Il paradosso: con rischio deficit-Pil al 3,5% Francia di Macron fa da assist all’Italia. Spread in calo fino a 250 pb?
Spread BTP-Bund sotto quota 290 punti base, a fronte di rendimenti che oscillano attorno al 3,11%, ben lontani dal massimo intraday testato oggi al 3,27%.
Nelle ultime sessioni, a catalizzare l’attenzione degli investitori globali sono stati, più che i bond italiani, quelli francesi, sulla scia dei disordini sociali che, attraverso la protesta dei Gilet Gialli, stanno scuotendo la Francia intera, e anche i piani del presidente Emmanuel Macron. Macron si è trovato costretto, infatti, a inchinarsi al volere del popolo, e a promettere di aumentare il salario minimo e una serie di agevolazioni e tagli alle tasse.
Il punto è che, secondo quanto ha riportato oggi Les Echos, tutte queste misure – valutate fino a 10 miliardi di euro – potrebbero far schizzare il deficit-Pil francese dal target per il 2019 fissato al 2,8%, fino al 3,5%, ben al di sopra del limite massimo del 3% consentito dalle regole di bilancio Ue. E tutto questo, mentre il premier Giuseppe Conte spera di ricevere il via libera alla legge di bilancio dalla Commissione, che chiede che il deficit-Pil italiano scenda all’1,95% – stando alle indiscrezioni stampa – dal 2,4% attuale e rispetto al 2,2% che i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini considererebbero una soglia intoccabile.
In questa situazione, suo malgrado, Macron rischia di fare un grande favore all’Italia, visto che, se davvero il deficit-Pil della Francia dovesse salire al 3,5%, Bruxelles non avrebbe più ragione di alzare i toni contro il governo M5S-Lega. Il potere contrattuale dell’esecutivo giallo-verde sta già salendo, sulla scia di queste previsioni.
Intanto, i bond sovrani di Parigi stanno iniziando a scontare anche il rischio di un downgrade sul rating del debito. Intervistato da Bloomberg Patrick Perret-Green, responsabile della divisione di ricerca presso AdMacro, ha detto a tal proposito che un deficit al 3,5% farebbe salire “il rapporto debito-Pil al di sopra del 100%”. Di conseguenza, si è chiesto l’esperto, “dovremmo parlare per caso di un downgrade?”.
Antonio Cesarano, Chief Global Strategist di Intermonte SIM, conferma che “le ultime vicende in UK ed in Francia stanno paradossalmente rivelando un potenziale alleato dell’Italia nei negoziati con la Commissione” europea.
L’Ue è, di fatto, assediata da richieste da più fronti. Da un lato l’Italia, che spinge affinché la manovra del governo M5S-Lega ottenga il via libera di Bruxelles e che dunque venga evitata la procedura di infrazione per violazione delle regole europee. Dall’altro lato, la premier britannica Theresa May alle prese con una gestione della Brexit sempre più caotica, che sarebbe “intenzionata a chiedere concessioni ulteriori alla UE prima di presentare il piano al voto del parlamento per evitarne la bocciatura”.
Lo strategist fa notare che lo spread “continua a stazionare sotto i 290pb, in un contesto di drastico calo dei volumi (ieri il Btp future decennale ha scambiato circa 52.000 contratti, meno della metà della media degli ultimi 15 giorni). “A supportare lo spread”, è “anche l’assenza di pressioni dal lato dell’offerta, dopo la consueta cancellazione delle aste di dicembre da parte del MEF. Inoltre, gli operatori sono in attesa della riunione Bce di giovedì, da cui arriveranno importanti dettagli su come Draghi intenderà orientare i reinvestimenti di bond in scadenza nel 2019, alla luce anche della recente revisione delle capital Key”.
In questa situazione, spiega Cesarano, “l’ipotesi di raggiungimento dei 250 pb in termini di spread è ancora in essere” e “dipenderà molto dall’esito del confronto con la Ue. Domani è atteso il confronto del premier italiano con il presidente della commissione prima del Consiglio europeo del 13-14 dicembre. La data chiave rimane sempre quella del 19 dicembre, quando si esprimerà la Commissione europea”.
Anche Arthur Jurus, Economist sull’Eurozona del team di Mathilde Lemoine di Edmond de Rothschild, guarda all’Italia, sottolineando che “lo stimolo fiscale italiano avrà un effetto positivo sul consumo pubblico, ma un impatto negativo sulla domanda del settore privato”.
Jurus spiega l’impatto che i tassi sui BTP potrebbero avere sull’economia e le banche italiane:
“L’aumento dei tassi di interesse sovrani ha storicamente portato a un aumento dei costi di finanziamento per le banche. Al fine di preservare i loro margini, le banche hanno generalmente trasferito questo aumento sulla clientela in termini di costi finanziari, pesando sull’andamento del credito senza alcun aumento nei tassi di prestito. D’altra parte, qualunque nuova operazione a lungo termine da parte della BCE fornirebbe alle banche con una liquidità a basso costo, che potrebbe limitare la crisi del credito. Nonostante la debole crescita del mercato del lavoro in Italia, si prevede che le aziende continuino ad assumere, il che sarà in parte sostenuto dalla riduzione dell’imposta sul reddito delle aziende (dal 24% al 15%) a condizione che gli utili siano reinvestiti in capitale merci e nella creazione di posti di lavoro. Di conseguenza, è previsto un calo del tasso di disoccupazione, ma senza significative pressioni sui salari. Il settore delle costruzioni (quasi il 18% del PIL) dovrebbe rallentare. La possibile introduzione di un reddito universale avrebbe un impatto macroeconomico inferiore allo 0,1% del PIL. Questi effetti positivi rimarrebbero insufficienti per compensare l’effetto negativo dell’aumento dei tassi sovrani italiani sulla domanda privata. Infine, le discussioni tra il governo italiano e la Commissione europea dovrebbero limitare l’apprezzamento dell’euro all’inizio del 2019, ma non implica un effetto contagio sul comparto del debito sovrano. Inoltre, in vista delle elezioni europee del maggio 2019, che potrebbero vedere i governi populisti aumentare la loro rappresentanza, la Commissione Europea potrebbe adottare un atteggiamento prudente nei confronti del governo italiano. L’effetto contagio su altri mercati sovrani europei dovrebbe rimanere limitato e non dovrebbe portare ad aumenti significativi dei tassi sovrani di altri paesi dell’Eurozona a seguito della politica di reinvestimento della BCE”.