Carige rialza testa in Borsa, mercato si sofferma su prossime mosse dopo piano salvataggio
Banca Carige guardata a vista a Piazza Affari, dopo la presentazione del piano di salvataggio di messa in sicurezza dell’istituto, a cui prenderà parte il Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd). Dopo il tonfo di ieri, con il titolo del gruppo ligure che è riuscito a fare prezzo solo nel finale della seduta, chiudendo la giornata a Piazza Affari a 0,0019 euro (-48,65%), oggi va in scena un tentativo di rialzo. L’azione avanza di oltre il 21% a 0,0023 euro.
Intanto per la seduta odierna Consob ha deciso di vietare temporaneamente le vendite allo scoperto sul titolo Banca Carige. Il provvedimento, si legge nella nota diffusa oggi, ha efficacia per l’intera seduta odierna. Il divieto è stato adottato in applicazione dell’articolo 23 del Regolamento comunitario in materia di ‘Short Selling’, tenuto conto della variazione di prezzo registrata dal titolo nella giornata di ieri (superiore alla soglia del -10%). Il divieto riguarda le vendite allo scoperto assistite dalla disponibilità dei titoli. Con ciò viene estesa e rafforzata la portata del divieto di vendite allo scoperto nude, gia’ in vigore per tutti i titoli azionari dal primo novembre 2012.
Il piano messo a punto da Modiano e Innocenzi
Un piano di rafforzamento del capitale per 400 milioni di euro è stato presentato da Carige nella giornata di lunedì, quando sono stati diffusi anche i risultati dei primi nove mesi del 2018. Il piano messo a punto dai nuovi vertici della banca ligure, guidata dallo scorso settembre da Pietro Modiano (presidente) e dell’amministratore delegato Fabio Innocenzi, prevede due fasi : punto di partenza l’emissione di obbligazioni subordinate Tier 2 con meccanismi di conversione per un ammontare compreso tra 320 milioni e 400 milioni; in seconda battuta un aumento di capitale in opzione da 400 milioni (con assorbimento del prestito subordinato) che dovrebbe essere lanciato in primavera. In soccorso di Carige, come detto, è sceso in campo il sistema bancario italiano, attraverso il Fondo interbancario che altro non è che un consorzio di diritto privato tra banche, con lo scopo di garantire i depositanti delle banche consorziate. Fitd che sottoscriverà un prestito subordinato per un valore non superiore ai 320 milioni di euro.
In vista del consiglio di amministrazione straordinario dell’istituto di Genova, che dovrebbe tenersi domani per formalizzare la riunione del 21 dicembre sull’aumento di capitale da 400 milioni in opzione ai soci, “Il Messaggero” in edicola oggi si è soffermato sulle posizioni delle banche italiane. “Intesa Sanpaolo hanno preannunciato l’adesione pro-quota all’operazione”, scrive il quotidiano romano aggiungendo che il gruppo guidato da Carlo Messina, il cui cda si terrà settimana prossima a Torino, dovrebbe deliberare una sottoscrizione di circa 70,5 milioni, mentre Unicredit (chiamata a versare 69 milioni) dovrebbe convocare un board straordinario entro la prossima settimana. Tra le altre big bank italiane, Ubi Banca, per bocca dell’a.d. Massiah, è orientata a partecipare all’operazione (la quota in questo caso è di 17,5 milioni), così come Bper (6,5 milioni). Tra gli indecisi, indica “Il Messaggero”, c’è Banco Bpm (la sua quota è di circa 25,5 milioni) il cui cda si riunirà il 29 novembre. “Mentre Mps deve valutare l’opportunità anche alla luce degli impegni presi con l’Europa in termini di investimenti su altri soggetti”, scrive “Il Sole 24 Ore”. L’ad di Creval, Mauro Selvetti, ha mostrato una certa cautela, dichiarando “valuteremo”. Fuori dai giochi si chiama invece Credem, che già non aveva partecipato al round per il salvataggio delle tre Casse. Il comitato di gestione del Fitd ha convocato per il 30 novembre l’assemblea che dovrà approvarla.
Sempre secondo indiscrezioni stampa, Malacalza Investimenti, azionista di riferimento di Carige con una partecipazione pari al 27,5, potrebbe non sottoscrivere il bond da 320 milioni coperto dal Fondo interbancario di tutela dei depositi. Secondo quanto riportato da “La Stampa”, la possibile retromarcia di Malacalza potrebbe essere dettata dalla “mancanza di informazioni sull’operazione”. Ma, secondo alcuni, “potrebbe essere stata la perdita di 189 milioni”, annunciata sempre lunedì. Raffaele Mincione (con una quota del 5,4%) è disposto a partecipare.