Apple paga warning vendite con perdita peggiore in sei anni: titolo -40% da record ottobre
Per il titolo Apple, l’incubo continua. A seguito del warning sul fatturato lanciato dal colosso americano il giorno prima, l’azione è capitolata ieri di quasi -10%, soffrendo la sessione peggiore in sei anni, ovvero dal gennaio del 2013.
Il titolo è scivolato a $142,19, minimo dal luglio del 2017, confermando il trend negativo che ormai va avanti da mesi.
Altri numeri da bollettino di guerra sono il crollo del 40% (-39,1%) dal record delle ultime 52 settimane testato a inizio ottobre, a $233,47 e la caduta del 17% negli ultimi 12 mesi.
Quel traguardo di capitalizzazione di mercato pari a $1 trilione, che Apple era riuscita a superare lo scorso anno, fino a valere $1,1 trilioni, sembra un lontano ricordo.
Il valore di mercato del gruppo si attesta ora sotto $700 miliardi, a $674 miliardi, con una perdita dunque di $452 miliardi rispetto a quel picco di appena qualche mese fa.
La portata delle perdite è gigantesca, superiore al valore di mercato di ben 496 società scambiate sullo S&P 500 (praticamente tutte, a parte qualcuna), che includono Facebook e JP Morgan.
A questi livelli Microsoft, Amazon, Alphabet (la holding a cui fa capo Google) e Berkshire Hathaway di Warren Buffett sono le uniche società scambiate sull’indice S&P 500 che presentano una capitalizzazione di mercato superiore alle perdite che il gigante dell’iPhone ha sofferto dal suo massimo recente. Tra l’altro, tra le vittime illustri del crollo delle ultime ore di Apple, c’è proprio l’investitore miliardario, noto anche come oracolo di Omaha, Warren Buffett.
Il nuovo dramma, per Apple, è arrivato l’altro ieri quando, in una lettera agli investitori, il numero uno Tim Cook ha annunciato che la società è stata costretta a rivedere al ribasso le stime sul fatturato del primo trimestre, a causa del rallentamento delle vendite che ha colpito soprattutto la Cina. Con questo annuncio, Apple ha condizionato anche il mercato del forex, alimentando l’avversione al rischio degli investitori e, di conseguenza, i flash crash del dollaro australiano e del dollaro Usa contro lo yen, valuta rifugio per eccellenza.