Azionario Asia: borsa Tokyo -0,21%, Shanghai -1%. Occhio a Usa-Cina, petrolio, Brexit
L’indice Nikkei 225 della borsa di Tokyo ha chiuso la sessione in ribasso dello 0,21%, a 21.761,65 punti; Hong Kong piatta, appena al di sopra della parità, mentre Shanghai cede quasi l’1%. Bene Sidney +0,54%, mentre Seoul fa -0,11%.
Il report occupazionale Usa reso noto lo scorso venerdì non riesce a fare da assist all’azionario giapponese e dell’area Asia-Pacifico. Nel mese di marzo, gli Stati Uniti hanno creato +196.000 posti di lavoro, a fronte di un tasso di disoccupazione che è rimasto stabile al 3,8%, minimo in 50 anni. Il dato è stato migliore delle attese, con il consensus che aveva previsto un aumento di 175.000 posti di lavoro. Tuttavia, i salari sono saliti del 3,2%, al di sotto del +3,4% stimato dal consensus.
Il mercato del lavoro made in Usa è tornato in ogni caso alla normalità, dopo lo shock di febbraio, quando la creazione di nuovi posti di lavoro era stata di appena 33.000 unità (tra l’altro, dato rivisto al rialzo dai +20.000 inizialmente reso noto).
Sul fronte delle trattative commerciali tra gli Stati Uniti di Donald Trump e la Cina di Xi Jinping, l’emittente cinese ufficiale CCTV ha parlato di “nuovi progressi” nei negoziati che si sono tenuti lo scorso venerdì, a Washington.
Fonti hanno indicato la presenza di una bozza di accordo su alcune questioni come il trasferimento delle tecnologie, la tutela della proprietà intellettuale, il commercio bilaterale.
Petrolio in rialzo, sostenuto da diversi fattori, come il continuo effetto dei tagli all’offerta decisi congiuntamente dai paesi Opec e non Opec, le sanzioni Usa imposte all’Iran e al Venezuela e ora l’instabilità crescente in Libia. Le tensioni geopolitiche portano i prezzi del contratto WTI a viaggiare al massimo dal novembre del 2018, dunque in cinque mesi. Il contratto si è attestato a $63,48 al barile; al record dallo scorso novembre anche il Brent, a $70,76 al barile.
Sullo sfondo, le eterne trattative tra Bruxelles e Londra per risolvere il nodo Brexit. Secondo quanto riportato dall’FT, il presidente francese Emmanuel Macron starebbe facendo pressioni agli altri leader europei affinché rispondano all’ennesima richiesta di estensione dell’Articolo 50 della premier britannica Theresa May – che ha scritto una lettera al presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, chiedendo un ulteriore rinvio al 30 giugno – ponendo dure condizioni politiche al Regno Unito.
“Non possiamo vivere un processo sulla Brexit infinito. Sia il governo che il Parlamento UK devono comprendere che l’Unione europea non può sprecare per sempre il suo tempo, sopportando i capricci della politica interna del Regno Unito”.