Moody’s congela nuovo giudizio su rating. Valutazione rimane a un soffio da junk, ma mercato ha già bocciato i BTP
La buona notizia è che l’Italia è riuscita a sventare il downgrade dell’agenzia di rating per ora più severa nei suoi confronti.
La brutta notizia è che, di fatto, nulla è successo, nel senso che Moody’s, venerdì scorso 15 marzo, non si è espressa, decidendo di rinviare il suo giudizio sul debito italiano, che è pari a “Baa3”, appena un gradino al di sopra del livello “junk”, spazzatura, a seguito del downgrade dello scorso ottobre (con outlook comunque stabile). E’ stato in quel mese che Moody’s ha rivisto infatti il rating sull’Italia da Baa2 a Baa3.
In quell’occasione, poche settimane prima che le trattative sulla legge di bilancio tra il governo M5S e l’Unione europea entrassero nel vivo, scatenando inizialmente i timori dei mercati, Moody’s aveva espresso la preoccupazione che il deficit italiano si confermasse “significativamente più elevato” rispetto alle attese.
L’agenzia di rating aveva bocciato le spese previste dall’esecutivo giallo-verde, in particolare il reddito di cittadinanza, il rilancio dei centri dell’impiego e la rottamazione della legge Fornero sulle pensioni, con quest’ultima, aveva scritto, che “pone a rischio, nel lungo periodo, la sostenibilità del sistema previdenziale”.
Ancora, Moody’s aveva fatto un po’ di conti, prevedendo un impatto sul Pil delle spese di cui sopra pari allo 0,8%. Il mancato aumento dell’Iva, aveva aggiunto, avrebbe fagocitato un altro 0,7% del prodotto interno lordo italiano mentre l’incidenza dei maggiori investimenti pubblici, aveva stimato, sarebbe stata pari allo 0,2%-0,3% del Pil.
Moody’s si era fatta poi ‘risentire’, in attesa del giudizio atteso per il 15 marzo – che, per l’appunto, alla fine è rimasto congelato – con una conferenza che si era svolta a Milano, la Credit Trends Conference. In quell’occasione, Kathrin Muehlbronner, lead analyst per l’Italia di Moody’s, aveva comunicato che l’agenzia prevedeva per il 2019 una crescita del Pil compresa tra lo 0 e lo 0,5%, rispetto al +1,3% precedentemente atteso.
“Avevamo una stima dell’1,3% sulla crescita del Pil italiano. Quest’anno sarà sicuramente sotto l’1%, probabilmente un valore tra 0 e 0,5%”.
Sulla decisione di Moody’s di congelare per ora il suo rating occhio a un articolo de Il Sole 24 Ore pubblicato sabato scorso, intitolato “Sull’Italia un downgrade virtuale che costa tre miliardi all’anno”.
Dall’articolo emerge una verità incontrovertibile: “in fondo il mercato ha già ‘declassato’ l’Italia, e lo ha fatto ormai da tempo”. Ovvero? Il riferimento è allo scarto che persiste tra i rendimenti della carta italiana e quelli di altri paesi cosiddetti periferici. L’articolo di Maximilian Cellino mette in evidenza che, fino allo scorso venerdì, “il BTP a 10 anni rendeva oltre il doppio del corrispondente spagnolo (1,20%) e anche più del titolo del Portogallo (1,32%), che pure ha mediamente un giudizio inferiore rispetto a quello del nostro Paese”.
“In pratica – si legge – è come se il mercato avesse virtualmente già declassato l’Italia al livello di junk bond o spazzatura (cioè al di sotto di BBB- o Baa3 per Moody’s). Eil dramma è che “proiettando uno scarto simile (che si protrae ormae da alcuni mesi) sull’intero 2019 e considerando che le emissioni lorde a medio lungo termine attese da parte del Tesoro si aggirano sui 250 miliardi di euro, l’aggravio per le casse del Tesoro potrebbe superare quest’anno i 3 miliardi”.
Intanto lo spread imbocca un trend ribassista a inizio settimana, scendendo di oltre un punto percentuale sotto quota 240 punti base.