Carige, Popolare Bari, incubo Mps. E non è finita qui: lettera Bce a tutte le banche italiane
Prima Carige, commissariata dalla Bce all’inizio dell’anno, in amministrazione straordinaria, oggetto di decreto ad hoc da parte del governo M5S-Lega. Decreto che non esclude neanche la soluzione Mps, ovvero la ricapitalizzazione precauzionale da parte dello Stato. Poi, Popolare di Bari, vecchio caso di banca italiana in difficoltà, tornata alla ribalta con i rumor su un piano di rafforzamento patrimoniale da 500 milioni di euro.
L’istituto per ora non commenta le cifre, ma conferma il piano, i cui dettagli saranno resi noti dopo il Consiglio di Amministrazione convocato per la fine del mese. Nell’attesa, boom di rumor, che la vedono prossima a trasformarsi in società per azioni per accelerare quel processo di risanamento che è stato chiesto da Bankitalia. Altri rumor paventano anche uno spezzatino.
Ieri, è infine tornato l’incubo Mps, con lo spettro della lettera Bce diventato realtà.
Ma non è finita qui. Oggi Il Sole 24 Ore ha riportato alcune indiscrezioni, secondo cui la Bce avrebbe spedito lettere a tutti gli istituti, con la richiesta di azzerare gli NPL, ovvero i crediti deteriorati:
“Secondo quanto ricostruito dal Sole 24 Ore, nei giorni scorsi a tutti gli istituti è arrivata una lettera della Vigilanza europea in cui si auspica la svalutazione graduale, ma integrale, delle sofferenze, al più tardi entro il 2026″.
Praticamente, gli istituti hanno sette anni di tempo per svalutare al 100% gli NPL. Le lettere, viene specificato, sono state inviate a tutte le banche.
“Ogni banca avrà una propria ‘deadline’ temporale, che sarà funzione dello stato di salute e del peso degli NPL in portafoglio. Ma per tutti gli istituti italiani (ed europei) l’aspettativa della Banca centrale europea è univoca: gli istituti sono chiamati ad aumentare le coperture fino a svalutare integralmente lo stock di crediti deteriorati in un arco pluriennale predefinito, orizzonte che mediamente si aggirerà attorno al 2026″.
Insomma, non c’è pace per le banche italiane, assediate da una Vigilanza della Bce che si fa sempre più severa, pronta a chiedere di più in un contesto in cui, da anni, gli istituti vedono frenata la redditività dalla politica di tassi a zero inaugurata dall’altro braccio della Bce, quello della politica monetaria, capitanato da Mario Draghi.
L’incubo Mps continua, falcidiando le quotazioni in Borsa: ieri il titolo ha perso fino a -10% circa, riportando la perdita più forte dallo scorso maggio. Da quando è tornato agli scambi a Piazza Affari successivamente alla ricapitalizzazione precauzionale, ovvero dall’ottobre del 2017, l’azione ha perso il 69% circa del suo valore. Si ricorda che lo Stato italiano detiene una quota del 68% nel capitale della banca senese.
Capitolati ieri anche i junior bond che Mps è riuscita a emettere a gennaio dello scorso anno: ieri, il loro valore è sceso a 51 cents, al minimo record.
Così ha commentato a Bloomberg Jacopo Ceccatelli, chief executive officer of Marzotto SIM SpA:
“Non importa quanti interventi di salvataggio ci siano stati: i problemi del passato continuano a tornare, ancora e ancora. E questo è vero sia per Monte dei Paschi in particolare che per il settore bancario italiano in generale”. A dispetto delle percezioni, “progressi sicuramente sono stati fatti e, se il contesto globale non soffrirà un deterioramento eccessivo, potrebbe esserci (per le banche) la luce in fondo al tunnel”. Ma l’incognita è proprio questa, visto che ormai parlare del rischio di recessione in Italia non è più un tabù. Ieri, giusto per fare un esempio, è arrivato l’alert sull’Italia da Oxford Economics. Proprio sul rischio di recessione.