Tim senza pace: chiusura ai minimi dal 2013. Agcom costringe a nuova strategia sulla rete
Non certo un fulmine a ciel sereno. Dopo la batosta dell’alert sui conti 2018 di settimana scorsa, che ha provocato un crollo in Borsa del 7%, il titolo Tim non ha pace neanche oggi complici le tensioni sul fronte scorporo della rete.
Il titolo Tim è arrivato a cedere quasi il 3% a 0,476 euro, sui minimi da agosto 2013. Il titolo continua così a sprofondare verso i minimi storici dopo aver chiuso la seduta di venerdì. Il titolo ha ceduto circa il 45% in meno di 9 mesi. Il crollo in Borsa si è riflesso sulla capitalizzazione che, considerando le azioni ordinarie e le risparmio, ora si aggira sui 9,8 miliardi di euro.
Cosa ha detto l’Agcom
L’Agcom ha bocciato il progetto di separazione volontaria della rete Telecom in una società ad hoc, presentato a marzo dello scorso anno dalla compagnia telefonica allora guidata dal manager israeliano Amos Genish. Le valutazioni dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non mancheranno di incidere sul nuovo piano industriale 2019-2021 che verrà presentato per l’approvazione del cda il prossimo 21 febbraio, unitamente ai risultati definitivi del bilancio 2018
TIM adesso starebbe studiando che strade intraprendere nell’ottica di mantenere il controllo della preziosa infrastruttura che garantisce margini elevati. Assodato che il processo di spin-off non porterebbe comunque benefici regolamentari di rilievo, restano sul tavolo ancora due ipotesi: la costituzione di una NetCo da quotare e la fusione degli asset di rete Tim con Open Fiber (l’azienda partecipata pariteticamente da Enel e Cassa depositi e prestiti).
Elliott invoca cessione quota rete
Il fondo Elliott ha colto l’occasione per attaccare per l’ennesima volta Vivendi ribadendo che “l’attuale cda debba intraprendere senza ulteriori ritardi i passi necessari per la creazione e la separazione di una rete unica, che possa creare valore per l’azienda e i suoi dipendenti, per gli azionisti e per il sistema Paese”. Sono le parole di un portavoce di Elliott. “La decisione di Agcom conferma che il progetto di Vivendi di mantenere l’intero capitale di NetCo in TIM non solo non crea valore per gli azionisti, ma è considerata insufficiente anche per un cambiamento del quadro regolatorio. I recenti risultati finanziari e la decisione di Agcom – prosegue il portavoce – evidenziano che le decisioni del precedente Cda sotto il controllo di Vivendi, motivate da presunte ragioni industriali, hanno avuto come risultato un anno di distruzione di valore (negli ultimi 12 mesi il titolo ha ceduto il 30% sottoperformando il Ftse Mib e anche il settore tlc) e di tempo perso a spese di Tim, dei suoi azionisti, e dell’intero Paese”.
Gli analisti dopo la pronuncia dell’Agcom
Il commento dell’Agcom, spiega Fidentiis, “conferma che la semplice separazione della rete in un’entità separata, come presentata dall’ex ceo Amos Genish, non è sufficiente, in quanto TIM manterrebbe il controllo e, in quanto tale, non vi sarebbe alcun beneficio per il mercato nel suo complesso”.
Gli analisti sottolineano che “la decisione finale dell’Agcom dopo la consultazione potrebbe cambiare in seguito a una possibile evoluzione del piano di separazione della rete. E TIM, che può modificare il piano in qualsiasi momento durante il processo, potrebbe considerare la possibilità di una diversa partecipazione di TIM in NetCo (cioè il veicolo, controllato al 100% da Tim, a cui verrebbe conferita l’infrastruttura) o un diverso perimetro per NetCo”.
L’Agcom, spiegano gli analisti di Equita Sim, “ritiene che la separazione legale non accompagnata da una modifica del controllo della non sia sufficiente per una riduzione dei principali obblighi regolatori. La decisione finale di Agcom dopo il periodo di consultazione potrebbe quindi cambiare se Tim presentasse un aggiornamento al piano di separazione della rete con una percentuale di possesso diversa dal 100%”.
Secondo Credit Suisse, il giudizio Agcom potrebbe aumentare le chances di una alleanza tra Tim e Open Fiber sulla rete fissa.