Brexit: focus su sterlina dopo tre giorni di saliscendi, retrocede da record in nove mesi su dollaro
La Camera dei Comuni inglese ha detto sì all’estensione dell’Articolo 50 con 412 voti rispetto ai 202 contrari. L’esito del voto dà mandato al governo di Theresa May di estendere l’Articolo 50 oltre la data di scadenza del 29 marzo.
La sterlina ha reagito alla notizia salendo fino a $1,3286. Al momento la valuta è stabile, oscilla attorno a $1,3252, scendendo ulteriormente dal record in nove mesi testato mercoledì, quando è balzata fino a $1,3380. Su base settimanale, il trend è positivo: la sterlina ha guadagnato infatti +1,8%, riportando il rialzo più forte dalla fine di gennaio. Nei confronti dell’euro, la moneta ha ritracciato a 85,45 dal record in 22 mesi testato mercoledì a 84,725.
La Commissione europea ha reagito intanto al voto di ieri di Westminster diramando un comunicato, in cui si legge che “una richiesta per l’estensione dell’Articolo 50 comporta un accordo unanime tra tutti gli altri 27 stati membri (dell’Ue)”. La Commissione si è detta aperta a “considerare una tale richiesta, dando la priorità al bisogno del funzionamento delle istituzioni Ue e prendendo in considerazione le ragioni e la durata di una possibile estensione”.
Ieri il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk aveva mostrato un’apertura all’opzione di una Brextension lunga, comunicando l’intenzione di chiedere ai paesi leader dell’Unione europea di essere “aperti alla prospettiva di un lungo rinvio della data” effettiva di uscita degli UK dall’Ue (fissata al 29 marzo). Motivo: il Regno Unito potrebbe aver bisogno di più tempo per ripensare alla propria strategia e di ottenere il sì del Parlamento.
Praticamente, Tusk sarebbe a favore di una lunga Brextension, contrariamente a May che preferisce una breve Brextension.
La premier ha reso nota infatti l’intenzione di chiedere una breve estensione tecnica dell’Articolo 50 fino al prossimo 30 giugno, se la Camera dei Comuni darà il suo benestare alla sua proposta già bocciata due volte, il prossimo 20 marzo.
Di fatto, May tornerà a Westminster la prossima settimana ripresentando la stessa proposta che è stata bocciata sonoramente già due volte: lo scorso 15 gennaio e martedì scorso, 12 marzo. Non sarà facile e c’è chi teme l’arrivo di una terza umiliazione. Ma May vuole agitare lo spettro di un lungo rinvio proprio per convincere quei parlamentari dei Tory che hanno bocciato la sua proposta martedì scorso, in tutto 75.
La premier ha già avvertito che, se il Parlamento UK boccerà la proposta per la terza volta, il Regno Unito potrebbe aver bisogno di più tempo per gestire la Brexit: la Brextension sarebbe insomma più lunga, e si verificherebbe anche il paradosso della partecipazione alle elezioni europee da parte dei cittadini britannici. (le elezioni sono previste per la fine di maggio). Oltre al fatto che, un posticipo della Brexit troppo lungo alimenterebbe di per sé i timori di quei britannici che temono il Brextinct, ovvero addirittura l’estinzione della Brexit.
Ieri Westminster non si è espressa tuttavia ‘solo’ sull’ipotesi dell’estensione dell’Articolo 50, approvandola. Contestualmente, la Camera dei Comuni ha bocciato l’opzione di un secondo referendum. E, in questo caso, la bocciatura è stata netta. La mozione è stata respinta con 334 voti contro 85 favorevoli alla prospettiva di un secondo voto, dopo che il Partito laburista di Jeremy Corbyn ha detto ai suoi parlamentari di astenersi.
Così Roberto Rossignoli, Portfolio Manager di Moneyfarm, commenta gli sviluppi sulla Brexit, facendo il punto della situazione dei mercati:
“A meno di un mese dalla data stabilita per il divorzio, ancora non c’è chiarezza sulla Brexit. Dopo che l’ipotesi di possibili concessioni da parte dell’Ue sull’Irlanda non si è verificata, non è emersa una chiara convergenza verso nessun’altra opzione. Theresa May sta provando, per adesso senza successo, da un lato a portare i più strenui sostenitori della Brexit dalla sua parte paventando il rischio di una marcia indietro sull’accordo, dall’altra di far convergere i moderati verso la sua opzione per scongiurare il rischio di una Brexit dura. La strategia non ha funzionato e gli stessi ministri del governo May hanno votato contro le indicazioni stesse della Premier. Cosa succederà adesso? Le possibilità sono talmente tante che è difficile prevedere cosa succederà. I mercati non sembrano ancora considerare seriamente l’ipotesi di un’uscita del Regno Unito senza accordo, ma il rischio di questa possibilità resta sottovalutato. Più incerta la reazione rispetto a un rinvio: il rinvio non è una soluzione neutra ma bisognerà valutare con quali prospettive esso prenderà forma”.