Italia, mercati emergenti, credito, Cina: Goldman Sachs presenta la Top Ten dei temi del 2019
Con la manovra del governo M5S-Lega, le tensioni con Bruxelles con tanto di rischio di procedura di infrazione che potrebbe scattare già il prossimo 19 dicembre con tanto di sanzioni, il rallentamento del suo Pil ma anche dell’economia globale, le elezioni europee di maggio, l’Italia non può non figurare tra i principali temi a cui guarderanno gli investitori nel 2019. Non tra quelli di Goldman Sachs, per lo meno, come si legge nel report “Top Ten Market Themes for 2019”.
I problemi tutti italiani compaiono nel punto 6 della lista Top Ten, sotto il capitolo dedicato all’Europa. Il titolo è più che indicativo: “Italy Casts a Dark Cloud”.
Goldman Sachs fa notare, riferendosi all’Europa intera che, “in quello che si rivela un netto contrasto rispetto al 2017 e alla maggior parte del 2016, il 2018 continua a confermarsi un anno difficile per gli asset di rischio europei”. Di fatto, “i ritorni sull’azionario in tutti i paesi sono fortemente negativi e gli spread dei tassi rispetto a quelli dei Bund tedeschi si sono ampliati in modo significativo (soprattutto nei mercati dei crediti corporate)”. Ancora, “l’euro ha ritracciato in modo notevole nei confronti del dollaro”.
Gli analisti fanno riferimento alla crescita economica dell’area più debole, all’escalation delle tensioni sulla manovra italiana, alle incertezze sulle trattative sulla Brexit e alla prospettiva della fine del piano di Quantitative easing della Bce.
Goldman prevede che “l’appetito verso il rischio (in Europa) rimarrà limitato almeno fino a quando la crisi legata alla manovra italiana non sarà risolta, e ciò potrebbe avvenire nel bel mezzo del prossimo anno inoltrato”. Per questo, “preferiamo il mercato del credito corporate in dollari Usa a quello in euro, mentre nel mercato dei debiti sovrani la preferenza è sui tassi UK rispetto a quelli dell’Eurozona”.
L’euro è previsto invece in recipero, anche se nel “breve periodo il rapporto rischio-premio non è considerato invitante”.
Guardando all’intera Top Ten dei temi di mercato, al primo posto c’è il Tema della crescita e del rischio: il consiglio è di rimanere investiti, e di orientarsi verso gli asset di qualità.
Secondo tema: considerare il rischio al ribasso…e per questo utilizzare gli strumenti di hedge macro. “Siamo ancora negativi sulla duration Usa, ma i Treasuries sono diventati più appetibili come strumento hedge di portafoglio”. Inoltre, “lo yen potrebbe tutelare (gli investitori) da un eventuale dietrofront degli asset di rischio”.
Terzo tema, la politica restrittiva della Fed, che non dovrebbe presentare tuttavia “rischi insormontabili” per i mercati”. A tal proposito, “sebbene prevediamo due rialzi dei tassi in più nel 2019 rispetto a quanto scontato dai mercati, crediamo anche che “11 dei 13 rialzi dei tassi da parte della Fed siano già avvenuti o comunque siano stati scontati”.
Secondo Goldman, “la curva dei rendimenti dovrebbe continuare ad appiattirsi” e il tasso di crescita più basso e la bassa volatilità sui tassi dovrebbero consentire agli asset MBS di sovraperformare rispetto al credito corporate IG.
Quarto tema: Occhio ai profitti societari, visto che la presenza di ostacoli tipici della fine del ciclo economico “metteranno probabilmente sotto pressione i margini (delle aziende), provocando una maggiore dispersione tra i settori e le imprese”. Sulla base di questo presupposto, ovvero della prospettiva di un outlook più denso di sfide per i margini, il consiglio è di preferire le aziende che beneficiano di un rating IG (investment grade) a quelle high yield.
Quinto tema: l’economia Usa. Goldman mette in evidenza la presenza di “sacche di vulnerabilità nei mercati del credito, che sono tra l’altro aumentate negli ultimi anni: ciò potrebbe costituire un rischio per la stabilità finanziaria”. Dal punto di vista dell’allocazione del portafoglio, “preferiamo le tranche high-quality consumer ABS ai corporate bond con rating IG”.
Sesto tema è rappresentato dall’Italia, come specificato all’inizio dell’articolo.
Settimo tema: Attenzione alle piccole economie del G10 e ai mercati emergenti, dove le banche centrali si apprestano a varare politiche monetarie restruttive. Per gli economisti, i paesi più solidi sono l’Ungheria, il Canada, la Repubblica Ceca, la Norvegia, Israele, e, “forse”, la “Nuova Zelanda (sebbene qui l’inflazione rappresentata dagli elevati prezzi degli immobili rappresenti un rischio al ribasso). Avendo l’inflazione quasi raggiunto il target delle banche centrali, Goldman Sachs prevede un aumento dei tassi in questi paesi (e anche in Svezia e Australia) nel 2019, escludendo invece una stretta in Svizzera. Si evidenziano opportunità in termini di tassi e di posizioni long sulle valute soprattutto Canada, Norvegia, Israele, Ungheria, Nuova Zelanda.
Ottavo tema: una politica monetaria espansiva controllata in Cina. Il rallentamento dell’economia cinese è tale che, secondo gli analisti, Pechino lascerà intendere che il momentum della crescita stia ormai decelerando a livelli che ben presto saranno considerati non più accettabili. Detto questo, “i titoli azionari cinesi e i bond corporate presentano un valore decente, e se la crescita cinese dovesse stabilizzarsi in linea con l’obiettivo delle autorità di tornare a sostenere gli investimenti nelle infrastrutture, ci potrebbero essere anche margini di rialzo”.
Nono tema: “le valutazioni degli asset dei mercati emergenti sono ora più appetibili dopo un 2018 difficile, ed è probabile assistere a ritorni positivi in un contesto di crescita più stabile nel settore”. In termini di investimenti, “preferiamo le azioni dei mercati emergenti rispetto a quelle di Europa e Giappone”.
Decimo tema: focus sulle commodites che, secondo gli strategist di Goldman Sachs, recupereranno terreno, con l’indice Enhanced S&P GSCI Index atteso in rialzo fino all’8-9% nel corso dei prossimi 12 mesi. L’outlook è più positivo per il rame, per cui si prevede un margine di rialzo, e meno confortante per i prezzi del petrolio, attesi piatti nel corso dei prossimi 12 mesi, con i prezzi del Brent che dovrebbero anzi tornare a $65 entro la fine del 2019.