Petrolio, WTI boom +5% dopo tregua dazi Usa-Cina e in attesa Opec. Attenti a shock Qatar
La tregua commerciale siglata tra il presidente americano Donald Trump e l’omologo cinese Xi Jinping piace ai mercati: non solo rally dell’azionario, con la borsa di Shanghai – diretta interessata – che balza nei massimi intraday fino a +3% e i futures sul Dow Jones che volano di oltre +450 punti. Ad accogliere positivamente la tregua nella guerra commerciale tra le due potenze economiche globali sono anche i prezzi del petrolio, che segnano un poderoso rally: in particolare il contratto WTI scambiato sul Nymex di New York sale fin oltre +5%, plaudendo all’intesa Usa-Cina, raggiunta in occasione del G20 di Buenos Aires.
Con l’accordo, gli Stati Uniti si sono impegnati a posticipare di 90 giorni l’aumento dei dazi al 25% che sarebbe entrato in vigore il prossimo 1° gennaio del 2019, colpendo merci cinesi per un valore di $200 miliardi. Dal canto suo, la Cina si è impegnata ad acquistare maggiori quantità di prodotti agricoli Usa. Nelle ultime ore, il presidente americano Trump ha pubblicato inoltre un post su Twitter, rendendo noto che Pechino si muoverà anche per rimuovere o tagliare dazi sulle auto made in Usa, attualmente fissati al 40%.
La tregua commerciale tra gli Usa e la Cina riattivano sui mercati la propensione al rischio.
In una nota ai clienti, Morgan Stanley ha scritto che “l’accordo di continuare a trattare per 90 giorni, e di non applicare in questo arco temporale nessun dazio, è una sorpresa positiva”, anche se i negoziati tra le controparti presenteranno secondo la banca americana più di un ostacolo.
Il balzo dei prezzi del petrolio si spiega anche con l’attesissimo meeting dell’Opec, in calendario il prossimo giovedì 6 dicembre, in cui i leader del cartello, insieme alla Russia che è un paese non Opec, dovrebbero secondo le speculazioni accordarsi per un taglio della produzione, volto a risollevare le quotazioni del petrolio, che hanno perso circa un terzo del loro valore dal mese di ottobre.
La maggior parte degli analisti prevede una riduzione di 1-1,4 milioni di barili al giorno rispetto ai livelli di ottobre. Così Fitch Solutions in una nota:
“Le previsioni sono per tagli coordinati volti a ridurre l’eccesso di offerta sul mercato e a riallineare il mercato alla crescita più lenta della domanda”.
Tutto questo, mentre i produttori petroliferi degli Stati Uniti continuano a macinare quantità record di petrolio, se si considera che la produzione di crude è salita a un livello senza precedenti, superiore a 11,5 milioni di barili al giorno. Tra l’altro, con le attività di trivellazioni ancora alte, molti strategist prevedono un ulteriore aumento della produzione di petrolio Usa nel corso del 2019.
Intanto, sempre dal fronte petrolifero, negli ultimi minuti è arrivato l’annuncio del Qatar, che ha deciso di lasciare l’Opec a partire dal prossimo 1° gennaio 2019. Un annuncio shock, se si considera che il paese ha fatto parte del cartello per ben 57 anni.
Il ministro dell’Energia Saad al-Kaabi ha detto che alla base della decisione non c’è alcuna motivazione di natura politica, ma solo il desiderio di un “cambiamento strategico e tecnico”. Il ministro ha aggiunto anche che la mossa non è collegata al boicottaggio politico ed economico orchestrato dai sauditi nel 2017. Sta di fatto che, sebbene tra i produttori di petrolio più piccoli dell’Opec, il Qatar si conferma tra i maggiori produttori di LNG (ovvero gas naturale liquefatto).
Da segnalare che è dallo scorso giugno del 2017 che l’Arabia Saudita, insieme agli altri tre stati arabi Emirati Arabi Uniti, Egitto e Bahrein, ha tagliato tutti i rapporti commerciali con il paese, accusando Doha di essersi alleato con l’Iran per sostenere il terrorismo. Doha ha sempre negato le accuse.