Mercati giù ma nessun tracollo post-Fed, soffrono oro e criptovalute
La Fed apre a rialzi dei tassi a partire da marzo e Jerome Powell non esclude la possibilità di una serie di strette senza sosta nel corso del 2022. Una prospettiva che ha spaventato Wall Street, che si era mossa in rialzo per tutto il giorno reagendo inizialmente bene anche allo statement della Fed. “Ho la forte sensazione che potremo alzare i tassi senza mettere a repentaglio l’occupazione – ha detto Powell – Esiste un bel po’ di spazio per alzare i tassi senza procurare danni al mercato del lavoro”.
Le aspettative di una Fed proattiva hanno spinto al rialzo i rendimenti dei Treasury. Il titolo a 2 anni ha toccato un picco dell’1,1920%, livello più alto da febbraio 2020. Il rendimento del Treasury a 10 anni ieri ha toccato un massimo a 1,88%.
Borse negative ma senza tracolli, oro e cripto giù
In affanno questa mattina le Borse europee in attesa di vedere come aprirà Wall Street (i futures sono intonati al ribasso). Il Dax cede l’1,29%, mentre il Ftse Mib italiano limita i cali a -0,29%.
Tra le altre asset class si segnala la reazione negativa dell’oro arrivato a cedere stamattina l’1,5% in area 1.808,45 dollari l’oncia. Oltre -2% per l’argento. In ripiegamento anche il petrolio con Brent a 88,5 $ dopo che ieri si era portato fino a 90$ sui massimi a sette anni.
Reazione abbastanza composta delle criptovalute, già fortemente vendute nelle ultime settimane proprio sulla prospettiva di una Fed più aggressiva nel contrastare l’inflazione. Il bitcoin viaggia in area 36.000 $, giù del 3,7% nelle ultime 24 ore (dati CoinDesk), dopo che ieri prima della Fed si era spinto fino a 38.920 dollari. Ribasso analogo per l’ethereum in area 2.400 $.
Sul Forex il dollaro si apprezza con cross eur/usd sotto 1,12. “La conferenza stampa aggressiva di Powell ha visto il dollaro tornare ai massimi. L’attenzione è ora tornata esattamente sul numero di rialzi dei tassi piuttosto che sul ridimensionamento del bilancio. E un dibattito sul fatto che la Fed inizi il ciclo con 25 o 50 punti base dovrebbe mantenere sostenere il dollaro fino a marzo”, asseriscono gli esperti di Ing.
Donovan (Ubs) non vede un percorso Fed segnato
La conferenza stampa di Jerome Powell è stata interpretata come hawkish dal mercato, anche se c’è chi rimarca come il non escludere l’eventualità di un atteggiamento più aggressivo sia dettato più che altro dall’incertezza dell’attuale scenario inflattivo. “È probabile che la Fed alzi i tassi con cautela se l’inflazione rimane transitoria e la Fed non può fare nulla al riguardo – rimarca oggi Paul Donovan, capo economista di UBS Global Wealth Management – . Gran parte dell’inflazione eccessiva negli Stati Uniti è dovuta al balzo del prezzo del carburante e delle auto usate: la politica della Fed non influisce su nessuno dei due. Se i fattori trainanti dell’inflazione cambiano e diventano qualcosa che la Fed potrebbe influenzare, sembra probabile una posizione politica più aggressiva”. Prima della Fed lo stesso Donovan aveva detto in maniera laconica: “C’è poco che la Fed può fare per influenzare il prezzo di una Honda Civic del 2001”.