Dimon: situazione cambiata, ‘così si rischia panico’. AD JP Morgan teme le banche centrali
“Non voglio spaventare nessuno, ma non abbiamo mai avuto in precedenza un piano di QE e non abbiamo mai assistito di conseguenza a una sua fine”. Ancora: “La regolamentazione è diversa. La trasmissione della politica monetaria è diversa. I governi si sono indebitati troppo, e la gente potrebbe andare nel panico, quando le cose cambieranno”. Parola dell’apparentemente eterno ottimista Jamie Dimon, presidente e amministratore delegato del colosso bancario Usa JP Morgan.
Intervenuto nella trasmissione “Closing Bell” della Cnbc, il manager ha confermato di essere tuttora ottimista sulla crescita dell’economia americana. Tuttavia, alla domanda su quale sia il rischio principale che incombe sulla congiuntura, il banchiere tra i più potenti del mondo ha dato due risposte.
Da un lato, ha detto, c’è il rischio rappresentato dal dietrofront che le banche centrali di tutto il mondo si apprestano a fare: dietrofront dai vari programmi di Quantitative easing che sono stati lanciati per combattere gli effetti della crisi finanziaria del 2008.
Già in precedenza il manager, 62 anni, aveva lanciato un alert sul rischio che la Fed si trovi infine costretta ad alzare i tassi di interesse in modo più veloce di quanto previsto, frenando in questo modo la crescita. Il nocciolo della questione, per Dimon, rimane quello: le banche centrali rischiano di trovarsi impantanate in acque mai esplorate prima, nella storia.
Dall’altro lato, Dimon guarda con preoccupazione alla disputa commerciale tra l’America di Donald Trump e la Cina che, se si traducesse in una vera e propria guerra commerciale, potrebbe cancellare gran parte dei progressi che l’amministrazione Usa ha, a suo avviso, compiuto.
Il ceo di JP Morgan teme in particolare il rischio che Donald Trump decida di imporre un altro round di dazi doganali contro la Cina per un valore di $200 miliardi. A proposito di Trump, Dimon ha spezzato qualche lancia a suo favore:
“Il presidente può essere colpevolizzato per molte cose che non ha fatto, ma ha fatto anche qualcosa, accelerando la crescita. Abbiamo avuto (una crescita del) 20% nel corso di 10 anni, avrebbe dovuto essere del 40%. Spero che continueremo con politiche che accelerino la crescita, che è positiva per tutti gli americani”.
Un forte assist all’espansione dei fondamentali economici Usa, ha confermato Dimon, è arrivato dalla riforma fiscale firmata da Trump a dicembre, che ha abbassato le tasse federali pagate dalle imprese dal 35% al 21%.
“Avevamo bisogno di tasse competitive – ha detto il numero uno di JP Morgan – E gli americani dovrebbero capire che per 20 anni siamo stati sempre meno competitivi, portando i capitali e i cervelli a fuggire all’estero“.
Dimon non si è mostrato preoccupato del recente sell off che ha colpito i titoli tecnologici.
“L’economia appare solida”, ha detto, facendo riferimento anche al fatto che “le spese in conto capitale stanno crescendo, che più persone stanno tornando al lavoro e che il tasso di disoccupazione potrebbe testare quest’anno il minimo del Dopoguerra“.
Si tratta, ha aggiunto, di “fattori tutti positivi”, che si accompagnano a un sistema meno indebitato rispetto a quello del 2007. Sul Nasdaq che ha perso più dell’1% nella sessione di lunedì, Dimon ha sottolineato che, “se c’è una chance che l’economia continui a rafforzarsi crescendo per altri due anni, se questo sarà vero, allora i prezzi delle azioni sono giustificati”.