Tim: doppio cda per fissare l’assemblea, intanto Elliott si prepara e sale al 10%
Si scalda sempre di più la partita in Telecom Italia tra i soci Elliott e Vivendi che si contendono il controllo della maggior tlc italiana. Ci sarà un cda di Tim in due puntate prima della fatidica assemblea della discordia.
Il primo appuntamento è il 21 dicembre con il cda per discutere la richiesta avanzata da Vivendi di convocare “il prima possibile” l’assemblea per la nomina dei revisori e la revoca di cinque consiglieri in quota Elliott. Allo stesso tempo, è stata già fissata per il 14 gennaio un secondo cda, anticipando di tre giorni quello fissata il 17 gennaio per la nomina dei revisori. Prima di allora non si saprà nulla sui tempi dell’assemblea che potrebbe cadere a marzo, anticipando quella calendarizzata per il 17 aprile.
Il contrattacco di Vivendi, che controlla il 23,9% di Tim, al fondo Elliott, che detiene un pacchetto dell’8,9% ma avrebbe già aumentato la propria partecipazione al 10%, è arrivato il 14 dicembre, con l’accusa al presidente Fulvio Conti di agire per conto di Elliott e di aver orchestrato il “golpe” che ha destituito l’ex ceo Amos Genish.
L’obiettivo dei francesi è chiaro: sostituire i cinque componenti del board eletti con la lista Elliott ossia Alfredo Altavilla, Massimo Ferrari, Dante Roscini e Paola Giannotti de Ponti e il presidente Fulvio Conti. Già individuata la nuova cinquina: Flavia Mazzarella, Gabriele Galateri di Genola, Rob van der Valk, Francesco Vatalaro e Franco Bernabè.
In vista dell’assemblea, sarà importante capire il ruolo di Cassa Depositi e Prestiti, che detiene il 5% di Tim e che secondo gli operatori potrebbe incrementare la propria quota. Una pista scartata, però, dal vicepremier Luigi Di Maio, secondo cui “non c’è alcuna intenzione” da parte del governo di rafforzare la partecipazione. Cdp potrebbe invece ricoprire un ruolo di guida nell’eventuale nuova entità infrastrutturale che nascerebbe dalla societarizzazione e dallo scorporo della rete.
Il nodo della discordia fra Vivendi ed Elliott riguarda soprattutto la rete di Tim, che Elliott sarebbe disposta a scorporare, al contrario del primo socio transalpino che non intende “liberarsene” anche se al momento non sono chiari i progetti in merito tenendo conto della concorrenza di Open Fiber e quindi di una duplicazione delle infrastrutture che inevitabilmente va a impattare sulla tenuta del business.
L’operazione di scorporo sarebbe gradita anche al Governo che, con un emendamento alla manovra fiscale, ha creato le condizioni “tecniche” per un’eventuale fusione degli asset di rete Tim-Open Fiber ma soprattutto ha dato la linea “politica”.
Oggi il titolo Tim cede oltre l’1% a Piazza Affari, scivolando all’ultimo psoto del Ftse Mib che avanza dell’1,5%.