Effetto Trump sui BTP svanisce subito, mentre Bini Smaghi propone strategia contro ansia da spread
Un aiuto dalla Russia, magari, come avrebbe pensato il ministro degli Affari europei Paolo Savona; o dalla Cina, dove il ministro dell’Economia Giovanni Tria si appresta ad andare per valutare un eventuale interesse degli investitori per i titoli di stato italiani. Diverse le indiscrezioni che circolano da giorni sulla stampa su come il governo M5S-Lega vorrebbe mettere in sicurezza i BTP, già colpiti duramente dalle vendite degli investitori stranieri.
Oggi arrivano anche i rumor del Corriere della Sera sull’ipotesi di un sostegno concreto da parte degli Stati Uniti all’Italia per il finanziamento del debito pubblico nel corso del 2019, quando il Tesoro dovrà collocare sul mercato titoli di Stato per circa 400 miliardi di euro, di cui 260 miliardi a media-lunga scadenza.
Trump disposto ad aiutare l’Italia, dunque? Secondo il quotidiano, il presidente avrebbe riferito al premier Giuseppe Conte che gli Usa sono disposti ad aiutare il paese acquistando obbligazioni governative l’anno prossimo. I rumor permettono allo spread BTP-Bund di ritracciare, dopo il balzo della vigilia alimentato dalla nota di Moody’s, ma solo per poco. Il termometro della tensione degli investitori verso l’Italia torna a salire dopo qualche ora, con i rendimenti a 10 anni che rimangono ostinatamente al di sopra della soglia del 3%, salendo ancora più su.
STRATEGIST SCETTICI SU AIUTO TRUMP AI BTP
Alcuni strategist interpellati da Reuters accolgono i rumor sul presunto assist di Trump all’Italia con un malcelato scetticismo:
“Chiaramente, questa è stata la notizia della mattinata e spiega probabilmente il balzo (dei BTP) all’avvio delle contrattazioni, – avverte Christoph Rieger, responsabile della strategia dei tassi per Commerzbank – Ma sarei cauto, visto che gli Stati Uniti non hanno un fondo sovrano e sia il Tesoro Usa che la Fed hanno un mandato per interventi del genere”.
Matt Cairns, strategist dei tassi presso Rabobank, crede che sia più probabile che gli Stati Uniti decidano di aiutare l’Italia investendo nell’economia, probabilmente nei progetti sulle infrastrutture.
Dopo essere scesi di due punti base, fino al 3,08%, all’inizio della sessione, i tassi decennali tornano a salire fino al massimo intraday del 3,1380%, a fronte di uno spread proiettato verso quota 280.
L’AVVERTIMENTO DOPPIO DI BINI SMAGHI E IGNAZIO ANGELONI
Tutto questo, mentre un attenti viene lanciato da diversi rappresentanti del mondo dell’alta finanza, Lorenzo Bini Smaghi (ex membro del Consiglio direttivo della Bce), incluso.
Secondo Bini Smaghi, l’Italia ha bisogno più che mai di un Consiglio dei ministri, anche all’inizio di settembre, “che fissi alcuni paletti fondamentali su cui imperniare il ritorno della fiducia verso il nostro Paese”.
“L’ideale sarebbe una sorta di pre-approvazione del primo comma dell’articolo 1 della Legge di Bilancio, con il dato dell’indebitamento della pubblica amministrazione per il 2019. Si anticipi insomma a quanto si vuole fissare il rapporto deficit/Pil e di conseguenza il debito“.
Bini Smaghi avverte l’ansia da spread che ormai assilla l’Italia:
“Gli investitori, le agenzie di rating, i mercati, si stanno focalizzando sempre più sulla data di metà ottobre, quando verrà presentata la Legge di Bilancio. Ma il concentrarsi delle aspettative su questa specie di D-Day per il nostro Paese crea tensioni, nervosismo, incertezze. E sempre più operatori, a partire dagli stranieri, finiscono con l’abbandonare l’Italia. Se non si dà un segnale forte per interrompere quest’ossessione del 15 ottobre, la fuga dei capitali che già conosce un’accelerazione pericolosa, si accentuerà, lo spread s’impennerà e alla fine a farne le spese saremo tutti, imprese e cittadini”.
Avvertimento anche da Ignazio Angeloni che, in una intervista ad Euromoney dello scorso 8 agosto che è stata poi riportata ieri dal sito della Bce, ha fatto notare che “le banche italiane hanno sofferto sui mercati e le perdite subite sui titoli di Stato hanno eroso il loro capitale di base”.
E’ vero, ha fatto notare Angeloni, che “ad oggi lo shock negativo è stato assorbito senza avere un impatto sui costi e l’erogazione del credito, ma è improbabile che ciò possa continuare se lo spread aumenta ancora”.
Insomma, per il funzionario della Bce “una stretta sul credito metterebbe a repentaglio la ripresa” in Italia, “già fragile per altri motivi”.
LA NOTA DI VONTOBEL: OCCHIO AL FATTORE DI GARANZIA DI MATTARELLA
Intanto, nella nota “Titoli di stato italiani: Nessun Dorma” Mondher Bettaieb, responsabile della divisione di reddito fisso presso Vontobel AM, scrive che esiste “un gruppo di persone legato all’Italia il cui attuale stato emotivo potrebbe essere descritto dal titolo della canzone (facendo riferimento all’aria finale dell’opera Turandot di Puccini): “gli investitori in titoli di Stato italiani, molti dei quali stanno attraversando notti insonni a causa del rapido allargamento degli spread sui titoli di Stato italiani quest’estate”.
“La causa principale dello stress è la politica – spiega Bettaieb – Gli investitori temono che le trattative in corso per il bilancio 2019 possano portare a una violazione delle linee guida della Commissione Europea sul deficit del 3%. Ciò sarebbe in netto contrasto con il precedente bilancio del Governo italiano, il quale prevedeva solo un disavanzo dello 0,8% che avrebbe consentito una graduale riduzione del debito”.
Detto questo, il fatto che il dicastero dell’Economia sia occupato da un ministro dell’Economia “conservatore” come Giovanni Tria, e considerando che “la Commissione Europea dispone di una certa flessibilità che potrebbe consentire di escludere alcuni investimenti infrastrutturali dal calcolo del debito”, insieme alla considerazione che dovrà essere il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad approvare il bilancio – “e Mattarella ha dichiarato pubblicamente che non firmerà un bilancio che metta a repentaglio la stabilità finanziaria del paese, come senza dubbio farebbe una violazione della regola del 3% della Commissione Europea – porta l’esperto di Vontobel a credere che, “anche se la volatilità dei titoli di Stato italiani è aumentata durante l’estate, si possa trovare un buon compromesso tra l’Italia e la Commissione Europea”.
Un “compromesso ragionevole”, scrive Bettaieb, “ridurrebbe sicuramente la necessità di importanti azioni di rating negativo da parte delle agenzie di rating, magari limitate a mere variazioni di prospettiva, e sosterrebbe il debito italiano. È da notare che lo scenario di base di Morgan Stanley per l’Italia prevede solo 223 miliardi di euro lordi di emissioni di debito nel 2019, mentre l’emissione netta è di soli 35 miliardi di euro dopo i reinvestimenti, il che non sembra oneroso”.