Giorgetti: ‘spread rischio per banche’, alert aumenti capitale. Che sarebbero più costosi dopo tonfo titoli
Dell’intervista che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, il leghista Giancarlo Giorgetti, ha rilasciato a Il Messaggero, affrontando tra i vari temi anche quello dei rischi dello spread sulle banche, ne parla anche il Guardian, nell’articolo “Italian bank fears expected to grow after debt downgrade”, ovvero “Previsto un aumento dei timori sulle banche italiane dopo il downgrade sul debito”. Il downgrade sul debito è quello arrivato da Moody’s, che ha abbassato di un gradino il rating, portandolo a un passo dal livello ‘junk’ (spazzatura).
Giorgetti non ha snobbato l’importanza dello spread, tutt’altro, affermando che le conseguenze negative possono colpire non tanto le famiglie, quanto “il sistema creditizio, che ha già delle sue criticità. L’aumento dello spread, la quantità di debito pubblico che hanno e le nuove regole bancarie dell’Unione, mettono in tensione il sistema e possono generare la necessità di ricapitalizzare alcuni istituti che già di per sè hanno delle fragilità patrimoniali. Non possiamo far finta di niente ed ignorare questi problemi”.
A tal proposito, l’agenzia di rating Fitch ha avvertito giorni fa che un downgrade dell’Italia innescherebbe una bocciatura di una simile portata su sei banche, tra cui anche grandi nomi tra cui UniCredit e Intesa SanPaolo (leggi qui gli altri).
Dell’impatto negativo che il balzo dello spread ha sulle banche ha parlato ad Affari e Finanza Giampaolo Galli, economista e vicedirettore dell’Osservatorio dei conti pubblici, autore di un rapporto sullo spread che l’inserto economico del quotidiano La Repubblica ha pubblicato in anteprima nella giornata di oggi. Rapporto che indica come il costo che l’Italia deve sostenere per il balzo del differenziale è di ben 18 miliardi di euro, che lo Stato sarà costretto molto probabilmente a finanziare attraverso inevitabili aumenti delle tasse e tagli alle spese.
Riguardo alle conseguenze sul settore bancario, Galli si è così espresso:
“Una regola di matematica finanziaria dice che quando aumentano i tassi d’interesse il valore dei titoli diminuisce. Dato che i titoli di Stato rappresentano circa il 10% per cento dell’attivo delle banche (364 miliardi secondo Bankitalia), all’aumentare dei tassi si erode il loro patrimonio, il che – continua Galli – in base alle regole prudenziali internazionali, le obbliga a ridurre il credito“.
Inoltre alle banche tocca bussare alle porte del mercato, per ricapitalizzarsi. Porte che sicuramente non si aprono facilmente visto che, proprio a causa degli effetti dello spread sulle banche, i titoli bancari vedono (come è già accaduto) i loro valori zavorrati dai sell off, e ciò rende più costosa l’operazione di aumento di capitale.
Viene ricordato nell’articolo di A&F che da metà maggio l’indice dei titoli bancari (italiani) ha perso oltre il 33%.
“Il rapporto stima – si legge ancora – che in media 100 punti base di spread riducano la capitalizzazione delle prime cinque banche italiane di 13,6 miliardi. Per di più, la manovra comprende nuovi oneri fiscali per le banche (e le assicurazioni) di 3-4 miliardi. Come se non bastasse il 26 ottobre inizia la raffica di rating delle agenzie, che la maggior parte degli economisti prevede al ribasso fino a sfiorare il livello junk. Infine il 2 novembre lo European Banking Authority comunica i risultati degli stress test, quest’anno resi più insidiosi da nuovi standard e parametri”.
Occhio inoltre al rapporto di Bankitalia, che ha confermato la fuga degli investitori stranieri dai BTP. I dati sono stati commentati da Il Sole 24 Ore, che ha fatto riferimento anche in questo caso al doom loop, ovvero a quell’abbraccio mortale tra le banche italiane e i BTP e i titoli di debito pubblico italiano che detengono:
Così Il Sole 24 Ore ha commentato il rapporto di Bankitalia secondo cui gli investitori stranieri hanno “venduto titoli di portafoglio italiani per 17,8 miliardi (di cui 17,4 titoli pubblici” solo nel mese di agosto. Il saldo da maggio ad agosto ha certificato inoltre una fuga di capitali di 66,4 miliardi.
“Oggi gli investitori stranieri hanno in portafoglio circa 650 miliardi di euro di titoli di stato italiani. Il 27,9% del nostro debito pubblico. Questa percentuale è nettamente calata da quando si è insediato il nuovo Governo. Ad aprile -segnala Bankitalia -c’erano infatti 722,2 miliardi di titoli di Stato in mano agli investitori esteri. Il 31,2% del totale. Chi ha assorbito i BTP scaricati dai fondi esteri? Principalmente banche e assicurazioni italiane, la cui esposizione in BTP è salita da aprile in poi di 73,6 miliardi di euro”.
“Ma – ha fatto notare Il Sole 24 Ore – le istituzioni finanziarie nazionali non potranno continuare a compensare il calo degli acquisti dall’estero all’infinito. Anche perchè l’aumento dello spread le penalizza, dato che va a erodere il loro patrimonio. Equita Sim stima che ogni 100 punti base di spread BTP-Bund in più vadano a ‘mangiare’ il capitale di migliore qualità (Cet1) delle banche, in media, di 38 punti base. Secondo Credit Suisse, se lo spread dovesse superare la soglia critica dei 400 punti alcuni istituti dovrebbero addirittura varare aumenti di capitale“.