finanziari da Guerra Fredda e prove del nove di un processo di dedollarizzazione già in atto da tempo. Un articolo di Cnbc ridimensiona tuttavia il fenomeno, citando l’opinione di alcuni analisti.
“Sebbene questa liquidazione da parte dei russi sia curiosa, sia l’ammontare (di Treasuries) che (i russi) detengono, sia il valore di ciò che hanno smobilizzato, è davvero insignificante rispetto a un mercato, quello dei Treasuries, che vale diversi trilioni di dollari”, spiega Kevin Giddis, esperto di bond presso Raymond James.
“Se dovessi fare una scommessa, punterei a spiegare tale mossa in parte con le sanzioni, in parte con gli aggiustamenti di portafoglio, e molto poco con una manovra vera del mercato”.
Certo, aggiunge Giddis, “se si trattasse della Cina o del Giappone, la situazione sarebbe ben diversa”, visto che entrambe le economie detengono Treasuries per un valore superiorte a $1 trilione ciascuna (non per niente, riferendosi all’arma finanziaria in possesso di Pechino, si parla di opzione nucleare a cui la Cina potrebbe decidere di ricorrere, in qualsiasi momento, contro gli Usa di Donald Trump, nel corso della guerra commerciale in corso).
Attenzione intanto, in attesa dei meeting delle banche centrali tra le più importanti al mondo – Federal Reserve, Bank of Japan e Bank of England – al trend dei Treasuries, in particolare dei tassi. I rendimenti dei titoli di stato Usa sono saliti negli ultimi minuti al record in più di un mese, attestandosi appena al di sotto della soglia del 3%, al 2,99% alle 9.41 ora di New York. I tassi dei Treasuries a 30 anni sono balzati fino al 3,113%.
Riguardo all’impatto degli annunci imminenti delle banche centrali sui tassi dei Treasuries, occhio al commento di Lee Ferridge, responsabile della divisione di strategia macro del Nord America per State Street che, intervistato dalla Cnbc, ha detto di ritenere che “la Bank of Japan potrebbe rivelarsi più importante della Fed”. E questo perchè la BoJ potrebbe considerare l’opzione di porre fine a uno dei pilastri della sua strategia, ovvero quello di stabilire il target dei tassi dei bond decennali allo zero.
La banca centrale diffonderà il comunicato domani, 31 luglio. Se “i tassi sui bond giapponesi saliranno, potremmo assistere sicuramente a un rialzo che riporterebbe i rendimenti dei Treasuries Usa a 10 anni oltre la soglia del 3% – spiega Ferridge – Se ciò dovesse accadere, sarebbe negativo in generale per il rischio, azionario incluso“.
Art Hogan, responsabile strategist mercati presso B. Riley FBR, crede invece che se i tassi sui Treasuries dovessero tornare a superare il 3%, l’azionario non dovrebbe subire scossoni, a meno che il trend dei rendimenti non continuasse a confermarsi rialzista.
In ogni caso, fonte di maggiore preoccupazione sarebbe secondo Hogan un eventuale ulteriore appiattimento della curva dei rendimenti.
“Saremmo più preoccupati se i tassi a 10 anni non salissero quanto quelli a due anni“, ha detto Hogan, avvertendo che “un rialzo dei tassi decennali oltre il 3% non scatenerebbe il sell off sull’azionario, a meno che i tassi a due anni non si muovessero più velocemente, salendo ancora di più”.
D’altronde, è risaputo che l’appiattimento della curva dei rendimenti viene considerato campanello di allarme per l’economia.