Materie prime in ripresa: cosa c’è alla base della performance solida
Dopo cinque anni di mercato ribassista, le materie prime mostrano segnali di ripresa con afflussi record. Che cosa c’è alla base di questa loro solida performance è quello che si chiede Aanand Venkatramanan, analista di ETF Systematic Strategies, Index Funds di Legal & General IM.
L’andamento attuale delle materie prime
L’andamento delle materie prime dipende, in gran parte – sottolinea l’analista – da fattori che non sono necessariamente collegati a quelli che muovono i mercati azionari e obbligazionari. ”Di conseguenza, i loro rendimenti tendono a essere meno correlati con le asset class tradizionali e fungono da strumento di diversificazione del portafoglio, grazie alla capacità di ridurre la volatilità complessiva dell’allocation e proteggere dall’inflazione”.
L’oro ha registrato afflussi relativamente forti nella prima metà del 2018 (circa 5 miliardi di dollari americani) a cui poi sono però seguiti deflussi, mentre il settore energy ha dato il maggior contributo ai rendimenti totali dell’indice delle broad commodities nel 2018, seguito dai cereali e dai metalli industriali. La performance dei cereali è stata invece determinata da una contrazione, più veloce di quanto atteso, delle scorte globali. I prezzi del petrolio potrebbero risentire delle incertezze relative all’offerta come conseguenza delle sanzioni USA all’Iran e dell’attuazione dei target produttivi concordati dall’OPEC a Vienna.
La view di Legal & General Investment Management
Secondo l’analista la combinazione di dinamiche positive di domanda e offerta e la ripresa del CBOE Volatility Index (VIX) dovrebbe continuare a sostenere le materie prime rispetto alle azioni e obbligazioni. Tuttavia si attende che la crescita si stabilizzi o entri in una fase di correzione del mercato, visto che le banche centrali si stanno direzionando verso il quantitative tightening. ”Considerata la correlazione tra la performance delle materie prime e l’aumento della crescita globale, una correzione del 20-30% nei mercati azionari potrebbe avere forti conseguenze negative per i flussi nelle materie prime”.