Yuan in rialzo, Pechino rinuncia alla guerra valutaria? Un alert per Usa arriva però dai Treasuries
La Cina riesce a mantenere calma e sangue freddo, sembra, più di quanto riesca a fare il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. E’ almeno questa l’impressione che si ha nel sentire le dichiarazioni dello stesso premier cinese Li Keqiang che, confermando praticamente i commenti che sono stati rilasciati qualche ora prima dalla People’s Bank of China, la banca centrale cinese, ha detto che la Cina non ha alcuna intenzione di decretare l’inizio di una guerra valutaria, procedendo alla svalutazione dello yuan, e rispondendo così ai dazi doganali che Trump ha annunciato ieri per un valore di $200 miliardi.
Nessuna svalutazione competitiva, dunque: motivo per cui la valuta cinese, lo yuan per l’appunto, sale per la seconda sessione consecutiva nei confronti del dollaro.
Così il premier Li, parlando in occasione di un evento organizzato dal World Economic Forum nella città di Tianjin. Senza menzionare le parole guerra commerciale, Li ha affermato che un eventuale “deprezzamento unilaterale dello yuan, alla fine provocherebbe alla Cina più danni che benefici” facendo anche quella che sembra una promessa: “La Cina non deciderà mai di affidarsi alla svalutazione dello yuan per stimolare le esportazioni”.
Il fatto che Pechino non ricorrerà alla guerra valutaria non significa tuttavia che non utilizzerà un’altra arma altrettanto pericolosa: quella dei sell off dei Treasuries che detiene come primo finanziatore straniero del debito degli Stati Uniti. E così è stato nel mese di luglio.
L’esposizione verso il debito Usa di Pechino è scesa infatti nel mese a $1,171 trilioni, al minimo in sei mesi, dagli $1,178 trilioni di giugno. Il Giappone, invece, secondo principale detentore dei titoli di stato Usa, ha visto la propria quota salire a $1,04 trilioni da $1,03 trilioni precedenti.
Alcuni strategist intervistati dalla Cnbc sottolineano tuttavia che è improbabile che Pechino userà l’arma dei Treasuries per vendicarsi contro gli Stati Uniti di Trump. E’ molto più probabole, al oro avviso, che la Cina scelga la strada delle risorsioni commerciali, imponendo dazi sui prodotti Usa importati.