Notizie Notizie Mondo Fed conferma impostazione dovish e annuncia tabella di marcia Quantitative Tightening. Nessuna stretta nel 2019?

Fed conferma impostazione dovish e annuncia tabella di marcia Quantitative Tightening. Nessuna stretta nel 2019?

21 Febbraio 2019 11:54

La Federal Reserve di Jerome Powell ha confermato l’impostazione dovish di politica monetaria, emersa a più riprese nelle ultime settimane. L’ennesima prova del nove è arrivata con la pubblicazione delle minute del Fomc, il braccio di politica monetaria della Fed, relative all’ultimo meeting di gennaio.

Oltre a confermare l’intenzione di rimanere ‘paziente’ nel percorso rialzista dei tassi, Powell & Co hanno dato informazioni sulla tabella di marcia del Quantitative Tightening, ovvero sul piano volto a liberare il bilancio della banca centrale Usa da quel carico di bond del valore di ben $3,8 trilioni, che lo ha ingolfato attraverso i vari piani di QE lanciati in passato per smorzare gli effetti drammatici della crisi finanziaria iniziata nel 2008.

La Fed ha iniziato a ridurre quel portafoglio nell’ottobre del 2017. Dai verbali emerge ora che l’obiettivo è di porre fine al processo di riduzione degli asset entro la fine dell’anno.

“Quasi tutti i partecipanti ritengono che sarebbe desiderabile annunciare, prima che passi troppo tempo, un piano per la fine del processo di riduzione delle partecipazioni detenute dalla Fed, verso la fine di quest’anno. Un tale annuncio dovrebbe fornire una maggiore chiarezza in merito al processo volto a completare la normalizzazione delle dimensioni del bilancio della Fed”, si legge nelle minute pubblicate nella serata di ieri.

Riguardo a eventuali prossime decisioni sui tassi di interesse, che rimangono piantonati al target compreso tra il 2,25% e al 2,5%,  “i partecipanti hanno fatto riferimento a diverse considerazioni che sostengono che un approccio prudente della politica monetaria, in questo frangente, sia appropriato per gestire i diversi rischi e le incertezze nell’outlook”.

Un’incertezza è rappresentata sicuramente dal trend dell’inflazione degli Stati Uniti, che rimane poco convincente. Altri rischi che saranno più chiari nelle prossime settimane sono rappresentati dal costo che l’economia americana è stata costretta a sostenere a causa dello shutdown più lungo della storia e, ovviamente, dall’impatto della guerra commerciale tra gli Stati Uniti e la Cina.

In ogni caso, dai verbali emerge che i tassi compresi tra il 2,25% e il 2,5% “rappresentano pochi rischi, in questo frangente”.

Dunque la Fed di Powell conferma lo status quo, anche se tutti ricordano come i funzionari della banca centrale, in passato, avessero mostrato timori sul rischio che il mantenimento di tassi di interesse troppo bassi avrebbe scatenato l’inflazione, costringendo la Fed a varare misure di politica monetaria restrittiva in modo più aggressivo rispetto a quanto preventivato.

Ora, invece, c’è molta incertezza sulla stessa possibilità che il costo del denaro venga alzato anche una sola volta, nel corso di quest’anno.

Tra l’altro, alcuni economisti ritengono  che, più che proseguire nella strada delle strette monetarie, l’istituto sarà costretto a prendere in considerazione anche l’ipotesi di un taglio dei tassi.

In generale, prevale l’outlook di una pausa. Intervistato da TheStreet.com Steve Blitz, responsabile economista presso la società di consulenza TS Lombard, ha fatto notare, per esempio, che con un’inflazione che rimane attorno al 2% senza grande convinzione, la Fed non ha grandi motivi per alzare i tassi nel corso di quest’anno, soprattutto se si considera poi che, così facendo, potrebbe mettere a rischio fondamentali dell’economia che, per quanto solidi, sono in rallentamento. E di fatto, dal trend dei futures sui tassi emerge che al momento la probabilità di una stretta monetaria entro il prossimo ottobre è pari a zero.

Lo scorso ottobre, il mercato scommetteva invece su ben due strette monetarie di un quarto di punto percentuale ciascuna con una probabilità di quasi il 40%.

Il quadro è cambiato e la crescita degli Stati Uniti è attesa rallentare dal +2,9% del 2018 al 2,5% nel 2019, a causa anche della volatilità dei mercati e per lo smorzarsi degli effetti dei maxi stimoli fiscali che l’amministrazione di Donald Trump ha varato alla fine del 2017.

Deutsche Bank ha diramato di recente un’analisi in cui i suoi economisti considerano probabile per quest’anno una sola stretta monetaria di 25 punti base, seguita da un’altra soltanto anche nel 2020. Il nuovo scenario di Deutsche Bank prevede tassi al massimo pari al 2,875%, rispetto al 3,125% del report precedente.

Occhio però anche alla nota odierna di Mps Capital Services che fa notare, in riferimento alle minute pubblicate ieri dalla Fed, che, “sebbene ci sia una riluttanza ad aumentare ancora i tassi nel breve a causa dell’assenza di pressioni inflattive ed in attesa di valutare i futuri dati macro visti i numerosi rischi presenti, alcuni membri ancora sono a favore di ulteriori rialzi qualora le condizioni macro proseguissero come da scenario base nei prossimi mesi”. E che “non c’è stata alcuna menzione ad un possibile taglio”.